Anis difende il contratto industria

Anis difende il contratto industria

SAN MARINO – Il contratto industria sottoscritto dall’Associazione Nazionale dell’Industria Sammarinese e dalla Centrale Sindacale Unitaria lo scorso 27 luglio è già stato validato dagli organismi dell’ANIS, mentre in ambito sindacale l’assemblea dei delegati della Federazione Industria della CSU la scorsa settimana ha già approvato con un’ampia maggioranza (oltre il 60%) il rinnovo contrattuale ed ora il passaggio statutario ultimo per l’entrata effettiva in vigore del testo sarà lo specifico referendum tra i lavoratori, previsto a breve.
Poiché il contratto industria in questi giorni è fieramente contestato da chi non si è neppure seduto al tavolo della trattativa (senza fare nomi USL e OLSA), a scanso di equivoci e strumentalizzazioni è opportuno fare un po’ di chiarezza almeno sui punti chiave del contratto, in modo da separare i fatti dalle opinioni.
 
Aumenti retributivi
Con la busta paga di settembre, o quelle immediatamente successive, gli oltre 6 mila lavoratori del settore industria rappresentati dalle 350 aziende associate ANIS si troveranno corrisposti gli aumenti previsti per l’anno 2012. Una prassi consolidata, da parte degli industriali, che elargiscono gli aumenti ancora prima dell’effettiva entrata in vigore dell’accordo.
Detto questo, l’aumento per l’anno in corso è del 3% (già consolidato, ovvero non ci saranno ritocchi). Dal 1 gennaio 2013 è previsto un ulteriore aumento del 2% dal 1 gennaio 2014 l’aumento sarà dell’1,5%. Per il 2013 e 2014 si tratta di anticipi, poiché l’obiettivo “è il raggiungimento della copertura delle retribuzioni rispetto all’inflazione calcolata”, come è scritto sul contratto. E per gli anni precedenti? A fronte di aumenti che gli industriali ritengono un enorme sacrificio in questa fase di drammatica recessione, si è deciso di non andare a toccare gli aumenti che sono già stati erogati annualmente per il periodo 2009-2011 (rispettivamente dello 0,765%, 1% e 0,90%). Uno 0,50% in più – frutto di un’estenuante trattativa – è stato fatto ricadere all’interno del premio di produttività, che altro non è che un premio sulla presenza in azienda: di fatto lo pagheranno tutti tranne le imprese in difficoltà (quelle che ricorrono alla CIG).
 
Nuovi orari e nuova flessibilità. L’opzione 39 ore
Il punto maggiormente discusso all’interno dei Direttivo FLI-CSU ha riguardato, naturalmente, le novità riguardanti gli orari e la flessibilità. Anche in questo caso l’accordo raggiunto è stato frutto di uno snervante lavoro di cesello.
Di fatto l’orario di lavoro resta quello attuale, ovvero 37,5 ore settimanali, “spalmate” dal lunedì al venerdì. Alle imprese che ne avvertiranno la necessità viene però concessa la possibilità di “accendere” una opzione alternativa, ovvero le 39 ore. I casi si conteranno sicuramente sulle dita di una mano, hanno ribadito in più di un’occasione sia dall’associazione di via Giacomini, sia dalla Centrale Sindacale Unitaria, ma è una scelta che si è fatta in prospettiva. Va evidenziato che all’aumento di orario corrisponde un aumento salariale che equivale esattamente alle maggiori ore lavorate. Nella fattispecie, si parla di un aumento del 4%, che si somma all’attuale 3% previsto per il 2012 e al 2% del 2013. Una iniezione di denaro non trascurabile nelle buste paga.
Per tutti gli altri lavoratori, che saranno la stragrande maggioranza, non cambierà assolutamente nulla.
Capitolo flessibilità, anche in questo caso si è fatta una scelta di prospettiva. Alle aziende sammarinesi non si poteva più non offrire strumenti per competere con la concorrenza esterna. La nuova flessibilità (140 ore annue senza maggiorazione, con il limite di un’ora di flessibilità al giorno contro le 20 ore annue con maggiorazione del 18% e il limite di 45’ al giorno) è stata decisa anche per riuscire a ridurre il ricorso alla Cassa Integrazione Guadagni, con ovvie ricadute positive sul bilancio della Cassa. Il concetto è semplice: lavorando più ore nel periodo di maggior richiesta del mercato se ne possono lavorare di meno quando la domanda è minore: il meccanismo si compensa e così in molti casi è possibile non ricorrere alla CIG nei periodi di rallentamento del mercato, con evidente vantaggio per i lavoratori. Le ore di flessibilità saranno retribuite come ordinarie. Quelle che non verranno recuperate (fino a un limite di 100 ore sulle 140 a disposizione) saranno trattate come straordinario obbligatorio, ovvero con una maggiorazione del 30%.
L’aspetto più innovativo della nuova flessibilità è però fondamentalmente “tecnico” e riguarda l’automatismo del meccanismo, ovverosia la sua sburocratizzazione. Non ci sarà infatti più bisogno di particolari accordi aziendali e/o interconfederali, ovviamente nel rispetto dei criteri stabiliti.
 

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