Coltivare cannabis è una scelta che non ci sentiamo di condividere
È stato detto giovedì scorso ai Segretari di Stato alla Sanità, Roberto Ciavatta, e all’Industria, Fabio Righi, nella conferenza stampa da loro convocata per illustrare lo specifico progetto di legge che andrà in Consiglio Grande e Generale venerdì prossimo.
L’iniziativa – lo si è saputo lì – non rientra nel progetto “San Marino 2030”, elaborato – sentiti anche i vicini d’oltreconfine – con la consulenza della bolognese Nomisma. È frutto di altri.
Basterà una legge a proteggerci dai guai?
È stato ricordato, nell’occasione, che quando nacque la piazza finanziaria fu creato un organo di vigilanza specifico, Banca Centrale. Ai cui vertici, per tranquillizzare Roma, fu sempre messo qualche italiano. Sappiamo com’è finita. Da Bruxelles – spinto da Roma? – è intervenuto Moneyval. Un disastro, visto il debito pubblico provocato.
Questa volta la reazione potrebbe scattare da altri organismi, oltre che dai nostri vicini di casa a Dogana, Gualdicciolo, la Cerbaiola.
È comprensibile che chi è molto avanti negli anni stenti a cogliere le potenzialità del progetto-cannabis, ci è stato detto nella conferenza stampa. Perché allora cotanta possibilità è sfuggita addirittura a Nomisma, che non è un circolo di vecchi rincitrulliti?
Ritornando alla piazza finanziaria, l’età ci fa ricordare un colonnello che si mise a controllare il traffico sulla superstrada, a proporre gabbiotti sui confini, eccetera. Quella volta, al nostro interno, reagirono gli imprenditori veri, quelli dell’economia sammarinese reale.
Se scegliamo di divenire uno Stato – fra l’altro enclave! – coi gabbiotti ai confini, l’economia va ristrutturata. Il progetto “San Marino 2030” finisce nel cestino. Agli imprenditori veri sta bene?