Chi ha portato la malavita organizzata a San Marino. Ns

Chi ha portato la malavita organizzata a San Marino. Ns

Le ragioni della Crisi
Perché la Repubblica è divenuta sospetta anche di mafia
Nei giorni scorsi in occasione della conferenza stampa di presentazione dell’accordo federativo del quale Noi Sammarinesi siamo parte, ho spiegato agli organi di informazione presenti le ragioni per le quali la nascita dei DDC e l’uscita degli Europopolari dal Patto per San Marino hanno rappresentato due momenti di particolare importanza per la nostra rappresentanza politica. In sintesi: i protagonisti delle politiche dissennate del Governo straordinario si sono riuniti in un’unica forza politica e ciò consente alle forze del centro liberale e democratico di ispirazione cristiana di avviare un percorso politico e di governo finalizzato a far recuperare alla Repubblica la dignità perduta. Sui media sono state riportate solo le mie conclusioni, non le ragioni per le quali ero pervenuto ad esse. La crisi reputazionale di San Marino, la procedura rafforzata Moneyval, il sospetto che dietro ogni azienda  del nostro paese si celi, nella migliore delle ipotesi, l’evasione fiscale, e la tesi della Procura di Forlì che vede San Marino come uno “stato criminogeno”, con più di un sospetto di infiltrazioni della criminalità organizzata, nascono in un preciso momento storico, del quale la politica rifiuta di parlare, ma che è molto chiaro. E sul quale è bene che i cittadini riflettano.
L’ormai famoso “Governo Straordinario”, spero in buona fede, ravvisò la necessità di intervenire su due aspetti che venivano individuati come preoccupanti: il primo, la necessità di ridurre il “ buco di bilancio” ereditato dagli anni ’90; il secondo, porre termine al mercato delle licenze per le attività economiche attraverso la vendita, da parte dei soliti furbi, dei nulla osta rilasciati dal Congresso di Stato. La soluzione per il secondo problema fu quella di liberalizzare l’apertura di attività economiche e società di capitali anche ai non residenti (ad eccezione che per alcuni settori, ritenuti particolarmente sensibili). Intento più che condivisibile, sebbene già da allora si sarebbe dovuto pensare ad istituire organi di controllo, quali oggi sono l’Ufficio di Controllo sulle attività economiche e l’ufficio di collegamento con autorità estere.
Per “far cassa”, invece, si ritenne di istituire la famosa Piazza Finanziaria, e alle già troppe banche si aggiunsero uno spropositato numero di società finanziarie. Fin qui nulla di male, senonchè, ai richiami dell’Europa finalizzati a far si che anche San Marino si dotasse di una legge antiriclaggio, si assistette alla modifica della certamente troppo blanda legge n°123/1998. Venne poi approvata la legge antiriclaggio n°28/2004, all’apparenza all’avanguardia, e certamente più stringente di quelle dei paesi limitrofi. Peccato che quella legge contenesse un escamotage per renderla inefficace, ovvero all’art. 8 punto 5 si prevedeva che Banca Centrale avrebbe dovuto emanare disposizioni attuative sul come identificare i clienti e, soprattutto, sul come effettuare le segnalazioni in caso di sospetto riciclaggio. In sintesi: la legge c’era, ma non era applicata e nemmeno applicabile. Risultato: a San Marino i riciclatori non venivano segnalati. Il buco di bilancio è stato sanato (c’è addirittura chi se ne vanta), ma per sanarlo abbiamo perso molto di più. Abbiamo perso la nostra dignità di Stato.
Nasce così la procedura rafforzata Moneyval, nasce così tutta la criticità del nostro sistema bancario che, in quanto privo di adeguata normativa antiriciclaggio, all’esterno appare sempre sospetto, nascono così alcuni procedimenti penali contro alcune banche.
Pur nella sua drammaticità tutto ciò è forse nulla rispetto a quanto sto per dirvi. San Marino ed il suo sistema finanziario, non per l’esistenza del segreto bancario o dell’anonimato azionario (peculiarità presenti anche in altri paesi ben lontani da sospetti di riciclaggio), finiscono per diventare appetibili alla criminalità organizzata. Tutta l’Europa spinta dalla lotta al terrorismo ed alla criminalità organizzata, stringeva le maglie sulle attività economiche e sulle operazioni finanziarie. Mentre nel nostro paese si poteva aprire una società (e qui duole la liberalizzazione senza controllo delle attività economiche) con 26.000 euro ed attraverso di essa si potevano effettuare le più svariate operazioni di deposito e prelievo di danaro contante, senza che chicchessia potesse venire a controllare la legittimità dell’operazione, la provenienza dei danari e l’identità effettiva dell’operatore.
Oggi, nonostante due anni di inteso lavoro finalizzato alla normalizzazione del nostro sistema normativo, economico e finanziario agli standard internazionali non sappiamo chi, nel frattempo, è entrato in San Marino. Di questo dobbiamo preoccuparci e responsabilizzarci. Siamo un piccolo Stato e dobbiamo fare quadrato per contrastare ogni ipotesi di infiltrazione. Purtroppo la legge beffa sull’antiriclaggio del 2004 ha “regalato” all’intero paese, e non solo a chi aveva inventato la piazza finanziaria, una pessima fama. Ancora oggi dall’esterno quando vedono il nostro impianto normativo, che è divenuto un modello, nutrono il sospetto che ci siamo inventati un altro escamotage per rendere inefficaci le norme.
Qualcuno, per chiudere un buco ha aperto una voragine! Il dato politico, del quale mi rallegro, è che i protagonisti di quella sciagurata politica economica ora sono tutti da una parte, si sono uniti proprio il 4 marzo.
Gian Nicola Berti

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