Antonio Fabbri – L’informazione di San Marino: Tangentopoli e la subdola attivita’ dei prestanome

Antonio Fabbri – L’informazione di San Marino: Tangentopoli e la subdola attivita’ dei prestanome

L’informazione di San Marino

Tangentopoli e la
subdola attivita’ dei prestanome

Potevano operare senza rispetto
delle norme, senza trasparenza e speculare ai danni dei cittadini. Una sorta di
“parassitismo” nel “parassitismo” del contesto tangentizio

Antonio Fabbri

C’è una attività ritenuta determinante dagli inquirenti e
funzionale al depauperamento delle risorse pubbliche della collettività da parte
della contestata associazione a delinquere. Una
sorta di “parassitismo” nel “parassitismo”
dell’azione svolta dal gruppo
criminale in un sistema tangentizio come quello che si era sviluppato.

Si tratta
dell’attività di prestanome e delle società “schermo”. L’interposizione, cioè,
di persone fisiche o giuridiche di comodo, anelli essenziali dell’attività della
contestata associazione a delinquere che si era sostanzialmente fatta Stato,
dedita, secondo le accuse mosse, alla sottrazione della ricchezza e
trasferimento e occultamento dei denari ottenuti in maniera illecita. Ruolo
fondamentale – in questa e in altre meno complesse vicende – dei prestanome,
dunque, anche se ancora, come accaduto pure nel recente passato, parecchie
volte, arrivata a giudizio la cosiddetta “testa di legno” se l’è cavata, quasi
sempre per insufficienza di prove sull’elemento psicologico del reato, cioè
l’essere a conoscenza degli affari illeciti della persona 
alla quale
facevano da schermo.

E’ accaduto ad esempio nel caso
Corona
, in quello Rimini yacht e
la scorsa settimana nel caso Holistic
pharma
, quest’ultimo strettamente
legato, perché la società
era di Biljana Baruca, proprio
alla tangentopoli sammarinese.
Nella nuova ordinanza i magistrati
rilevano chiaramente che
l’utilizzo di società immobiliari,
banche, finanziare e fondazioni –
che spesso avevano nei cda sempre gli stessi amministratori, soci
di fatto e di diritto e alcune volte
anche coincidenza di strutture
aziendali – creava una operatività
solo di facciata, per simulare
attività economiche utili solo a
incamerare i profitti illeciti a favore
del gruppo criminale. Così
le persone fisiche e giuridiche interposte
potevano operare senza
rispetto delle norme, senza trasparenza
e speculare ai danni dei
cittadini, trasformando risorse
pubbliche in merce da offrire in
vendita a facoltosi magnati stranieri.
Lo schema, per semplifi-
care al massimo una dinamica
comunque complessa, era che il
prestanome interagiva con il politico
del quale era schermo ottenendo
da lui la gestione di risorse
pubbliche sulle quali lucrare
anche forzando le norme e incassare
per sé, una minima parte, e
per il politico “schermato” e il
contestato gruppo criminale, la
fetta più consistente. Non è un
caso, dunque, che nella nuova ordinanza
i magistrati del pool coordinato
dal commissario della
legge Alberto Buriani, evidenzino
ancora una volta che il gruppo
di potere che ha dominato il
paese ha potuto agire in modo
occulto, nonostante la notorietà
dei suoi membri, grazie alla segretezza
delle attività realizzate
e degli scopi perseguiti che, appunto,
venivano celati mediante
la creazione di schermi in grado
di assicurare all’organizzazione
una struttura autonoma rispetto
all’ambito istituzionale nel quale
operavano alcuni sodali.
La carica politica ricoperta dai
più importanti membri del gruppo
imponeva di ricorrere ad
espedienti per ripulire il provento
dei reati e ridistribuirlo tra gli
associati.
In questo quadro chi ha svolto
e chi ancora oggi, e ce ne sono,
svolge la “professione” di prestanome
a qualunque livello, forse
un esame di coscienza dovrebbe
farselo.

Condividi


Per rimanere aggiornato su tutte le novità iscriviti alla newsletter

Quando invii il modulo, controlla la tua inbox per confermare l'iscrizione

Privacy Policy