Antonio Fabbri – Carlo Filippini – L’informazione di San Marino: La prima vittima del conto Mazzini: il giornale San Marino Oggi

Antonio Fabbri – Carlo Filippini – L’informazione di San Marino: La prima vittima del conto Mazzini: il giornale San Marino Oggi

Antonio Fabbri – Carlo Filippini – L’informazione di San Marino:
La prima vittima del conto Mazzini

SAN MARINO. La
morte di “San Marino Oggi”
è iniziata 10 anni fa, esattamente quando viene
datato l’inizio dell’avventura di quella testata da chi oggi saluta. In realtà,
quella volta, “San Marino Oggi” era già “storico”. E a farne, altri 10 anni
prima, la storia, poi usurpata da terzi con subdoli disegni, era stato chi lo ha
fondato nel 1997 e chi ci ha lavorato e lo ha fatto crescere fino al 2005, quel
giornale. Poi di quella storia si sono impadroniti altri e per altri scopi.

Quegli scopi che oggi entrano
anche negli atti giudiziari della
tangentopoli sammarinese. E’
lì che si indica come, tra gli
obiettivi dell’associazione a delinquere
che viene contestata, ci
fosse il condizionamento della
“società civile” e l’acquisizione
del consenso che passava anche
attraverso l’influenza che gli
accusati esercitavano sui mezzi
di informazione. Non è un caso
ritrovare tra i soci di alcune
società editrici – citano sempre
gli atti giudiziari – esponenti di
banche (Lucio Amati, Giuseppe
Roberti) e di società finanziarie
(Marziano Guidi, Renato
Cornacchia) vicine all’associazione.
I magistrati non lo
dicono esplicitamente, ma
quella testata era “San Marino
Oggi”, prima vittima, dunque,
del conto Mazzini. Questo non
ha nulla a che fare con chi,
con rammarico, porta adesso il
pesante fardello dell’addio, con
chi ci lavorava ed ha mandato
avanti con difficoltà il giornale.
Però ha a che vedere con la
fine che quel giornale ha fatto,
perché il suo percorso ha subito
un corto circuito di onestà.
Quello che è accaduto, e che
oggi siamo chi più chi meno a
piangere, non è un semplice e
casuale incidente dovuto solo
alla crisi economica. E’ un epilogo
figlio, invece, dell’utilizzo
dell’informazione non come
veicolo di verità o di espressione
di un pensiero anche di
parte, ma come distorto concetto
di leva del potere, arma
di ricatto e di orientamento
delle masse, anche piccole
come quella sammarinese. Chi
concepisce il ruolo di un giornale
in questo modo ci aveva
messo le mani sopra a quella
testata. Quando non è servita
più allo scopo, perché lo scopo
è naufragato, l’ha abbandonata
lasciandola a se stessa.
Lasciandola morire.
Allora oggi diciamo pure tutti,
perché è così, che è sempre
triste quando viene meno una
voce. Diciamo pure tutti quelle
frasi di circostanza per le quali
è tanto bravo il dottor Romeo,
giustificato questa volta dal
fatto che, probabilmente,
qualcosa deve dire pur senza
conoscere. Non possiamo
però nascondere, perché non
faremmo il nostro dovere, che
quando diventa proprietario
di un giornale chi ha finalità
diverse da quelle di fare, con i
propri limiti e le proprie idee,
un servizio alla verità – che
invece viene frustrata e piegata
alla sottomissione di interessi
economici, finanziari e politici
inconfessabili – prima o poi ci
si vedrà costretti a decretare
la fine o del giornale o della
credibilità. Nell’uno e nell’altro
caso non è mai una bella cosa.
Se lo segni da qualche parte
anche “La Tribuna”.

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