La Repubblica di San Marino ha da poco festeggiato l’Arengo, ma per i Sammarinesi c’è ben poco di cui rallegrarsi in questo anniversario.
Di fatto siamo un Paese commissariato, posto sotto stretta sorveglianza e verifica dalle istituzioni della vicina Repubblica Italiana.
L’umiliazione di subire un embargo economico commerciale per impegni assunti e non mantenuti è inferiore solo al continuo emergere di scandali che vedono il nome di San Marino coinvolto in ogni tipo di reato.
Senza prestare ascolto a quanti, in più occasioni, chiedevano un cambiamento alla Segreteria delle Finanze per ridare vigore ai negoziati italo-sammarinesi, il Governo del Patto ha tirato dritto per la propria strada, rifiutando sistematicamente il confronto con le forze di opposizione e senza mai fornire indicazioni alle forze economiche e sociali su quali fossero i propri intendimenti.
Le epurazioni messe in atto dall’esecutivo all’interno di Banca Centrale e le conseguenti dimissioni di Papi e Bossone hanno dato il colpo di grazia alla già ridotta credibilità del Governo, e hanno innescato una serie di reazioni che hanno fatto precipitare il nostro paese nell’isolamento attuale,vanificando così anche l’azione di quei provvedimenti che andavano nella giusta direzione.
La responsabilità, tuttavia, non deve essere ascritta ad un singolo personaggio ma all’intera coalizione di Governo che ha fatto quadrato attorno a queste decisioni.
Oltre a queste mosse inopportune del Governo desta grande preoccupazione la carenza di soluzioni alla crisi economica in atto.
Abbandonati in fretta i famigerati “tre capisaldi”, quali inviolabili pilastri di crescita economica, accantonata la piazza finanziaria, è desolante ascoltare da più forze politiche la malcelata intenzione di continuare sulla strada della “vendita” sia essa riferita a residenze, a beni immobili o terreni a licenze commerciali e servizi di ogni genere e natura. A nostro avviso deve esserci una presa di coscienza che inverta questa visione, poiché in questo modo non solo non si crea ricchezza, ma si svendono i beni di famiglia cioè il patrimonio pubblico che invece avremmo il dovere di preservare per le future generazioni.
A fronte di un cospicuo calo delle entrate, preoccupa una spesa pubblica ancora troppo elevata e non esistono scorciatoie o soluzioni empiriche a questa realtà.
Al calo delle entrate deve corrispondere una riduzione della spesa corrente!
San Marino è un Paese che spende troppo in energia importata, che non possiede riserve idriche adeguate e che accumula rifiuti solidi che smaltisce all’estero.
Riconvertire aziende in crisi e produrre energia rinnovabile è certamente più impegnativo che inventarsi prestanome, o dare ricovero a capitali di dubbia liceità, ma solo in questo modo si possono gettare le basi per creare un’economia più sana e stabile, utile a chi vive e lavora sul territorio riducendo anche di molto i costi energetici per lo Stato.
Puntare all’autodeterminazione idrica ed energetica non è un obiettivo impossibile, creare beni e servizi da destinarsi a cittadini che vivono sul territorio sarà invece utile per affrontare i prossimi anni in cui è facile ipotizzare che si dovrà “vivere del nostro”.
Certo non sarà facile riconvertire questo sistema economico, ma è diventata una necessità che abbiamo l’obbligo di perseguire.
Sinistra Unita
San Marino 29 marzo 2010