Chiara Macina di L’Informazione di San Marino. Colloquio con Enrica Durì, 100 anni

Chiara Macina di L’Informazione di San Marino. Colloquio con Enrica Durì, 100 anni

L’Informazione di San Marino

Enrica spegne 100
candeline e si racconta: “Mio marito? Gran lavoratore, se no non lo
volevo”

La mia vita è proprio un romanzo con i fiocchi,
c’è il bello e il brutto”

Chiara Macina

“Se ognuno di noi dovesse scrivere la storia della propria vita… altro
che romanzo verrebbe fuori!”. Con queste parole Enrica Durì, una “fanciulla” che
ieri, il 28 gennaio, ha spento 100 candeline accetta il mio invito a parlare
della sua lunga vita. Mente lucida e fresca, ripercorre con precisione il suo
secolo di vita, cominciato il 28 gennaio 1912, la data le evoca subito una
filastrocca su questo mese, imparata da bambina, che si diverte a ripetere ad
alta voce “Sono dell’anno il primo mese, e un inchino vi fò cortese, sono bello,
sono freddo eppur benefico. Vi sembra strano, ma sotto la neve germoglia il
grano”.

A proposito della sua vita, Enrica la paragona a un romanzo, allo stesso
modo di quella di ciascun individuo, ognuno ha una propria peculiare storia da
raccontare, fatta di momenti belli e brutti, lei se tornasse indietro rifarebbe
tutto, è soddisfatta di ogni scelta intrapresa, ha affrontato il destino con
coraggio, forza ed allegria. Enrica è nata nel lontano 1912 a Prepotto in
Friuli, vicino Cividale, terra alla quale è molto legata, in una famiglia di
piccoli proprietari terrieri, molto unita, composta oltre a lei da mamma, papà,
la sorella Nilde, i fratelli Fiorenzo e Romano (due sorelle morirono in tenera
età), ricorda con dolcezza i pomeriggi trascorsi a raccogliere raperonzoli con
il padre, le feste di paese, come quella della Madonna di Castelmonte, la prima
domenica di maggio, le serate trascorse a ballare, sua grande passione, e quelle
in compagnia degli amici, in un campetto di fronte all’osteria di famiglia
dov’erano soliti ritrovarsi.

Molti dei ricordi di Enrica sono legati alla
guerra, ne ha vissute due, la prima e la seconda. Della prima ricorda il periodo
in cui, profughi, mamma e figli si trasferirono ad Anagni dove viveva lo zio,
proprietario terriero. I ricordi sono vicini nel tempo, ancora freschi nella
memoria.

“La mia vita è proprio un romanzo con i fiocchi, c’è il bello e il
brutto”, questa frase è usata spesso da Enrica come intercalare tra il racconto
di un aneddoto ed un altro. Un ricordo certamente doloroso è legato alla morte
del padre che aveva lasciato il Friuli per cercare fortuna in America,  torna,
solo dopo qualche mese, malato di pleurite e in breve tempo muore. Lei ha solo 8
anni, la famiglia, per i tempi benestante, proprietaria di terreni, una piccola
osteria e una tabaccheria, conosce momenti di difficoltà
.

Altro episodio forte nella vita di  Enrica è la malattia, il tifo che  l’ha colpita poco dopo la morte  del padre, lasciandola tra la vita  e la morte per tre mesi, poi “ne  sono uscita, sono rimasta qua, la  mia forza deriva da quell’episodio,  sconfitto quel male, non mi  ha fatto più paura nulla”.  Enrica ha lavorato duramente,  prima nei campi quando abitava  ancora in Friuli, poi negli  anni della guerra quando lo zio  di Anagni la ospita temporaneamente,  presta la sua opera a  Colleferro, in una fabbrica, che  produceva esplosivi, polvere di  tritolo che ricorda “bellissimo,  giallo come zafferano”. Al termine  dei conflitti bellici quando tornano  gli uomini dal fronte, lascia  il suo posto di lavoro, per favorire  il reinserimento di questi nella  società.  Il ricordo più piacevole è legato  all’incontro con Paolo, il futuro  marito “un gran lavoratore, che  altrimenti io mica lo volevo”, con  un solo difetto “non era un gran  ballerino, allora ho smesso anche  io”. Lo incontra sul “ballo”  a Prepotto, lavora infatti poco  distante nel Bosco Romagno,  dove costruisce, rifugi, ma lui  viene dall’Abruzzo. Si sposano,  rimangono a Prepotto per poco  più di un anno, poi decidono di  trasferirsi a Collelongo in provincia  dell’Aquila, paese natale di  Paolo, lasciandosi alle spalle un  altro doloroso episodio: la morte  di Goffredo, l’unico figlio, poi  non ne vennero più, morto perché  nato di otto mesi e all’epoca  per chi nasceva di otto mesi era  più facile morire che sopravvivere.  Probabilmente la paura per un  litigio scoppiato tra Paolo, il forestiero,  ed un paesano, fu la causa  di questo parto prematuro.

A Collelongo,  un paese abbarbicato alle  pendici del Parco nazionale, con  ancora i segni della distruzione  del terremoto del 1915, la vita per  Enrica non fu facile. Lasciata lì,  mentre Paolo era andato a cercare  lavoro ai Castelli Romani, ha  qualche problema con la suocera:  la mentalità ristretta di un paesino  del sud negli anni quaranta,  poco si sposa con questa giovane  e forte friulana che “scandalizza”  la suocera rifiutando di mettersi il  fazzoletto in testa.  La vita merita di essere  “gustata”anche a 100 anni, Enrica  non ha perso il piacere per  le piccole cose, ama vestirsi con  cura, immancabile un velo di rossetto  sulle labbra, legge Grand  Hotel, gode di piccoli riti come il  pranzo del giovedì con polenta e  pesce fritto, il giretto all’Azzurro  del sabato.  Ancora energica come si conviene  a una buona friulana, s’interessa  di attualità, non disdegna  il gossip, alla domanda su come  va l’Italia risponde con fermezza  “Va tutto male, ho paura mi prendano  anche la pensione. Questi  ‘delinquenti’ hanno fatto morire  l’Italia”. 

Attualmente vive a Murata (le  è stato concesso il permesso di  soggiorno recentemente) con la  nipote Vinicia, un legame quasi  filiale, visto che Vinicia ha trascorso  diversi anni della sua adolescenza  presso gli zii, a Colleferro,  dove ha frequentato le scuole.  Si è integrata perfettamente nella  vita familiare, alla quale partecipa  attivamente, gustando la compagnia  dei pronipoti, anche se nel  suo cuore è rimasto il rimpianto  per la sua casa e per Colleferro,  perché Colleferro ha voluto dire  lavoro, dopo anni di incertezza.  Enrica ha un atteggiamento stoico  nei confronti della malattia  “Un male come è venuto se ne  va”, non frequenta volentieri gli  ambulatori dei medici, anzi non  li frequenta proprio, sostenendo  che “anche un mal di denti prima  o poi se ne va da solo”.  Sabato grandi festeggiamenti in  famiglia con nipoti e pronipoti.  Auguri Enrica, festeggia i tuoi  100 anni in allegria come sei vissuta,  hai proprio ragione “la vita  è un romanzo meraviglioso”. 

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