Articolo di “Il Riformista”, a firma di Marco Alfieri, su Why not

Articolo di “Il Riformista”, a firma di Marco Alfieri, su Why not

Ecco l’articolo di Marco Alfieri su IL RIFORMISTA come è stato pubblicato su San Marino Oggi del 7 luglio 2007.
“San Marino. C’è del marcio a San Marino? Pare di sì, nonostante il tentativo della nuova amministrazione socialista-diessina di trasformare la repubblica in una Montecarlo romagnola (head quarter di multinazionali e sede legale di marchi proprietari), con la consulenza dello studio Ambrosetti che sta elaborando per ristrutturare l’economia locale e rifare il look al Titano che non riesce a scrollarsi di dosso l’immagine di paradiso fiscale, pur non essendo, quanto a raccolta, né il Lussemburgo, né Montecarlo, né il Liechtenstein, né tantomeno figurando nella lista nera dell’Ocse. Per capire l’origine della guerra intestina, bisogna tornare al 4 giugno 2006. A san Marino si vota. Dopo un lungo regno democristiano del Pdcs (Partito democratico cristiano sammarinese), la nuova maggioranza è di centrosinistra, con 32 seggi su 60. I vecchi Dc, il cui uomo forte da metà anni ’80 in poi era stato Gabriele Gatti, vanno all’opposizione. Nuovo king maker della Repubblica è il socialista Fiorenzo Stolfi , segretario di Stato agli Affari esteri, attualmente impegnato nel tentativo di aprire all’Europa la Repubblica e nel rinegoziare il rapporto di buon vicinato italo-sammarinese. La maggioranza però è risicata, e la vecchia guardia non ha intenzione di mollare i paludati gangli del potere presidiati da decenni. A partire dalla potente Cassa di Risparmio di San Marino, il più grande e influente istituto locale, rimasto un feudo Dc, attraverso personaggi influenti in cda (Giuseppe Lonfernini e Andrea Albertini), ma soprattutto attraverso il potente ad Mario Fantini, ex uomo forte del Rolo di Bologna, vicino alla galassia ciellina felsinea. Mentre al vertice della Cassa è insediato da tanti anni Gilberto Ghiotti, messo lì da Gatti. La Cassa, va da sé, è lo scrigno finanziario del Titano. Non controllarla significa non aver giurisdizione su un pezzo importante delle finanze locali, specie in una congiuntura in cui si chiede trasparenza economia e societaria per lanciare l’operazione Montecarlo. E’ questa la miccia della guerra di potere in corso sul Titano. La Carisp, come la chiamano i sammarinesi, nata nel 1882, con le finalità classica del mutuo soccorso, oggi è un arcipelago impenetrabile con più di 30 società tra Italia, Svizzera, Lussemburgo e Croazia, cui sono state trasferite principalmente risorse dei piccoli risparmiatori. Un fitto reticolo di società veicolo e scatole bancarie e parabancarie nei cui cda girano quasi sempre le stesse persone (Fantini, Ghiotti, Vladimiro Renzi ed ex colleghi dell’ad provenienti dal vecchio Rolo). E’ in questo contesto che due mesi fa la Cassa, sotto la regia di Fantini, acquisisce, per una cifra definita da molti fuori mercato, il 25% di Bsi, la Banca sammarinese investimenti fondata appena 8 mesi prima dall’ingegner Enzo Donald Mularoni, che contestualmente, viene cooptato nel cda stesso della Cassa. Il motivo? I maligni sostengono che con la Carisp non era più possibile continuare a produrre scatole cinesi fuori controllo, meglio utilizzare un nuovo soggetto, appunto la Bsi. La quota Bsi ceduta alla Carisp fa parte di un accordo politico risalente a circa un anno fa, sottoscritto da alcuni influenti politici locali con quote privilegiate, e da altrettanto influenti imprenditori in qualità di garanti. Cosa dicono i membri del cda della Cassa? Chi ha pagato questa operazione? Quanto è costata ai contribuenti? Su questo è buio pesto a San marino. Interessante notare i legami che portano a Bologna. Carisp, infatti, possiede partecipazioni sensibili in parecchie società come Carifi n, Fingroup, la prodiana Nomisma, ma soprattutto Sviluppo Investimenti Estero, che a sua volta è azionista di riferimento della bolognese Gruppo Delta, la “Unipol bianca”, come la chiamano da queste parti. Importante holding nel settore finanziario e nel credito al consumo finita nel tritacarne mediatico nelle recenti indagini sul cossidetto Calabria-gate (in cui è stato tirato in ballo anche il nome del premier) perché collegata a Delta, una società di comunicazioni trasformatasi nel 2006 in Italgo Spa il cui ad è quel Giorgio Cirla presidente anche di Sopaf, che a sua volta partecipa in modo non marginale Gruppo Delta. Un aspetto, questo, che ha insospettito gli inquirenti, visto che la presunta Loggia di San Marino, nel decreto di perquisizione, compare spesso (la Cassa smentisce ogni coinvolgimento). Inoltre, Gruppo Delta, di cui amministratore è Fantini, attraverso due sue controllate che han fatto da originator (Compagnia finanziaria e Plusvalore), si sarebbe resa protagonista di alcune operazioni fi nanziarie poco chiare che riguardano la cartolarizzazione di un portafoglio di crediti al consumo per dare vita a titoli asset backed per un totale di 533 milioni di euro. Operazione collegata a un finanziamento stipulato nel 2004 con Barclays Bank per 500 milioni di euro con cui la Cassa, azionista di riferimento di Delta, ha aumentato la propria esposizione verso una controllata senza però fare alcun riferimento esaustivo a bilancio. Turbolenze in vista sul Titano”.

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