Accordi siglati con la Germania e il Regno Unito. Svizzera paga tre volte volte. Renzo Parisotto, IlSole24Ore

Accordi siglati con la Germania e il Regno Unito. Svizzera paga tre volte volte. Renzo Parisotto, IlSole24Ore

IlSole24Ore
Fisco internazionale. Il funzionamento degli accordi siglati con la Germania e il Regno UnitoLa Svizzera paga tre volte volte

Renzo  Parisotto

 Un anticipo prima del prelievo sui patrimoni e gli interessi

Le due intese Come funzionerà l’imposta anonima in base agli accordi siglati con Germania e Regno Unito

Le aliquote per i redditi finanziari

GERMANIA: Fissa per tutti i redditi finanziari al 26.3%, allineata a quella tedesca

INGHILTERRA: 27% sui redditi di capitale • 40% per i dividendi • 48% per gli interessi

Le aliquote sui patrimoni

GERMANIA: • Fra il 19% e il 34% sui patrimoni, in base alla durata e all’entità del deposito. Secondo le stime delle banche elvetiche, l’aliquota media per il pregresso oscillerà fra il 20% e il 25%

INGHILTERRA:  • Fra il 19% e il 34% sui patrimoni, in base alla durata e all’entità del deposito. Secondo le stime delle banche elvetiche, l’aliquota media per il pregresso oscillerà fra il 20% e il 25% •

Le somme riconducibili a contribuenti residenti in Italia, depositate presso banche estere – segnatamente svizzere – per cui non si è usufruito della sanatoria fiscale (scudo), possono essere oggetto di accertamento, a cui si collegano non solo maggiori termini temporali di verifica, ma anche sanzioni quantificabili nell’intera somma depositata. L’Erario, poi, è ovviamente penalizzato dal minore incasso di ritenute-imposte sui redditi prodotti da questi capitali, salvo comprendervi anche gli effetti su imposte successorie, patrimoniali, e così via. In questo quadro, che vede contrapposti contribuenti ed Erario, laddove quest’ultimo deve indubbiamente investire sempre più per individuare gli evasori e possibilmente in tempi brevi, al fine della riscossione, merita attenzione la stipula di accordi tra il Governo elvetico e le Amministrazioni di Germania e Gran Bretagna. Questi accordi (si veda «Il Sole 24 Ore» di ieri e dell’u agosto) stabiliscono chele banche elvetiche a fronte della garanzia di anonimato sulla propria clientela residente in quei Paesi applichino una ritenuta ad aliquota maggiorata sui redditi a questa attribuibili. Naturalmente, questi redditi sono quantificati secondo le norme in vigore nella Confederazione elvetica. Se anche l’Italia si muovesse verso un accordo di questo tipo, non sarebbe da escludere una quantificazione dei redditi secondo gli articoli 44 e 67 del Tuir. Indubbiamente, però, servirebbe una radicale semplificazione di queste norme, e ciò anche a beneficio degli intermediari residenti. Sempre sulla falsariga degli accordi con Germania e Gran Bretagna, le banche elvetiche potrebbero applicare una ritenuta specifica sulle attuali giacenze non dichiarate al Fisco italiano: ciò costituirebbe una sorta di scudo temporalmente allargato ma permetterebbe di mantenere l’anonimato al Fisco stesso. Ipotizzare, come viene diversamente proposto, una maggiorazione “postuma” dell’aliquota già applicata sullo scudo fiscale, oltre che sollevare dubbi di carattere giuridico e di legittimo affi damento da parte del-contribuente, porrebbe anche problemi pressoché insormontabili agli interessati e agli intermediari, ove fossero coinvolti: le somme oggetto di sanatoria non necessariamente sono ancora presenti presso gli intermediari e talvolta neppure intestate al soggetto originario. Neppure può escludersi un avvenuto impiego produttivo.

In sostanza l’Erario italiano, ove intendesse percorrere una identica soluzione, sarebbe messo in condizione di incassare in tempi brevi dalle banche elvetiche:

• una ritenuta-imposta a sanatoria, senza limite temporale, dei capitali là depositati;

• una ritenuta-imposta sui redditi di tempo in tempo prodotti e che saranno prodotti da questi capitali.

Per contro, potrebbe vedersi ridurre il ristorno dell’euroritenuta. Il contribuente usufruirebbe di una sanatoria onerosa dei capitali detenuti o detenibili all’estero e dei relativi redditi, oltre che dell’anonimato di questi valori nei confronti del Fisco italiano. Quest’ultimo, tuttavia, dovrebbe mantenere un diritto di verifica “mirata” sui rapporti riconducibili a ben individuati nominativi, escludendo così ricerche documentali generalizzate, diversamente da quanto avviene in Italia, dove è disponibile l’Anagrafe dei rapporti.

A livello di garanzia sul corretto adempimento degli obblighi da parte delle banche elvetiche si ricorda, per sola comparazione, che in base agli accordi con il Fisco Usa, gli intermediari residenti in uno Stato Estero (ad esempio l’Italia) sottoscrittori di accordi «QI» (qualified intermediary) sono tenuti ad applicare i sistemi di identificazione della clientela previsti dal fisco Usa e in parte diversi da quelli nazionali. Ancor più, devono presentare annualmente a quella autorità dichiarazioni simili al nostro Modello 77o, a loro volta soggette a verifica in loco da parte del Fisco Usa. Infine, è bene ricordare che il sistema bancario elvetico si è fatto carico di “anticipare” a favore di Germania e Gran Bretagna una quota stimata delle ritenute-imposte dovute dai correntisti.

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