Antonio Fabbri – L’informazione: La magistratura risponde a Cavuoto. ‘Inaccettabile falsa rappresentazione’

Antonio Fabbri – L’informazione: La magistratura risponde a Cavuoto. ‘Inaccettabile falsa rappresentazione’

L’informazione di San Marino

La magistratura risponde a Cavuoto

“Inaccettabile falsa rappresentazione” 

Antonio Fabbri –

SAN MARINO. La scorsa settimana ha tenuto banco in tribunale anche un argomento che, seppure non strettamente pertinente al processo in corso sulla tangentopoli sammarinese- Conto Mazzini, è servito ai legali di Podeschi e Baruca – Annetta, Pagliai e Campagna – per richiamare ancora una volta il ricorso a Strasburgo legato alle presunte condizioni “disumane” di detenzione. 

I legali hanno tirato fuori nell’interrogatorio all’ex direttore del carcere, brigadiere Domenico Cavuoto, una lettera da questi indirizzata all’Autorità Giudiziaria. Una lettera, hanno riferito gli stessi legali, giunta “in forma anonima” al loro studio. Sta di fatto che su questa missiva gli avvocati hanno interrogato l’ex Direttore del carcere, il quale nella missiva parlava di “condizione disumana” dei detenuti chiusi in cella per 22 ore.

Nel plico il brigadiere Domenico
Cavuoto, dava la colpa di questa
tipologia di detenzione in isolamento
all’Autorità Giudiziaria
che, secondo quanto scritto,
l’aveva ordinata. Frase ripetuta
dall’avvocato Pagliai in aula e
confermata da Cavuoto. Poi, Cavuoto,
ha anche affermato che
alla sua lettera non era stato mai
risposto. In realtà le cose non
stanno proprio così.
La lettera di Cavuoto era datata
11 agosto 2014. Ebbene, lo stesso
giorno l’Autorità giudiziaria
aveva provveduto a rispondere
sempre con una missiva – questa
evidentemente non recapitata
anonimamente allo studio dei legali
– indirizzata al Comandante
della Gendarmeria – all’epoca era
Gentili – e allo stesso direttore
del carcere oltre che, per conoscenza,
al Magistrato Dirigente.

La risposta del magistrato
alla lettera di Cavuoto

Lo stesso giorno in cui il brigadiere
Cavuoto, tre giorni dopo
l’arresto di Mazzocchi, inviò la
lettera al Commissario della Legge
Roberto Battaglino, questi la
trasmise al capo degli inquirenti,
Alberto Buriani, il quale rispose
subito.
Nella lettera di Cavuoto, tra l’altro,
si diceva che “per ordine del
commissario della legge Alberto
Buriani” Mazzocchi e Podeschi
erano “chiusi in cella per tutta la
durata del giorno e della notte
” Cavuoto, insomma, definendo tale
condizione “disumana”, affermava
che era stata “ordinata dal
Commissario della Legge
”.

Le
cose, con questo tenore ripetute
anche in aula la scorsa settimana,
non stavano però così.
Nella lettera di risposta, sempre
l’11 agosto, il Commissario della
Legge Buriani precisava di aver
disposto “solo il divieto per le
persone sottoposte a carcerazione
preventiva di comunicare
tra loro
”, come si evinceva “dal
provvedimento di custodia cautelare
(notificato immediatamente
al Direttore e al Comandante
della Gendarmeria)
”, quello del
23 giugno 2014.
Un tale divieto, nonostante le illazioni
del Direttore
– proseguiva
la lettera di risposta a Cavuoto
appare del tutto ovvio. Basterebbe
leggere e comprendere
il contenuto del provvedimento
adottato da questo Commissario
della Legge per rendersi conto
che, all’evidenza, non è possibile
consentire la comunicazione
tra i prevenuti. In ogni caso
non risponde al vero che questo
Commissario della Legge abbia
imposto una segregazione
dei prevenuti nelle loro celle ed
è inaccettabile che il Direttore
del carcere fornisca questa falsa
rappresentazione, definendola
disumana e addossandone la
responsabilità a questo Giudice
inquirente
”.

Organizzare il carcere
spetta alla Gendarmeria

Il Commissario della Legge,
inoltre, sottolineava come l’adozione
delle misure organizzative
del carcere, necessarie a fare
fronte ai provvedimenti adottati
dal giudice, fosse un attribuzione
della Gendarmeria. Il giudice
Buriani evidenziava anche: “non
si comprende neppure perché il
giudizio di ‘disumanità’ venga
avanzato in un contesto in cui –
solo che il Direttore volesse – si
potrebbe tranquillamente garantire
la fruizione da parte dei prevenuti
della sala al piano terra,
dell’area esterna etc. Soprattutto
stupisce che queste valutazioni
siano fatte dal personale del
carcere – benché si evochino le
valutazioni degli organismi internazionali
– solo nel momento
attuale in cui sono presenti prevenuti
“eccellenti
”. E’ doveroso
rilevare
– proseguiva la risposta
a Cavuoto – che dalle immagini
del sistema di videosorveglianza
emerge un clima di assoluta
tranquillità, vicinanza e apertura
comunicativa tra i prevenuti e il
personale che è l’esatto opposto
di quella ‘disumanità’ che adesso
il Brig. Cavuoto attribuisce a
questo Giudice inquirente
”.

“Inammissibile distorsione”
Quindi il magistrato ribadiva la
distorsione degli atti: “è inammissibile
che un subordinato
possa distorcere il contenuto degli
atti del Giudice, diffondendo
ricostruzioni false e irrispettose
sia della magistratura che della
verità
”. Buriani poi aggiungeva:
Che si tratti di incapacità individuale
di assolvere le proprie
funzioni o di sudditanza nei confronti
dei detenuti, deve essere
qui rimarcata la gravità della
situazione del carcere, le cui
carenze sono, prim’ancora che
strutturali, organizzative
”.


Organizzazione che, rimarcava
il magistrato, spettava al Direttore
del carcere. Così in questo
contesto Buriani poneva una serie
di questioni chiedendo tempestiva
risposta alla gendarmeria:
è possibile che i prevenuti
(gravati del divieto di comunicare
tra loro) parlino per ore attraverso
le finestre? E’ normale che
un prevenuto rimanga per un’ora
nel bagno? E’ normale che il
personale di sorveglianza faccia
la spola tra i prevenuti parlando
per ore prima con l’una poi con
l’altro? E’ normale che il Comando
della Gendarmeria non
abbia adottato misure per verificare
come vengono assolti i compiti
di custodia?
” Una situazione
che il magistrato definiva “grave”,
assegnando cinque giorni
per relazionare. Non è noto se la
relazione sia stata mai fatta.

Le risposte di Morsiani
Del fatto che non fosse stata la
magistratura a disporre quanto
Cavuoto lamentava nella lettera,
gli avvocati difensori erano
stati già informati a suo tempo.
Dopo la lettera del direttore del
carcere datata 11 agosto 2014, infatti,
era stato lo stesso avvocato
Achille Campagna, il 19 agosto,
a depositare “istanza al fine di
conoscere tutti i provvedimenti
assunti dall’A.G. e comunque
riguardanti le condizioni di carcerazione
di Claudio Podeschi
”.
In quella data a rispondere era
stato il Commissario della legge
Simon Luca Morsiani, il quale
specificava che, a parte quello
del divieto di comunicare tra
loro contenuto nell’ordinanza di
carcerazione del 23 giugno, non
sussistevano “ulteriori provvedimenti
relativi al regime di
carcerazione cautelare di Claudio
Podeschi
”.


L’avvocato Campagna, comunque,
presentò il 25 agosto 2014
un’altra istanza chiedendo “di
ripristinare immediatamente le
originarie condizioni di carcerazione
di Claudio Podeschi,
procedendo al trasferimento del
medesimo nella cella precedentemente
assegnata, in occasione
del suo ingresso nell’istituto di
detenzione
”. Sempre Morsiani
rispose: “il tenore della richiesta
e le motivazioni ivi addotte
non appaiano pertinenti a provvedimenti
adottati, né da adottarsi,
da parte di questa Autorità
Giudiziaria
”. In sostanza disse di
non poter accogliere una richiesta
relativa ad atti mai posti in
essere dalla magistratura.


Di seguito, Podeschi e Baruca,
fecero comunque due denunce
– allegate ai faldoni delle 70mila
pagine del processo – lamentando
le condizioni del regime carcerario.
Il tutto evidentemente a
beneficio del ricorso a Strasburgo
più volte

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