Congresso Sinistra Unita: Aprono Gastone Pasolini e Francesca Michelotti

Congresso Sinistra Unita: Aprono Gastone Pasolini e Francesca Michelotti

Si è aperto il congresso di Sinistra Unita, presso la sala Montelupo di
Domagnano. Ad aprire i lavori dell’assise, il presidente del Partito Gastone
Pasolini seguito da Francesca Michelotti: Presidente del Gruppo Consiliare. Di
seguito i due interventi:
1° CONGRESSO SINISTRA UNITA
RELAZIONE
POLITICA
PREMESSA
La San Marino di oggi ci restituisce
l’immagine di un Paese stremato.
La crisi sta divorando le ultime energie
pubbliche e le riserve private, ma soprattutto sta mettendo alla prova una parte
significativa del suo tessuto sociale, le fasce più giovani e quelle meno
protette, e infine c’è il peggioramento delle disuguaglianze sociali e il
rischio di rottura della pacifica convivenza.
1.1 Il debito e la spesa
pubblica
Il Governo e le forze di maggioranza si affannano a rassicurare che
tutto va bene, e intanto con l’ultima finanziaria sono andati a concepire altri
15 milioni di deficit che nel corso del 2015, cumulati ai circa 300 milioni di
debito consolidato e ai circa 32 degli esercizi 2012 e 2013, faranno salire il
debito a circa 350 milioni.
Un debito pubblico così impegnativo fa tremare
le vene ai polsi, eppure sul fronte della spesa non è in corso una risoluta
campagna contro gli sprechi. Ci vorrebbe un’offensiva in piena regola, e invece
niente.
Intanto il governo avrebbe dovuto prendere di petto uno dei più
grandi vulnus della Pubblica Amministrazione: l’incapacità di difendere
l’interesse pubblico. E’ un problema che concerne le procedure, i comportamenti,
le mentalità, ma soprattutto il sistema dei valori che impregna tutta
l’organizzazione, dove in molti casi sembrano latitare il senso dello Stato e
del dovere e i più elementari principi di giustizia commutativa, quella cioè che
presiede agli scambi dove, in uno scambio giusto, il prezzo deve corrispondere
al valore della cosa comprata.
Perché lo Stato Pantalone paga le sue
commesse 2,3,4 volte di più di un privato e spesso pretendendo meno qualità, e
quando è il momento di riscuotere riscuote sempre di meno? (vedi i fitti attivi
e passivi dello Stato).
E perché molti dipendenti pensano che la qualità e
la quantità del loro lavoro possono essere del tutto scollegate dallo stipendio
percepito?
Servirebbe un processo rapido di apprendimento collettivo, una
persuasione morale, un richiamo all’ordine ma anche un appello alle risorse
intellettuali, professionali e esperienziali dei dipendenti. Ma nessun
Segretario di Stato ha ritenuto di poter scommettere sulle potenzialità di circa
3800 pubblici dipendenti.
La PA non punisce, ma neppure premia, ed è proprio
da questo deserto motivazionale che originano tutti i suoi mali.
L’anno
scorso c’era stato il taglio dell’1,5 % agli stipendi del settore Pubblico
Allargato ma, nonostante si trattasse di un taglio lineare e dunque neppure
tanto equo, è passato pressoché inavvertito dai dipendenti che si sono
dimostrati più responsabili e coscienziosi dello stesso Governo. Comunque
quest’anno il taglio già metabolizzato è stato improvvidamente eliminato: c’è
chi ipotizza che il Governo, non sentendosi troppo sicuro, sia già in campagna
elettorale e non abbia voluto turbare il serbatoio di voti della PA reiterando
il provvedimento.
L’unica misura seria spacciata in nome del contenimento
della spesa è stata la riconferma dei pensionamenti anticipati che, oltre a
discriminare fra i lavoratori dipendenti e a nuocere alla funzionalità dei
servizi, scaricano l’onere degli stipendi sui fondi pensione. Fondi che, come
tutti sanno, sono ormai l’unica stampella del sistema finanziario del
Paese.
1.2 White list e sviluppo
Qualche settimana fa l’annuncio
ufficiale dell’ingresso di San Marino nella white list è stato accolto come la
fine di un incubo, ma pochi pensano che se ne sentiranno presto i benefici
perché le aziende continuano a chiudere e sembra proprio che nessuno si voglia
avvantaggiare degli incentivi disposti dal Governo in favore delle nuove
imprese.
Siamo ancora in attesa di un serio programma di politiche di
sviluppo. Nell’ultimo Consiglio è stato approvato un piano di interventi
pubblici – ovviamente deciso in camera caritatis – che ci auguriamo possa
funzionare con effetto moltiplicatore dell’economia, sempreché il Governo riesca
a proteggerlo dagli appetiti dei potentati economici sul territorio e così
ripartirlo con più equità e giustizia su tutto il comparto
interessato.
1.3 Sistema bancario e finanziario, bolla
immobiliare
Anche il sistema bancario e finanziario sammarinese pare esausto,
nonostante gli interventi dello Stato a sostegno degli istituti bancari in
difficoltà spesso originate da gestioni improvvide quando non al limite della
legalità.
L’incrollabile persuasione che il fallimento di una banca possa
indurre il fallimento dell’intero sistema finanziario e a ricaduta dell’intero
sistema economico, ha indotto il nostro governo e la nostra Banca Centrale (come
i governi e le Banche Centrali di molti altri stati) a salvataggi di emergenza
che hanno ingoiato enormi risorse pubbliche, ignorando troppo spesso la
necessità di recuperare quanto dato, specialmente quando sembrano restare
beffardamente impuniti i responsabili dei crack, e intoccabili i loro patrimoni
e i loro sontuosi stipendi.
Sono stati i massicci finanziamenti erogati in
passato dalle banche al settore immobiliare a generare uno sviluppo edilizio
smisurato e incompatibile con le dimensioni territoriali e patrimoniali della
nostra Repubblica. Ora il rischio di un’esplosione della bolla immobiliare
costituisce una seria minaccia per la nostra comunità: una minaccia di cui
nessuno parla, anche se incombe sul destino di molte banche, e questo silenzio è
particolarmente inquietante perché prefigura una zona grigia esente dai
controlli sociali e politici, dove la parola di un tecnocrate vale più di mille
ragionamenti sensati. D’altra parte il film dei politici collusi o sconfitti che
lasciano spazio ai tecnici l’abbiamo già visto e non era a lieto fine.
Il
sostegno al sistema bancario ha compromesso un adeguato rafforzamento del
welfare, pregiudicando ulteriori misure di sviluppo dell’economia reale,
sottraendo risorse alla gente, alle famiglie e alle imprese le quali,
incolpevoli, si trovano ora a pagare un prezzo altissimo per scelte non
loro.
1.4 Il lavoro che non c’è
La disoccupazione è cresciuta a
livelli intollerabili, sfiora le 1400 persone.
Per i disoccupati
ultracinquantenni non c’è speranza e l’impossibilità per tanti giovani di
sognare un futuro li congela in un eterno presente adolescenziale, crea faglie
tra le generazioni.
Per fortuna alle nostre latitudini ancora funziona la
rete familiare (rifugio di ultima istanza per figli e nipoti), che è stata e
resta il più grande strumento di ammortizzazione e protezione sociale.
La
condizione del lavoro poi è enormemente peggiorata: un lavoratore di trenta o
quarant’anni – ‘grato’ e ‘riconoscente’ perché almeno lui un lavoro ce l’ha –
rischia di essere spremuto da condizioni totalizzanti alle quali deve votare
tutta la sua esistenza.
Poi c’è la precarizzazione della vita di migliaia di
uomini e donne, una piaga che sta diventando il male sociale della nostra epoca.

E la recrudescenza del lavoro nero usato come antidoto alla difficoltà delle
imprese.
Occorre rimettere al centro del dibattito pubblico il tema del
lavoro. Non sarà sufficiente qualche tutela in più ai precari, o nuovi
ammortizzatori sociali, o il ripristino dei diritti dimenticati: serve un nuovo
modello sociale che risponda a una domanda pressante di giustizia e di
cambiamento.
Sulle condizioni di lavoro e sulla negazione al diritto di
autodeterminarsi e di progettare la propria vita, la politica dovrebbe
interrogarsi in modo più stringente.
Non è un caso se la Banca Centrale
Americana, oltre a lottare contro l’inflazione, ha l’obbligo di perseguire il
pieno impiego. Perché la disoccupazione non solo genera sofferenze e spreco di
talenti umani, ma perché crea danni strutturali all’economia. All’impoverimento
materiale si somma quello psicologico conseguente alla perdita di autostima, di
dignità e ruolo sociale, poi c’è il dilapidarsi di competenze, il degradarsi
dell’attitudine al lavoro e alle relazioni. E’ la distruzione di una enorme
ricchezza, come permettere la distruzione di una grande opera d’arte.
1.5
I diritti civili
Purtroppo il tema dei diritti civili e di libertà è da anni
assente dall’agenda politica. Ogni tanto ci pensano le istanze d’Arengo a
ricordarci che tante battaglie di civiltà e di emancipazione sono ancora da
combattere e che la felicità degli uomini e delle donne può passare solo con la
libertà di realizzare pienamente sé stessi, le proprie proiezioni, i propri
progetti di vita grazie ad uno Stato che non pretende di giudicare, ma accoglie,
comprende e offre a tutti dignità di cittadinanza garantendo l’uguaglianza di
accesso alle opportunità.
Ma in questo universo di desideri e di speranze il
senso critico del nostro Paese sembra estinguersi e non riuscire a identificare
un nuovo tessuto di vissuti individuali e collettivi.
Sulla disabilità la
risposta è stata deludente: troppi proclami e nessuna deliberata volontà
politica a sostenerli.
Sul fronte della morale pubblica, specialmente negli
ultimi vent’anni, ha regnato una disinvoltura fino alla spregiudicatezza, mentre
sul fronte dei diritti delle persone è prevalso un dispotico oscurantismo e la
versione più retriva e ignorante del conservatorismo.
Le ultime, recenti
bocciature sulle istanze d’arengo che chiedevano l’abolizione del reato di
aborto e il riconoscimento dei matrimoni contratti all’estero da due persone
dello stesso sesso, hanno mostrato la raccapricciante ignoranza dei politici
che, schiumando di rabbia di fronte all’impudenza e all’impudicizia dei
firmatari, si opponevano alle due proposte in nome della salvezza dei principi
etici e delle radici religiose della nostra comunità.
Insomma a San Marino
c’è ancora chi ha voglia di sindacare sulla sessualità tra adulti o coetanei
consenzienti di qualsivoglia genere, o di decidere della vita degli altri.

Gli utopisti seicenteschi definivano San Marino “La città felice” ma
evidentemente a qualcuno la felicità e la libertà dei sentimenti sono
interdette.
IL CONGRESSO DI SINISTRA UNITA
Il percorso

Qualcuno si chiederà se abbia senso parlare di partiti durante un’emergenza,
quando tutte le nostre energie dovrebbero essere rivolte a timonare la nave
fuori dalla tempesta.
Concordo pienamente, ma noi dovevamo farlo per
resettare e ripartire con più spinta
Dobbiamo anche fare il punto sulla vita
interna del partito.
In questa legislatura abbiamo vissuto due momenti
critici con le dimissioni dal Consiglio G. e G. e non dal partoto di Alessandro
Rossi il quale da tempo pensava a un disegno politico diverso da quello pensato
dalla maggioranza di SU. Alessandro, con la sua generosità irrefrenabile come la
sua risata, ha lasciato il Consiglio per non danneggiare il partito e via via è
diventato la coscienza critica di SU sui social network. face book.
Diversa
è stata la defezione del gruppo dissidente guidato da Luca Lazzari che ha
lasciato il partito nei primi mesi del 2014, avvenuta senza segni premonitori e
senza motivazioni politiche convincenti, senza insulti o rabbia, solo sconcerto
e disillusione dopo che ogni tentativo di mediazione è stato rifiutato. Il
Gruppo Consiliare ha perso così uno dei suoi membri (uno ci era già stato tolto
dal premio di maggioranza).
Per il partito è stato un passaggio difficile ma
con un colpo di reni e l’ingresso di nuove figure, giovani entusiaste e capaci,
si è rivelato capace di avviare una nuova fase di più serene relazioni interne,
di rilancio delle attività, di dibattito democratico più stringente.
Di
questa nuova fase il Congresso rappresenta il successo più evidente.
2.2
Come è nata Sinistra Unita e i suoi valori
Oggi dichiararsi ‘partito di
sinistra’ è già un linguaggio da prender con le pinze. Come se su questi due
termini ‘sinistra’ e ‘partito’ fosse calata una damnatio memoriae. Sarà, ma io
sono ancora da anni alla ricerca di quella fatale differenza fra essere un
movimento o un partito, mentre ormai l’identificazione di sinistra connota quasi
più una appartenenza culturale che politica, il che a mio giudizio è molto di
più.
Il nostro Congresso vuole comprendere e ridefinire il ruolo di Sinistra
Unita, verificare la fattibilità del suo progetto, valutare se i suoi obiettivi,
le visioni, i principi ispiratori sono utili e come possono essere declinati per
continuare ad essere utili in un mondo in cambiamento.
Sinistra Unita nasce
dall’unificazione di Rifondazione Comunista e Zona Franca, che si battevano per
gli ideali della sinistra e condividevano lo stesso disagio per il declino
morale del paese, la stessa insofferenza alla finta democrazia del voto di
scambio, l’identica condanna di un pragmatismo politico fondato sulla tolleranza
della collusione politico affaristica.
Rifondazione Comunista era nata nel
1992 da un gruppo di iscritti e simpatizzanti del disciolto Partito Comunista
Sammarinese, mentre tredici anni si costituiva ‘Zona Franca’ che nel 2005
fuoriuscita dal Partito dei Socialisti e dei Democratici. Il processo di
unificazione non è stato frettoloso né imposto dai vertici, ma frutto di una
pratica di condivisione che ha portato nei tempi dovuti ad una piena
integrazione fra le due parti.
I valori comuni di Rifondazione Comunista e
Zona Franca erano e restano quelli della sinistra:
guardare avanti,
all’evoluzione della società, al suo progresso, senza mai dimenticare chi resta
indietro,
l’uguaglianza nell’accesso alle opportunità,
la giustizia e
l’equità,
il giusto profitto,
la democrazia, intesa – con Popper – come il
regime che può essere sostituito senza spargimenti di sangue, come unico metodo
per fare sì che le scelte (anche quelle sbagliate) siano condivise in virtù del
principio di maggioranza,
la piena libertà di pensare, di fare, di ricercare
la propria felicità con l’unico limite di non portare danno agli altri,
la
laicità dello Stato,
la pace fra gli uomini e i popoli,
la solidarietà
nel bisogno e nei tempi difficili della vita
l’economia reale, cioè non
speculativa né parassitaria,
L’elenco è lungo e non esaustivo, ma credo che
questi valori possano essere condivisi da molti, anche da chi si richiama ad
altri orizzonti della politica, della filosofia e della religione.
Oggi
molti giudicano anacronistica la lotta alle disuguaglianze, come cascame di
ideologie fallite. Eppure oggi scopriamo che i paesi più competitivi sono
proprio quelli dell’Europa del Nord, i meno disuguali al mondo.
La sinistra,
cioè le forze progressiste noi compresi, è stata ostracizzata per il suo
statalismo, ma l’esperienza della crisi ha fatto rivedere anche a molti
economisti il mito del mercato a tutti i costi dopo che decenni di “spiriti
animali” hanno tolto ogni illusione sulla capacità di autoregolamentazione del
mercato.
Come sistema politico crediamo nell’idea della democrazia
dell’alternanza. Il bipolarismo, che in passato ha goduto di migliore fortuna,
oggi sta tornando prepotentemente alla ribalta perché non è funzionale al
gattopardismo. Infatti chi vuole che tutto cambi perché tutto rimanga com’è non
può accettare il bipolarismo fondato sul conflitto chiaro e democratico fra
destra e sinistra, fra maggioranza e opposizione. Invece noi crediamo in un
ecosistema politico dove impera la lealtà costituzionale e il riconoscimento
reciproco fra le due parti, e la politica trasparente senza le ambiguità, i
veleni, i patti sotto banco.
Le ragioni del Congresso
Lo scossone che
ha colpito la Repubblica di san Marino dal 2008 ci ha fatto rimettere in
discussione un’intera epoca, ma ora rischia di diventare un’occasione mancata di
cambiamento, invece i sacrifici e le sofferenze devono trovare un riscatto e un
senso proprio nell’inizio di una fase nuova. Non possiamo correre il rischio che
tutto riprenda quietamente come prima solo perché siamo sotto stress per via del
disagio economico, delle paure per il futuro dei nostri figli e dunque perché,
in preda allo sconforto, ci vediamo costretti ad accettare una ripresa
qualunque, una ripresina, o qualunque altra cosa essa sia, solo per avere
qualche grammo di beneficio in più.
Il nostro nemico sono le oligarchie
economiche che puntano a conservare i propri privilegi e le vecchie gerarchie
che vogliono mantenere le proprie rendite di posizione. I cosiddetti ‘poteri
forti’ sono in agguato per convincerci tutti che l’alternativa non esiste e che
inseguire l’idea di cambiamenti radicali è semplicemente irreale. Purtroppo i
poteri forti si rafforzano ancora di più quando si oppone contro di loro una
protesta sberleffo, agitata e inconcludente, oppure quando siamo ignoranti dei
meccanismi perversi che loro hanno creato. Ecco perché dobbiamo saper integrare
ragione e passione, cioè lotta senza quartiere ma senza cedere alle derive
emotive della piazza, perché queste fanno il gioco del nemico. Nella passione
troviamo la forza morale di combattere contro le disuguaglianze e per
l’interesse del Paese, e nella razionalità misuriamo il nemico, troviamo gli
strumenti per batterlo e concepiamo un nuovo modello di società fondato
sull’uguaglianza formale, politica e giuridica e l’uguaglianza sostanziale,
sociale ed economica.
Il Congresso di Sinistra Unita vuole affermare il suo
approccio in questo momento critico in cui si profila lo scenario mutevole del
cambiamento di un paradigma economico alle corde, verso un nuovo paradigma che
non sarà solo economico, ma dovrà essere sociale e culturale, e soprattutto
etico.
IL PROGETTO, IL METODO, LA POLITICA
3.1 Il
progetto
Il Documento Congressuale e Programmatico è parte integrante di
questa relazione. Frutto di un dialogo intenso all’interno dei nostri organismi.

Vi si parla dell’Europa che vorremmo, della pace, della dignità umana, della
difesa del lavoro, del dovere della solidarietà, di un modello totale di
democrazia che coinvolge la democrazia economica, di uno sviluppo e di un
territorio armonioso, della difesa del welfare come priorità assoluta,
dell’istruzione e della conoscenza come progetto di futuro, di giustizia e di
diritti di libertà.
Forse è troppo ambizioso, ma noi abbiamo voluto vedere
vicino e guardare lontano.
Per il nostro Paese questo è un momento dinamico
nel quale intere fasce sociali cambiano di status, di censo, di comportamenti e
stili di vita a causa delle diminuzioni, spesso radicali, dei loro redditi
dovute alla mancanza di lavoro o all’inasprimento dei loro obblighi fiscali, o
al giro di vite sulla spesa pubblica. Intere fasce professionali vedono mutare
radicalmente i loro orizzonti perché gli assetti del sistema stanno prendendo
una forma molto diversa. Per noi è ora fondamentale e preliminare a ogni scelta
radicale, tracciare le linee del nostro nuovo paradigma.
Partiamo da un
modello Paese nel quale si fronteggiano il pianeta PA e il pianeta privato. Da
una parte il pubblico, erogatore di buoni servizi ma spendaccione,
burocratizzato e soprattutto lento, nelle risposte all’utenza, nell’efficacia
della sua azione, nella sua arretratezza tecnologica. Poi la sua ipertrofia,
frutto di devastanti gestioni politico-clientelari che hanno finito per
deprimere anche il livello di professionalità dei dipendenti in organico, che
nonostante questo godono però di buoni stipendi e ferree garanzie. Il settore
economico privato si è caratterizzato nella distinzione fra l’economia reale e
quella d’assalto, che ha potuto imperversare anche grazie alla protezione e alla
complicità della componente deteriore della politica. Il lavoro dipendente
privato come è noto non gode delle stesse tutele di quello pubblico e questa
divisione dei cittadini sta diventando per molti inaccettabile. A cavallo dei
due settori pubblico e privato i cosiddetti poteri forti, centri di contropotere
animati da voracità private applicate con efficienza aziendalistica alle risorse
pubbliche o al potere autorizzativo pubblico, anche i poteri forti sono in
rapporto funzionale con la corruzione politica, e spesso generativi di questa.
Dalla fine degli anni ’90 il settore bancario e finanziario ha dominato la scena
economica, e dopo aver contribuito ad accrescere le risorse pubbliche negli anni
delle vacche grasse ora si sta riprendendo tutto, e forse anche di più. La
raccolta miliardaria delle nostre banche ha attirato sulla nostra Repubblica
interessi di personaggi e poteri forti esterni ben più forti di quelli
domestici, e questo fenomeno ha acutizzato tutte le nostre contraddizioni
interne, amplificando la portata dei danni su tutto il sistema, quello buono e
quello malato. Questo in estrema sintesi il modello in superamento.
Ora la
domanda capitale è: qual è il modello verso cui dovremmo andare? Intanto quello
virtuoso dove ci ha spinto l’Italia e la comunità internazionale pretendendo il
nostro accoglimento dei parametri europei di trasparenza, lotta all’evasione,
lotta alla corruzione, contrasto alla criminalità organizzata. E questo modello
lo stiamo perseguendo con convinzione oppure siamo convinti che basti fare le
leggi come fa pensare l’ormai insopportabile predicazione dell’autopologia
governativa? Perché il modello virtuoso comporterà un cambio di passo della
macchina pubblica che non potrà più tollerare la trasgressibilità delle norme e
farsi presidio della legalità che deve diventare la sua bibbia, il suo faro,
mentre l’efficacia della sua azione sarà la linea guida della sua condotta. Ma
torniamo a un altro punto cruciale per il successo del nostro nuovo modello: la
riunificazione dei due pianeti del Paese, quello pubblico e quello privato,
perché anche questo significherà perseguire l’uguaglianza dei cittadini. La
disuguaglianza è il terreno di coltura dello scontro sociale e nel cinismo della
disuguaglianza inaridiscono i sentimenti civili, la solidarietà, il senso dello
stato, il mutuo soccorso nei tempi difficili. Poi quale dovrà essere il nuovo
assetto economico? Ancora perseguiamo l’idea della piazza finanziaria e della
supremazia economica del sistema bancario? Che altro ancora deve succedere
perché ci si convinca che un settore bancario e finanziario dominante non è
nelle nostre corde. Perché è pericoloso per la nostra sovranità. Perché il
microstato è troppo vulnerabile. Perché la tenuta etica del paese, necessaria
per difendere lo stato e le sue risorse, è una catena la cui forza è la forza
dei suoi anelli più deboli.
In estrema sintesi questo dovrebbe essere il
nuovo paradigma, economico, sociale, culturale morale: un paese riunificato
nell’uguaglianza dei suoi cittadini e dei suoi lavoratori, un paese di solida e
onesta economia reale che non ha bisogno di protezioni, con le banche al loro
posto a sostegno del sistema economico, con il patrimonio pubblico ben
presidiato e valorizzato dalla PA che serve a sostenere un forte stato sociale,
un Paese virtuoso e leale con Italia e Europa, che non permette a forze estranee
di incidere sul suo tessuto e soprattutto non permette che questo accada
attraverso gli anelli deboli del suo sistema.
3.2 Il metodo e la politica

Qual è dunque la via d’uscita alla crisi e su quali gambe può camminare il
progetto di Sinistra Unita?
Siamo ben consapevoli che da domani per noi
comincia un compito non facile, che è quello di riuscire ad aggregare il
consenso necessario per dare forza a questa idea e farla diventare realtà.
Si
tratta di ricercare una condivisione intorno a dei contenuti ben precisi ma
anche intorno ad un riferimento valoriale e ad una visione moderna e innovativa
della società che per una forza di sinistra come la nostra è un vero e proprio
imperativo categorico.
La vecchia politica dava, e dà tuttora, poca
importanza agli obiettivi programmatici, prediligendo la spartizione del potere
attraverso la gestione di un metodo basato sulla discrezionalità e sul
favoritismo clientelare verso i propri elettori e verso quei personaggi che, pur
non essendo direttamente impegnati nella politica, sono ad essa collaterali
condizionandone, se non dettandone, l‘agenda e determinando spesso la nascita e
la caduta di questo o quel governo, in modo da avere sempre a disposizione i
propri terminali di riferimento nell’aula consiliare e nel Congresso di Stato a
tutela dei loro inconfessabili interessi. E non di rado esponenti politici
partecipano direttamente alla condivisione di quegli stessi interessi, nel nome
di un meccanismo perverso di intreccio tra politica e affari che disonora la
politica stessa dando la percezione della sua inutilità alla risoluzione dei
problemi dei Cittadini e di essere unicamente finalizzata all’arricchimento di
qualcuno.
In quest’ottica diventa di basilare importanza, configurandosi come
una precondizione ineludibile, partire proprio da una premessa di carattere
etico che ponga saldamente come fondamenta di tutto una forte attenzione alla
questione morale.
La malapolitica è andata sempre più espandendosi a partire
dagli anni ’90 interessando tutti i gangli dell’apparato fino a diventare
sistema organizzato. In tempi non sospetti essa veniva denunciata solo da pochi
coraggiosi, quando quasi tutto il Paese sembrava andare in tutt’altra direzione,
quando chi denunciava veniva considerato un visionario, additato come “nemico
del Paese” e rischiava ritorsioni non di poco conto vedendo compromesso anche
ciò che gli spettava di diritto, in uno Stato come il nostro dove la discrezione
e l’arbitrio del potente di turno l’hanno fatta da padrone, e in alcuni ambiti
la fanno ancora, prevalendo sulla certezza del diritto e sulle regole uguali per
tutti.
Oggi quello che qualcuno bollava come “invidia” e “disfattismo”, trova
finalmente riscontro nelle indagini della Magistratura, aprendo uno spaccato
inquietante sui meccanismi nascosti nei sotterranei della politica che hanno
caratterizzato la vita parallela delle Istituzioni influenzandole e piegandole a
fini perversi.
Al di là della giusta punizione che dovrà spettare ai
colpevoli, e per la quale sin d’ora Sinistra Unita dice un chiaro e fermo NO ad
ogni tentativo di colpo di spugna, non ci si può esimere dal chiedersi quali
contromisure possano essere attuate per mettere in sicurezza le Istituzioni e la
vita democratica del nostro Paese garantendo il rispetto della legalità affinché
si introducano dispositivi che impediscano sul nascere il ripetersi degli
episodi del passato.
Occorrono segnali forti nel campo della trasparenza,
occorre un radicale cambio di metodo che porti ad una maggiore partecipazione
dei Cittadini e ad una maggiore condivisione delle scelte strategiche per la
nostra Repubblica.
Solo su queste basi la politica potrà recuperare la
credibilità necessaria per proporre una soluzione forte e complessiva alla crisi
perdurante e solo con questi prerequisiti sarà per noi possibile impegnarci
nella costruzione di un’alleanza che imprima una decisa svolta all’attuale
gestione della cosa pubblica.
Ci confronteremo puntualmente con tutte le
forze politiche a questo proposito e misureremo la condivisione delle analisi
fin qui esposte, ma sin d’ora è possibile trarre alcune considerazioni.
Con
la Democrazia Cristiana ci sono sensibili distanze su diversi temi: da quelli
etici sui quali in quel partito prevale l’approccio ideologico anziché quello
laico, fino a quelli economici. Abbiamo visioni spesso differenti sul rapporto
con l’Europa, sulla fiscalità, sulla tutela del lavoro, sulla gestione del
territorio e dello Stato Sociale, così come sulla trasparenza. Fermo restando il
dialogo che deve essere mantenuto sui grandi temi come le “regole del gioco”,
ovvero le riforme che riguardano le Istituzioni e i poteri dello Stato, a nostro
avviso la DC non è ancora riuscita a sviluppare un’approfondita analisi sulle
gravi responsabilità di personaggi che sono stati tra i suoi massimi esponenti
del recente passato e che ora devono rispondere alla Magistratura prima ancora
che al Paese. Fintanto che non verranno prese le distanze in maniera chiara ed
inequivocabile da quei comportamenti e da chi li ha favoriti oltre che da chi li
ha messi in pratica riteniamo che l’intero Paese troverà difficoltà a girare
definitivamente pagina.
Con il movimento Noi Sammarinesi abbiamo in passato
condiviso azioni di denuncia di episodi di malcostume e la necessità di
rinnovare profondamente la politica, a volte anche con buoni risultati. Negli
ultimi anni, pur mantenendo un soddisfacente livello di confronto, riteniamo che
l’azione di questo movimento sia andata appannandosi, complice anche l’essere
stati “risucchiati” all’interno della lista e del gruppo consiliare comune con
la DC.
Le vicende giudiziarie che hanno interessato alcuni esponenti
dell’Unione Per la Repubblica hanno inevitabilmente influito sui rapporti con
questa forza politica, che tuttavia ha saputo reagire producendo un
apprezzabile, seppur doveroso, processo di rinnovamento. Dal 2008 abbiamo potuto
sviluppare alcune significative collaborazioni nell’ambito dell’opposizione e
seppure permangano alcune divergenze sul piano programmatico, riconosciamo
all’UpR di essersi sempre rapportata in maniera seria e costruttiva con la
nostra forza politica.
Il Partito Socialista, fa riferimento alla nostra
stessa area politico-culturale, pur con una diversa accezione all’interno della
pluralità di voci che compongono la Sinistra in Europa. Anche con questa forza
politica ci sono stati dei momenti di importante collaborazione in questi ultimi
anni, anche se alcuni atteggiamenti di non sempre facile interpretazione di
alcuni suoi esponenti hanno spesso tolto vigore ad un’azione comune più
incisiva. Data la particolarità dell’attuale momento di forte dialettica interna
al Partito Socialista, non possiamo che attendere gli sviluppi che seguiranno,
anche in considerazione del prossimo Congresso dal quale usciranno indicazioni
più precise in base alle quali valuteremo se verrà dato corso ad un rilancio
delle politiche riformiste e di rinnovamento.
Con il Movimento Rete il
rapporto finora si è caratterizzato per fasi altalenanti. Dal punto di vista
“pratico” abbiamo messo in campo una forte e decisa azione di opposizione
comune, assieme a Civico 10, che ha portato anche a risultati molto importanti
come la vittoria ai due referendum del maggio scorso, il blocco della
realizzazione dell’Istituto Finanziario Pubblico e, seppure con toni diversi,
abbiamo sempre condiviso la necessità del rinnovamento e della moralizzazione
della politica, consapevoli che entrambe le nostre forze politiche rispondono
alla medesima domanda di cambiamento e di svolta. Da parte degli esponenti di
Rete prevalgono tuttora troppe pregiudiziali nei confronti di Sinistra Unita
che, per storia e coerenza, non può in alcun modo accettare di essere
considerata al pari di quei partiti tradizionali che hanno evidenti
responsabilità sulla crisi attuale. Rete oscilla tra una sterile “rivendicazione
della propria purezza” e un approccio concreto a questioni nelle quali possiamo
spesso riconoscerci e lavorare insieme. Qualora da parte loro dovessero cadere
veti e preclusioni, siamo estremamente disponibili a una collaborazione più
stretta per consentire al cambiamento di diventare realtà.
Alleanza Popolare
si è caratterizzata per essere negli anni un movimento con sensibilità molto
simili alle nostre. Pur identificandosi più propriamente tra le forze di centro,
infatti, abbiamo alle spalle numerose collaborazioni, sin dai tempi di
Rifondazione Comunista e Zona Franca, quando si svolgeva un’azione di
opposizione pressoché isolata, e spesso contro i mulini a vento, del gattismo e
dei suoi consociati.
Dal 2006, abbiamo dato vita al governo che ha impresso
la svolta più significativa al nostro Paese, iniziando in maniera irreversibile
il percorso di adeguamento agli standard della comunità internazionale che fino
a quel momento erano rimasti lettera morta, varando tutti i principali
provvedimenti che sarebbero stati utili per uscire dalla zona d’ombra in cui San
Marino era stato collocato dalla politica spregiudicata degli anni ’90 e primi
2000. L’interruzione anticipata della legislatura e le scelte successive
compiute da AP hanno portato ad un suo inevitabile allontanamento da SU, e ad un
confronto politico molto serrato, dovuto anche alle aspettative suscitate e alla
consapevolezza di avere entrambi un elettorato esigente e molto attento al
metodo di governo. Nella legislatura attuale abbiamo apprezzato alcune prese di
posizione di AP che hanno posto sul tavolo della verifica elementi oggettivi di
riflessione e di critica.
Considerando non più rinviabile la soluzione di
temi come la questione morale e la necessità di un nuovo metodo, riteniamo che
se AP tornerà a porre al centro queste specificità, potranno approfondirsi i
confronti creando nuove collaborazioni.
Anche con il PSD abbiamo condiviso
un’esperienza di governo, nel 2006, pur con alcune turbolenze dovute ad alcuni
episodi che hanno creato qualche difficoltà alla maggioranza, e una successiva
legislatura di opposizione, anche se in questo caso, l’ultimo periodo ha visto
questo partito sfilarsi progressivamente fino ad entrare organicamente nella
coalizione di governo diventata poi “Bene Comune”. I risultati insoddisfacenti
dell’attuale maggioranza, specialmente per quanto riguarda il rilancio
dell’economia e la ripresa occupazionale, devono far riflettere anche questa
forza politica sulla sua attuale collocazione. Abbiamo un comune riferimento
valoriale, anche se non sempre coincidente, il quale non può non fare constatare
che solo ritrovando un’unità d’azione tra le forze della sinistra è possibile
vedere realizzato un progetto progressista che possa offrire ai Sammarinesi
un’alternativa alle politiche di conservazione incardinate sulla DC. Attendiamo
tuttavia che il PSD completi il processo di rinnovamento intrapreso, e che dovrà
dare risposte decise non solo in termini di discontinuità ma anche di forte
cesura con gli atteggiamenti messi in atto da alcuni suoi esponenti entrati a
fare parte a pieno titolo della questione morale. Auspichiamo comunque che una
seria analisi delle priorità e delle emergenze da affrontare potrà portare a
significative convergenze.
Con il Movimento Civico 10 nel 2012 abbiamo dato
vita ad un’alleanza dinamica e innovativa, ovvero la coalizione Cittadinanza
Attiva. La collaborazione intrapresa, considerando la prima esperienza politica
per diversi esponenti di quel movimento, ha dato risultati al di sopra delle
aspettative sia per quanto riguarda l’intesa sul modo di condurre l’opposizione
in Aula e nel Paese, sia per quanto riguarda le priorità da mettere in campo per
rispondere alla crisi. Al di là di alcuni ulteriori approfondimenti da svolgere
sul tema del lavoro, registriamo una convergenza molto forte su numerosi punti,
a partire da quelli già sottoscritti nel programma elettorale di
coalizione.
La coalizione è per noi un solido punto di partenza da
riconfermare e da aprire in vista di un suo ampliamento necessario per creare
una forte alternativa di rinnovamento e di innovazione che possa portare San
Marino ad essere un Paese evoluto e moderno in linea con le più avanzate
democrazie europee.
3.3 Conclusioni
Nessuno può negare l’enorme
difficoltà di dover gestire una situazione critica e drammatica come nel Paese
non se ne vedevano uguali da almeno cinquant’anni. Tuttavia la sensazione che
emerge dall’azione dell’attuale Governo è quella di un motore stanco, che perde
colpi, incapace di vera innovazione, che a volte pasticcia e soprattutto, non
volendo ammettere la verità, assume toni troppo rassicuranti.
Concordo che
si debba essere positivi, guardare avanti e ispirare fiducia nel nostro sistema,
ma partendo dall’analisi realistica dei dati di bilancio e dalle plausibili
aspettative che questi ci offrono, non affidandosi al caso con cieco fatalismo.
Eppure c’è chi crede in questa narrazione consolatoria, perché in questo momento
tutti abbiamo bisogno di rassicurazione, di credere contrariamente a ogni logica
che le cose stanno meglio di come sembra, che nelle stanze dei bottoni ci sono
persone che tengono ben strette fra le mani, con saggezza, lungimiranza e
controllo, le redini del comando; che sanno tenere a freno gli egoismi di parte
e difendere l’interesse superiore dello stato e dei suoi cittadini.
Invece
la parte razionale di noi ci parla di un governo penosamente inadeguato che è
riuscito, con una certa dose di preoccupante imperizia, a fornire una motivata
ragione o – secondo le opinioni – un ragionevolissimo pretesto ai commercianti
per opporsi all’introduzione della Smac obbligatoria. Perché? Perché il
dispositivo tecnico è ancora inefficiente e non tutte le casistiche di incasso
sono state adeguatamente approfondite. Oggi il sindacato richiama il Governo al
suo dovere di garantire l’equità fiscale, pretende che la categoria dei
commercianti contribuisca più significativamente in base all’accertamento del
proprio fatturato e respinge con forza il tentativo di far gravare
esclusivamente sui lavoratori dipendenti il carico fiscale. E’ la prima volta
che si apre un conflitto aperto fra lavoro dipendente e lavoro autonomo, e ci
auguriamo che questo non trascenda in conflitto sociale.
Ogni politica
pubblica non può essere altro che una teoria del cambiamento sociale e le teorie
vanno costruite e poi applicate alla realtà. Ma con coerenza e assertività.

Bisogna credere di più nell’economia reale e smetterla con le avventure, ma
se lo stesso ammontare delle risorse impiegate per salvare le banche fosse
indirizzato alle famiglie e alle imprese che ne hanno bisogno per consumare,
investire e assumere, se ogni sforzo fosse mirato a tenere sotto controllo gli
egoismi e a investire nell’istruzione, nella riqualificazione professionale dei
disoccupati, nelle reti di protezione sociale, nella ricerca scientifica, forse
potremmo vedere la famosa luce in fondo al tunnel.
Per ora vediamo solo cure
da cavallo e auguro a tutti noi e al nostro Paese che non siano fatali,
soprattutto per i più deboli che in questa temperie debbono avere il coraggio di
unirsi, che siano pensionati, lavoratori, imprenditori, commercianti, per far
sentire la loro voce e pretendere di non essere i soli a soffrire mentre i più
forti pretendono di uscire indenni dalla crisi.
Ma c’è anche un altro
rischio, che le cure da cavallo, oltreché odiose, siano inutili. Perché il
pragmatismo del fare non serve a nulla se non è posto al servizio di un’idea di
Paese, e lo zibaldone confuso del governo affiancato da un fisco oppressivo non
serve a nulla se il modello per il quale sono pensati non è il migliore
possibile per noi.
Per questo dovrà essere un modello che abbia il sapore
del realismo e dell’utopia.
Altre volte nel corso della sua storia la
Repubblica di San Marino è stata capace di non perdersi e di riagguantare
all’ultimo istante il filo della sua storia, noi di Sinistra Unita siamo certi
che questo piccolo angolo di mondo ci riuscirà anche questa volta.

Francesca Michelotti
Presidente del Gruppo Consiliare di Sinistra
Unita
Il discorso del Presidente Gastone
Pasolini:
Care Compagne e Cari Compagni della Presidenza, gentili
Ospiti, rappresentanti delle Forze Politiche, Sociali ed Economiche, Compagne e
Compagni, Aderenti, elettori di Sinistra Unita, Cittadini.
come Presidente di
Sinistra Unita, è con viva e vibrante soddisfazione che sono qui ad aprire
ufficialmente il nostro Primo Congresso.
Il percorso che ci ha portato fino
ad oggi è iniziato esattamente 10 anni fa, quando Zona Franca e Rifondazione
Comunista hanno deciso di dare vita ad un progetto comune, che ci ha visto
fianco a fianco nelle elezioni del 2006 come gruppo federativo e che, con le
elezioni del 2012, ci ha visto pronti a lasciare da parte i simboli delle due
parti ed unirci sotto quello di Sinistra Unita, come lo conosciamo oggi.
Il
viaggio è stato lungo, ma necessario per consolidare la volontà di costruire
insieme un’alternativa per questo nostro amato Paese: sono le persone, tutte le
Compagne e tutti i Compagni, che giorno dopo giorno hanno portato avanti il
progetto politico di Sinistra Unita.
La volontà di vivere insieme
un’esperienza e il coraggio di cambiare sono i due elementi che ci hanno unito,
ogni giorno sempre di più, e hanno fatto sì che le differenze, le storie e i
percorsi di ognuno di noi, siano stati – e siano – fonte di crescita e ricchezza
per tutti.
L’unione l’abbiamo costruita, passo dopo passo, dalla base, dalle
persone che fanno Sinistra Unita, e di questo credo che ognuno possa esserne
orgoglioso.
Questo traguardo, Compagni, non è stato scontato ed immediato,
perché abbiamo passato momenti non facili, con persone a cui avevamo dato
fiducia e che invece ci hanno ferito, pensando che il progetto di Sinistra Unita
naufragasse.
Abbiamo avuto momenti di sconforto, ma li abbiamo superati, e
l’evento di oggi ne è una dimostrazione: abbiamo avuto la forza di non mollare,
di restare uniti e di credere fermamente in un progetto politico che possa
essere di alternativa e di riscatto per il Paese.
Ci siamo rialzati e abbiamo
continuato il nostro cammino e la nostra azione politica anche per tutti quei
Cittadini che negli anni ci hanno dato fiducia e hanno creduto in noi, facendoci
crescere, anche a livello di consensi: basti pensare alle elezioni del 2012
quando –rispetto agli altri Partiti tradizionali che hanno segnato significative
perdite – noi abbiamo aumentato i nostri consensi, il numero di seggi e le
percentuali.
Le cadute, se così le possiamo chiamare, ci hanno rafforzato e
unito ancora di più, ci siamo rimboccati le maniche e abbiamo deciso di andare
avanti, perché abbiamo la certezza che ogni caduta è una sfida per rialzarci e
intraprendere un nuovo cammino, perché il futuro lo si conquista giorno dopo
giorno, con il dovere di programmare e costruire, per lasciare un qualcosa alle
generazioni più giovani e a quelle che ancora devono nascere.
Siamo arrivati
al nostro primo Congresso, Compagni, cercando la condivisione delle idee e dei
progetti. Per questo abbiamo svolto numerose assemblee durante lo scorso
autunno, perché volevamo che il documento di base fosse espressione di tutti, ed
è proprio per questo motivo che si è deciso di chiamarlo “La Forza delle Persone
e delle Idee”.
Perché è di questo che si tratta: di persone, Compagni, che
si sono messi a disposizione del progetto di rilancio dell’azione del Partito,
per guardare oltre le difficoltà che questa crisi economica ha generato, nella
convinzione che solo avendo coraggio e determinazione nel portare avanti un
progetto, si possa veramente voltare pagina.
La situazione critica che stiamo
attraversando è frutto di una crisi del nostro sistema economico e finanziario
che non ha saputo reagire all’ondata della crisi economica: di conseguenza,
abbiamo visto tantissime aziende chiudere e il numero di disoccupati crescere
vertiginosamente.
A questo si va ad aggiungere il fatto che il nostro
sistema non era pronto a gestire periodi di disoccupazione lunghi, e quindi
spesso le persone esauriscono gli ammortizzatori sociali senza trovare nuovo
impiego: questo è il caso soprattutto delle persone che hanno superato i 45-50
anni, le quali faticano a trovare una ricollocazione nel mondo del lavoro.
La
crisi ha colpito le fasce più deboli della società, ha tolto valore al lavoro e
ha lasciato diffondere con sempre più prepotenza l’idea malsana di flessibilità
– sinonimo, a San Marino come nella vicina Italia, di precarietà – legandola
indissolubilmente alla chimera di un tanto decantato e mai verificato aumento
della produttività.
Sinistra Unita guarda con preoccupazione a questo triste
fenomeno e al sempre più preoccupante numero di disoccupati: la soglia di 1500
persone senza lavoro è stata drammaticamente superata e questo mina la stabilità
dello stato sociale stesso.
Stato sociale, Compagni – quello sammarinese –
invidiato da tanti al di fuori del nostro territorio.
Per questi motivi
Sinistra Unita propone con forza un modello economico e una prospettiva per il
mondo del lavoro che siano alternativi e solidi, a differenza dei modelli
adottati fino ad oggi che si sono dimostrati fallimentari, in quanto
inefficaci.
Servono nuove risposte!, dobbiamo smettere di cercare soluzioni
da altre parti, senza tenere veramente in considerazione la peculiarità e le
opportunità di San Marino!
Serve un’economica reale, a difesa della parte più
sana dell’impresa che produce beni e servizi concreti. Difendere e promuovere la
nascita di imprese sane per difendere i lavoratori, attraverso politiche serie
ed efficaci.
Dobbiamo smettere di cercare soluzioni da altre parti, senza
tenere veramente in considerazione le peculiarità e la opportunità di San
Marino!
Serve un’economia reale, a difesa la parte più sana dell’impresa che
produce beni e servizi concreti. Difendere e promuovere la nascita di imprese
sane per difendere i lavoratori, attraverso politiche serie ed
efficaci.
D’altro canto, la necessità deve essere quella di proteggere i
lavoratori disoccupati che hanno finito le coperture sociali: a questo proposito
abbiamo proposto di introdurre il lavoro minimo di cittadinanza, un progetto di
Sinistra Unita che ha subito trovato la condivisione del nostro alleato di
coalizione Civico 10, attraverso un nostro emendamento presentato nell’ultima
finanziaria che verrà ripresentato sotto forma di progetto di legge.
Le
parole d’ordine per il presente e per il futuro di San Marino devono essere
concretezza e coerenza, trasparenza, legalità, moralità e serietà: solo così la
politica può recuperare la credibilità perduta agli occhi dei Cittadini e
tornare a scriversi con la lettera maiuscola.
Concludo, Compagne e Compagni,
nel dire che il Partito di Sinistra Unita non ha bisogno di aggettivi, perché
dei valori che ho citato pocanzi ne abbiamo fatto una bandiera non limitandoci a
decantarli, ma declinandoli nella pratica quotidiana della nostra azione
politica, nel supremo interesse del Paese e dei Cittadini.
Grazie della
vostra attenzione e che i lavori di questo Congresso siano profiqui e di
arricchimento del nostro progetto.
Gastone Pasolini
Presidente
Sinistra Unita
(da Smtv San Marino)

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