Cambiare radicalmente il sistema economico e la politica

Cambiare radicalmente il sistema economico e la politica

‘È più morale tagliare gli stipendi, razzolare nelle tasche di una popolazione che a stento arriva a 32 mila individui, o prevedere nuove entrate per lo Stato, usando strumenti che tutti i governi usano?’. Così inizia la replica che San Marino Oggi riserva nell’edizione di ieri ad Alleanza Popolare.
Detto così, non parrebbero esserci dubbi su quale ipotesi sia più desiderabile rispetto all’altra. Ad un’analisi più approfondita, si scopre che non è tutto poi così chiaro e banalizzabile.
San Marino si è fondato per anni su un benessere superiore alle sue possibilità: possibilità a livello di risorse interne, di professionalità esistenti, di mantenimento di una buona immagine internazionale.
Un benessere che derivava in gran parte da un sistema finanziario drogato dal segreto bancario che faceva entrare capitali senza alcuna fatica nelle casse del settore finanziario e dello Stato; dalle defiscalizzazioni a pioggia che permettevano alle imprese di ottenere ampie aree di vantaggio competitivo rispetto ai concorrenti, quindi un alto volume di attività economica e di conseguenza di entrate monofase per lo Stato; da leggi e regolamenti molte volte lassisti o comunque volutamente inapplicati rispetto alle necessità di controllo di quel che succedeva nel nostro territorio, persino sotto l’aspetto del riciclaggio di denaro sporco; in generale su una capacità di far soldi sfruttando a piene mani le carenze delle leggi, le connivenze con la politica, le operazioni trans-nazionali, la presunta infinita tolleranza degli altri Stati rispetto a ciò che succedeva in questo piccolo fazzoletto di mondo.
Oggi la realtà è cambiata, in particolare sotto la pressione della comunità internazionale che non è stata più capace di tollerare oltre questo tipo di ‘benessere’, fatto spesso a danno di altri Stati. Ma anche grazie ad un, peraltro ancora parziale, cambiamento di mentalità interna, che da questa pressione è stata generata.
Un’economia sta finendo, e la crisi del bilancio dello Stato ne è l’ovvia conseguenza. Non è colpa di nessuno, al limite solo di chi, negli anni dei soldi facili, anziché investire per creare infrastrutture territoriali, avanguardia tecnologica, autonomia energetica e idrica, punti di ritrovo, attrattive turistiche, poli commerciali, ecc…per mettere in piedi un’economia virtuosa e competitiva ed uno Stato avanzato sotto molteplici punti di vista, li ha utilizzati per ingrossare la PA, elargire indennità agli amici, garantire in qualche caso stipendi altissimi senza alcuna responsabilità o professionalità, innescare nella popolazione la mentalità del ‘tutto gratis sempre e comunque’, o del ‘tutto dovuto senza sacrifici’; e di chi, nel contempo, si è dimenticato della necessità di creare nuove basi per uno sviluppo e un benessere che durasse più di 15 anni, e si potesse mantenere nel tempo in maniera compatibile con le regole della comunità internazionale.
Oggi non abbiamo pronta un’economia alternativa, mentre sta finendo quella vecchia. E dobbiamo fare una scelta: decidere se vogliamo insistere su un’economia ‘facile’, magari sostituendo il segreto bancario col casinò oppure le defiscalizzazioni a pioggia con i condoni, allo scopo di continuare a garantire alla popolazione questo benessere ‘drogato’ (magari solo per qualche anno, per poi dover fare sacrifici ancora peggiori), oppure se vogliamo fare un bagno di umiltà, capire che dobbiamo darci una ridimensionata perché il bilancio dello Stato altrimenti non regge, mentre cerchiamo di mettere in piedi un’altra economia, basata su nostre peculiarità come il turismo o il commercio, o su nuovi elementi di sviluppo come l’Università o la ricerca (in ambito sanitario ad esempio), che magari garantirà soldi meno facili e quindi un po’ meno benessere, ma sarà sicuramente più sostenibile nel tempo.
Ovviamente, se sacrifici dovranno essere, dovranno essere qui, chiedendo di più a chi più può dare: per questo noi ci batteremo, sempre.
La scelta è semplice, le divergenze di opinione legittime: basta essere chiari, e poi sarà la popolazione a decidere cosa ritiene più giusto.

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