Antonio Fabbri – L’informazione: Voluntary utilizzata per riciclare 500mila euro sotto sequestro

Antonio Fabbri – L’informazione: Voluntary utilizzata per riciclare 500mila euro sotto sequestro

L’informazione di San Marino

Voluntary utilizzata per riciclare 500mila euro sotto sequestro

Secondo l’accusa quei soldi, di un imprenditore legato alle cooperative rosse, sono frutto di reati non “regolarizzabili”

Antonio Fabbri

L’utilizzo di uno strumento lecito per ripulire capitali frutto di reato. E’ questo che l’autorità giudiziaria sammarinese contesta ad un imprenditore italiano: il fatto che, attraverso la voluntary disclosure, volesse regolarizzare soldi non regolarizzabili, perché denari che, secondo l’accusa, sono frutto di reati che non rientrano tra gli illeciti “condonati” dalla procedura di rimpatrio dei capitali.

La settimana scorsa ItaliaOggi aveva dato conto del sequestro titolando “San Marino blocca i rimpatri” e riferendo che “Le banche di San Marino stanno bloccando i conti sammarinesi dei clienti italiani che hanno fatto la voluntary disclosure”. In realtà nei casi in cui sono stati disposti sequestri di capitali, questi sono avvenuti per contestazioni di riciclaggio di denaro ritenuto provento di reati, e quindi non “regolarizzabile”. Il caso più recente è quello del conto dell’imprenditore perugino, Leonardo Giombini, con una storica vicinanza alle cooperative rosse, alle giunte di sinistra, e alle opere di ricostruzione post terremoto in Umbria. Il conto di Giombini è stato posto sotto sequestro dalla magistratura perché quei soldi sono ritenuti frutto di reati quali appropriazione indebita emissione di false fatture e altri illeciti che avrebbero impedito comunque la regolarizzazione dei fondi. 

L’imprenditore 52enne ha avuto
una lunga serie di vicissitudini
giudiziarie in Italia, a partire dal
2006, quando venne arrestato e
finì sotto custodia cautelare in
una inchiesta a suo carico per
frode fiscale, riciclaggio e trasferimento
fraudolento di valori.
Secondo l’accusa di allora aveva
distratto fondi dalle società che
amministrava, e una parte di
questi era stata trasferita in Lussemburgo
e, in contanti, a San
Marino. Sul Titano erano arrivati
complessivamente 1,9 milioni.
Poco dopo il deposito sul monte
finì sotto custodia cautelare. Nel
2013, poi, venne condannato appropriazione
indebita. Caso poi
dichiarato prescritto in Appello.
Resta, tuttavia, la provenienza
illecita del denaro, secondo gli
inquirenti sammarinesi distratto,
attraverso fatture false, dalle
società da lui amministrate. Per
l’accusa quindi, l’adesione alla
voluntary disclosure, avrebbe
comportato, in questo caso, un
ulteriore reato di riciclaggio sul
quale, appunto, si sta indagando.
Inchiesta che ha portato al
sequestro della somma rimasta
sui conti dell’imprenditore.

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