Angelica Bezziccari – L’Informazione di San Marino: Il volo di un moscone

Angelica Bezziccari – L’Informazione di San Marino: Il volo di un moscone

L’Informazione di San Marino

Il volo di un moscone

Angelica Bezziccari

Bisognerebbe mettersi una mano sul cuore quando si parla di libertà di stampa.

E chiedersi se questo diritto lo si sta esercitando nel proprio lavoro di tutti i giorni, se si è giornalisti, oppure chiedersi se di questo diritto si beneficia, se si è fruitori di un media.

È questo per me il vero significato della Giornata Internazionale della Libertà di Stampa, così come tante altre giornate mondiali dedicate a qualcosa, ormai divenute più esercizio retorico e di moda, che finisce il giorno dopo.

È doveroso ma anche molto facile,
dal capo di Stato al piccolo
redattore, esprimere parole di cordoglio
per i giornalisti nel mondo
morti, uccisi, torturati, che facevano
semplicemente il loro mestiere.
Più difficile diventa guardare
a casa propria, e valutare la
situazione del proprio paese o dei
confini limitrofi, in questo caso
San Marino e Italia. Per rischiare
la vita, o anche solo il lavoro o la
salute, non è sempre necessario
andare a fare il reporter di guerra
nelle zone “calde” mondo (o
più spesso giocare a farlo, tutelati
da tutte le coperture possibili e
da adeguati finanziamenti, senza
portare a casa nessuna vera notizia).

A San Marino per iniziare a essere sgraditi, trovarsi gomme bucate e ricevere minacce e querele intimidatorie,è sufficiente iniziare a parlare di mafia, di corruzione, di collusione tra criminalità e politica, di clientelismo; a volte è bastato anche telefonare a un ufficio pubblico e porre delle semplici domande riguardanti il bilancio o chiedere nomi e cognomi per sentirsi dire “lei non si permetta di scrivere questo”.

Oggi sono le querele o meglio ancora, la minaccia di querela e di risarcimento danni il nuovo fronte delle intimidazioni ai giornalisti. Invece delle pallottole, che creano allarme sociale e solidarietà verso il giornalista, arriva la querela, a volte preceduta da una conferenza stampa senza che poi questa si concretizzi in atti giudiziari.

Sono definite come intimidazioni
a salve o intimidazioni bianche,
che creano i presupposti per minare
la credibilità e la tranquillità
del giornalista che potrebbe non
sentirsi più libero di raccontare
in maniera oggettiva i fatti. Altro
caso è quello della minaccia
di querela per interposta persona.
“O la smetti o ti querela”, è l’avvertimento
più usato, di solito
fatto con un eloquio impeccabile
tramite lettera o e-mail di avvocato. L’aspetto più inquietante è che
questi comportamenti, che usano
un linguaggio tipicamente mafioso,
non sono penalmente rilevanti.
Insomma, non vi è necessità di
andare in Afghanistan o in Iraq
per sentirsi dei bravi giornalisti
che svolgono il proprio mestiere.
Il primo dovere di un’informazione
locale, di giornali e media
di realtà sociali medio-piccole
come San Marino, dovrebbe essere
quello di informare sui fatti
locali. Inchieste se ne possono
fare ovunque, anche se non si
parlerà di guerre o attentati, non
per questo saranno meno importanti,
o meno dignitose. Rimane
certo doveroso un occhio puntato
verso il mondo, indispensabile
anche per una corretta analisi
delle vicende interne. Invece nel
mondo del giornalismo, oltre alla
difficoltà di mantenere la schiena
dritta e quindi di rispondere solo
alla propria deontologia professionale
quando si scrive, e non a
politici o finanziatori, subentra
spesso anche una certa smania di
presenzialismo e protagonismo,
dove non importa di cosa si parla
o come lo si fa: importante è
solo che ci sia il nome del giornalista
sotto l’articolo o accanto
al nome del personaggio famoso,
che si veda la faccia pulita in primo
piano, che si ammiri il nuovo
completo firmato o che si odano
le citazioni colte. Questo autoincensamento
non può che danneggiare,
al pari di un’autocensura,
sia la credibilità del giornalista
stesso, che il diritto a una sana
informazione, e l’unica libertà
che si aumenta è quella di sprecare
tempo e risorse che altrimenti
si potrebbero impiegare in una
più proficua maniera. Oggi per
fortuna è più semplice accorgersi
di tali storture, perché non solo
possiamo guardare il mondo, ma
anche avere il mondo che guarda
noi e con esso tanti metri di paragone
per migliorare la professionalità
del mestiere. Come ogni
anno dunque la libertà di stampa
di ogni paese viene misurata – per
quanto possa essere misurabile –
da una classifica stilata secondo
vari parametri dall’associazione
Reporter Senza Frontiere. Questa
volta troviamo l’Italia al 73° posto
su 180 paesi. Una situazione
di molto peggiorata rispetto al
2014, dove figurava al 49° posto.
E San Marino? San Marino non
c’è. Come al solito.
Asusual, nonostante le frotte
di ambasciatori e consoli più o
meno legittimi, riusciamo ancora
a perderci manifestazioni importanti
di partecipazione democratica
internazionale. Non si sa
bene perché, visto che comunque
altri piccoli stati come Malta o
Liechtenstein sono presenti nella
classifica. Certo è che se lo Stato
sammarinese usasse la stessa solerzia
e impegno e investimento
economico impiegato per partecipare
all’Expo anche per aderire a
contesti internazionali un po’ più
scomodi e meno divertenti, farebbe
alla lunga una miglior figura
e godrebbe di altri vantaggi. Ad
esempio il processo di adesione al
Greco (Gruppo di Stati contro la
Corruzione) da parte di San Marino
si è guarda caso avviato solo
a seguito di un articolo, comparso
proprio sulle pagine di questo
quotidiano il 13 febbraio 2007,
dal titolo “San Marino non è contro
la corruzione”, poiché praticamente
nessuno in Repubblica
sapeva né che esistesse né cosa
fosse il Greco. Proprio a questo
dovrebbe servire la vera informazione,
a far conoscere fatti nuovi
e a spronare gli individui ad agire
di conseguenza. Insomma, pur
essendo i metodi classificatori a
volte opinabili e oggetto di critiche,
sarebbe stato bello far vedere
al mondo che un piccolo paese
come il nostro potrebbe essere
patria e garanzia di libertà, quella
vera, non solo quella retorica
che viene usata per pavoneggiarsi
nei consessi internazionali o sui
depliant turistici. Certo, sempre
che tale libertà vi sia davvero. Il
modo migliore per celebrare la libertà
di stampa è soprattutto vedere
che tramite le parole scritte
o ascoltate, le persone iniziano a
pensare, a riflettere, e poi iniziano
ad agire, ad operare, fino ad
arrivare a cambiare fattivamente
la realtà, più o meno come suggeriva
Giorgio Gaber:
“La libertà
non è star sopra un albero
non è neanche il volo
di un moscone
la libertà non è uno spazio libero
libertà è partecipazione”.

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