Arengo 1906. La scossa democratica. Domenico Gasperoni

Arengo 1906. La scossa democratica. Domenico Gasperoni

                      RITORNIAMO
ALL’ARENGO

                      
La scossa democratica

Quando
ricorda gli eventi del suo passato,anche nobili, un popolo più che fermarsi a
celebrazioni retoriche, dovrebbe saggiamente sentirsi discepolo della storia
che, dice Cicerone, è maestra di vita.
Di fronte alla prossima festa dell’Arengo del 25 marzo, ho fatto proprio così.
Ho sfogliato alcuni testi che raccontano quell’avvenimento, cercandone gli
insegnamenti. Con grande stupore, come in un vecchio film, ho ritrovato nella
San Marino di 105 anni fa, alcune scene che sembrano girate nella San Marino di
oggi. Riporto tre frasi, riprese da discorsi pronunciati da personaggi
dell’epoca. Vi sembreranno pezzi 
di
giornali di oggi.

Sentite la
prima:
«… finché regna
l’agiatezza
regna la pace e la concordia,ma
non appena, qualunque sia stata la ragione, sono scemati i mezzi finanziari e
si è affacciato il bisogno, ecco l’armonia degli animi è cessa­ta e sono sorte le vicendevoli recriminazioni». Non
è la stessa situazione socio-politica di oggi? Io ci ritrovo la crisi
economico-finanziaria, che suscita uno stato di insicurezza, la paura del
futuro e scatena la rabbia dei cittadini. E rileggo i giochi sterili dei
partiti attuali, che si rimpallano le responsabilità del disastro.

Un altro
personaggio di allora sosteneva l’esigenza di «
un maggior controllo, mosso alle pubbliche
amministrazioni e facendo in modo che
 il popolo sia reso più consapevo­le
di ciò che di bene o di male fa il Consiglio». E’ la stessa scena del distacco
del popolo dalla politica, della sfiducia del cittadino mai percepita così
vasta, 
profonda e preoccupante, della
domanda di partecipazione e di controllo sul Palazzo.  

Il terzo
documento è di singolare attualità: «E’ n
eces­sario che tutte
quante le sparse membra della de­mocrazia sammarinese
si raccolgano, coordinino le pro­prie attività, s’intendano non sopra un
programma
il cui difficile e lungo compimento potrebbe creare diver­genze ed urti a causa di diverse finalità
e tendenze, ma
si accordino
sopra una sola
rivendicazione, sopra una
sola conquista principale semplice ed immediata: la re­staurazione, cioè dell’Arringo. Dopo ognuno
riprenderà
la propria via». 

E’ quanto oggi sostengono in
molti. Ritrovare l’unità democratica per un solo obiettivo urgente: la
salvaguardia del Paese,la riconquista della dignità che meritiamo, in Italia e
in Europa,la ripresa in mano della guida del nostro futuro. E’ un invito che si
trova anche nel nobile messaggio lasciato dai Capitani Reggenti alle forze
politiche e ai sammarinesi. N
elle difficoltà del paese- si rammarica la Reggenza-invece della
ricerca di unità e di atteggiamenti che portino a soluzioni condivise,sono
prevalse posizioni di «contrapposizione, di difesa dei propri interessi
particolari e di negazione di responsabilità».

Celebrare
il 25 marzo, significa ritornare all’Arengo, come gridavano i fautori
degli eventi del 1906. Significa ritornare- lo dico un po’ provocatoriamente- a
una buona dose di democrazia diretta. Che abbiamo troppo frettolosamente abbandonato,perché
non più capace di funzionare. Ci siamo illusi che la formale sovrastruttura
della democrazia rappresentativa funzionasse perfettamente! Talvolta si
inceppa. Lascia campo alla sopravvivenza di residui oligarchici,
politici,partitici ed economici. La democrazia del Palazzo, di cui non 
si può fare a meno, nei momenti di forte
crisi ha bisogna di  una scossa democratica
di popolo.  Oggi viviamo uno di quei
passaggi storici nei quali ci vuole una botta di Arengo, una chiamata a
raccolta delle  «sparse membra della de­mocrazia sammarinese». Se il primo
tempo della democrazia diretta, quello delle scelte politiche, non è più
praticabile,resta tuttora indispensabile il secondo tempo, quello del
controllo 
sulla qualità delle decisioni
e dei decisori. Dalla loro nascita alla morte (in senso politico).  Per questo serve un popolo  “reso più consapevo­le di ciò che di bene o di male fa il Consiglio”.

Buon
Arengo, Repubblica!

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