Antonio Fabbri – L’informazione di San Marino: l’interrogatorio di Mirella Frisoni

Antonio Fabbri – L’informazione di San Marino: l’interrogatorio di Mirella Frisoni

L’informazione di San Marino

Nella tangentopoli sammarinese l’interrogatorio di Mirella Frisoni che spiega come funzionava il sistema del nero

“Emissione di fatture false era praticata dagli studi commerciali”

Le fatture di servizi non sottostavano al controllo del tributario e né banche né professionisti chiedevano spiegazioni”

Antonio Fabbri

Tra gli interrogatori contenuti nelle 70mila pagine del processo sulla tangentopoli sammarinese-conto Mazzini c’è quello di Mirella Frisoni, tra i rinviati a giudizio, ma le cui dichiarazioni hanno, come noto, portato alla chiamata in causa anche dell’allora segretario alle finanze Claudio Felici e dell’allora capogruppo del Psd, Stefano Macina. Prima di arrivare alla parte dell’interrogatorio che riguarda lo scambio di libretti con i due politici, però, la Frisoni fa un quadro molto interessante di come funzionavano, e si spera non funzionino più, i meccanismi tra prestanome, professionisti, società di comodo e false fatturazioni

La questione delle unità
abitative

In apertura di interrogatorio la
Frisoni che, nel provvedimento
di arresto era stata indicata
come intestataria di 274 immobili
all’interno dell’Admiral
Point di Dogana, precisa che,
in realtà, è intestataria solo di
una unità immobiliare. L’errore
era derivato dal fatto, venne
spiegato all’epoca, che tutte le
unità abitative risultavano praticamente
intestate a tutti causa
problemi nell’accatastamento
dello stabile. “Tengo a precisare
innanzitutto – dice quindi la
Frisoni Alberto Buriani e Antonella
Volpinari che la interrogano
in carcere il 9 ottobre 2014
– che diversamente di quanto si
legge nell’ordinanza cautelare
non sono intestataria di 274
immobili, bensì della sola unità
immobiliare contraddistinta dal
subalterno 182. Sono titolare dell’impresa individuale New
Business di Frisoni Mirella che
fino al 2012 svolgeva attività
di rappresentanza commerciale
senza deposito, oltre a fare
ricerche di mercato”.

Che cosa faceva la società
della Frisoni

E’ la stessa Mirella Frisoni a
spiegare che cosa facesse la sua
attività: “I clienti erano per lo
più società o lavoratori autonomi
che intendevano sottrarre a
imposizione fiscale i loro redditi
per questo creavano del nero
chiedendo a me di fatturargli servizi. Io emettevo fatture per
prestazioni non eseguite e ricavavo
una percentuale massima
del 10% che spesso dovevo
dividere con la persona o con
lo studio commerciale che mi
aveva procurato il “cliente”.
Viene chiarito dalla Frisoni
che venivano fatte fatture per
operazioni inesistenti per giustificare
il passaggio del nero.
Chiarisce anche, però, un ruolo
dei professionisti dicendo ce
parte del compenso andava allo
studio commerciale che le aveva
procurato il cliente-evasore.

Come funzionava
l’occultamento del nero

Nel proseguo dell’interrogatorio,
la Frisoni specifica ulteriormente
i passaggi.
“Si trattava, come ho detto, di
società o di agenti di commercio.
Una volta incassato
l’importo indicato nella fattura
da me emessa lo accreditavo
su miei rapporti bancari e poi,
detratta la parte di mia spettanza,
prelevavo in contanti la
parte residua che restituivo alla
persona che mi aveva richiesto
l’emissione della fattura. Non
si trattava necessariamente
della stessa persona alla quale
emettevo la fattura o del legale
rappresentante della società”.

Aggirato il Tributario
e banche o professionisti
non chiedevano spiegazioni

Spiega ancora che “le fatture,
riguardando servizi, non erano
assoggettate al visto dell’Ufficio
Tributario. Le banche non avevano
mai mosso rilievi o chiesto
spiegazioni sulle movimentazioni
in entrata o in uscita dei
miei conti. Le uniche restrizioni sono intervenute recentemente
perché, a causa della crisi, le
banche non disponevano più di
denaro liquido”.

Poi, incalzata dalle domande dei giudici, dice anche su quali istituti bancari prevalentemente avvenivano le operazioni. “Le operazioni venivano condotte attraverso i conti a me intestati presso Ibs e Banca Commerciale Sammarinese. La maggior parte delle operazioni sono state condotte nel periodo che va dal ‘91, ‘92 al 2010. 

L’inserimento di San Marino
nella black list ha fatto sì che,
per molti italiani non fosse conveniente
operare con soggetti
sammarinesi””.

Neppure i commercialisti sollevavano rilievi Nel proseguo dell’interrogatorio la Frisoni dice di più: “Neppure i commercialisti che seguivano la mia attività hanno mai avanzato i rilievi”. Il perché, evidentemente, lo si comprende anche dopo, perché in una ulteriore domanda formulata dall’avvocato che allora seguiva la Frisoni, Stefano Pagliai, la donna riferisce che così facevan tutti.

“L’emissione e l’utilizzo di fatture
per servizi inesistenti era
largamente praticata anche dagli
studi commerciali. Si diceva
che gran parte delle società di
servizi emetteva false fatture. Io
mi sono sempre sincerata che
le società clienti non fossero
decotte e che si riproponessero
solo un risparmio di imposta”.
Già, il famoso risparmio d’imposta.

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