CONSIGLIO GRANDE E GENERALE 12-20 LUGLIO
LUNEDI’ 17 LUGLIO_II
Nella
serata di ieri è proseguito il dibattito consiliare sulla crisi politica in
atto, in cui sono previsti 62 interventi in Aula.
Di
seguito un riassunto degli ultimi interventi della giornata, tra cui quelli del
segretario di Stato per l’Industria, Marco Arzilli, e del segretario di Stato
per le Finanze, Pasquale Valentini.
Il
dibattito continuerà anche nella seduta odierna.
Federico Bartoletti,
Pdcs:
“Vorrei ringraziare i consiglieri
che hanno permesso di discutere delle dimissioni in questa seduta, perché erano
41. Sono contento perché in qualche modo l’odg è passato, si potrà
ottenere trasparenza maggiore per
comprendere ancor meglio alcune situazioni che si sono verificate.
Non intuivo nulla delle motivazioni di Casali e Morri. Mi risultavano le loro
azioni abbastanza nebulose, prima degli interventi fatti oggi. Posso assicurare
che se ci sono le condizioni per fare questo ulteriore passaggio, per dare il
tempo di ratificare gli accordi, bene, se non ci sono, ieri io presento le mie
dimissioni, non stasera o domani. Non ho alcun punto di problema a fare questa
scelta. Bisogna vedere se ci sono le condizioni per portare avanti questa
situazione. La scelta dei miei ex amici, intendo come colleghi di gruppo
consiliare, prima della loro scelta credo che abbiano dato una spallata al
Patto. Ho detto a Menicucci che ciò che per lui era un problema per me era la
soluzione, e viceversa. C’è un percorso che ha sempre cercato la collaborazione
e la condivisione dell’aula consiliare. Nella commissione finanze che ho
l’onore di presiedere molti provvedimenti hanno preso corpo. Abbiamo prima
esaminato, per non parlare di zucche e cetrioli, ma
pesando le parole, il getto tributario reale che lo stato ha ricevuto nel 2009
e abbiamo dedicato molte commissioni per capire com’era strutturato, e io
chiedo ai cittadini di capire e sfatare il luogo
comune che qui pagano sempre i soliti noti. Quella situazione oggi non c’è più,
i dati sono spietati. Non c’è grande differenza tra le categorie. L’università
non è una questione che non è stata dibattuta”.
Giuseppe Morganti, Psd:
“Ci siamo trovati
di fronte a una crisi inenarrabile. Non credo che crisi dipenda solo da fattori
internazionali. Al 70% dipende da fattori congeniti a San Marino. Quel tipo di
politica non poteva che portare a questa crisi. Il governo ha vissuto il più
brutto periodo della storia dal dopoguerra in avanti. Ricordo il rapporto
difficilissimo con il ministro Tremonti, e non solo a livello personale.
Alla fine ci siamo ritrovati anche a combattere contro inchieste giudiziarie
pericolosissime.
Tutto questo ha creato macerie, ha raso al suolo San Marino. Alla fine
veramente siamo cambiati. Quando qualcuno usava la parola trasparenza fino a
qualche anno fa veniva tacciato di essere un traditore della patria, oggi ci
troviamo invece in una nuova direzione. Il Paese è strutturalmente cambiato.
Prima la lettera, poi l’accordo del 13 di giugno, fondamentale. Dobbiamo ricostruire
il paese. Fuori dalla blacklist innanzitutto, poi accordo con Bankitalia, il
terzo passo importantissimo è la riforma tributaria. Che non può essere fatta
senza la questione sociale. Un altro dei grandi temi è il rapporto con l’Unione
europea. Io preferirei parlare di adesione. Stiamo vivendo una fase importante della nostra vita
politica. Si delinea oggettivamente una volontà esplicita per viaggiare verso
direzione politica etica nuova. Il
Psd c’è. Ci vuole essere. Pretenderà di
esserci”.
Alberto Selva,
Ap:
“Alle voci di crisi di governo dello scorso fine settimana molti cittadini, che
prima con me criticavano la maggioranza, hanno espresso arrabbiatura, perché il
momento è sbagliato. Comunque abbiamo assicurato quasi quattro anni di governo,
nonostante momenti difficili. Sia come sia, i cittadini non comprendono la
crisi, dei bizantinismi della politica hanno le tasche piene.
Ringrazio i segretari di Stato
dimissionari per avere spiegato le loro motivazioni. La lettera di dimissioni
non le conteneva ed è la prima volta che succede: c’è stato poco rispetto per
le istituzioni. Oggi ho così capito quanto è diverso il mio modo di fare
politica, io penso ai contenuti, voi a fare accordi e a essere nelle
maggioranze di governo. La Dc vi escludeva dal prossimo esecutivo, questa è la
motivazione.
Ora
andremo alle elezioni anticipate, ma non fermeranno né la commissione
d’inchiesta né la questione morale. Speriamo in un percorso il più breve
possibile, non possiamo permetterci di non avere un governo. Gli elettori
saranno i giusti giudici del nostro operato”.
Federico Pedini
Amati, Psrs:
“E’ la fine del governo delle
meraviglie, finalmente. Le problematiche che hanno portato alla crisi del Patto
per San Marino, conclamato nelle dimissioni giuste di Casali e Morri, sono
partite quando un partito di opposizione, il Psd, in maniera conclamata ha redatto un atto con
Ap e Pdcs dicendo questa è la nuova coalizione futura nel frattempo votiamo la
riforma fiscale. I voti che si prendono dall’opposizione conclamano di fatto la
fine del Patto per San Marino che non ha la possibilità di portare a compimento
quel tipo di riforma che va ad aumentare le tasse a fine legislatura.
Voi,
in barba alle dimissioni di due segretari di Stato, un quinto del governo, date
le deleghe ad altri di voi e andate avanti su riforma fiscale che è uno dei
pilastri del Paese. Come si può a
portare avanti una forzatura del genere? E qui date degli irresponsabili
a chi ha detto ‘svegliamoci il Patto non c’è più?”.
Nicola Selva, Upr:
“L’unica direzione che deve prendere
questo dibattito è l’interesse generale del Paese. Non tiriamo troppo la corda. Prima le
banche, poi le tasse e gli accordi politici. Avete creato delle tensioni che
hanno portato a questa crisi. Il vero problema è la mancanza di risposte al
Paese e il ritiro della delegazione di governo è l’ennesimo segnale. Ora spero
ci sia maggiore consapevolezza della situazione. Serve una grande apertura alla
società, ascoltare i cittadini e le associazioni. Serve grande umiltà, è
inutile il braccio di ferro politico. Sarebbe necessario un governo di
emergenza per accompagnare il Paese a fine legislatura e prendere scelte
urgenti e di prospettiva. Non ci sono altre vie per evitare le elezioni
anticipate, altrimenti ritorno alle urne e vuoti di governo per qualche mese.
La maggioranza ha vissuto delle difficoltà e delle rotture che hanno portato a
una riduzione nei numeri. L’Upr ha contribuito mettendo poi in campo
un’opposizione costruttiva e coerente. Dobbiamo uscire dalla crisi con una soluzione
migliore per il Paese, sia da stimolo per il rilancio. Ristabiliamo un clima di
rispetto reciproco”.
Enzo
Colombini, Su:
“Il dibattito sta segnando una
distanza ancora maggiore della politica e delle istituzioni dal Paese reale. Si
usa la retorica per argomentare, è un esercizio strumentale a bypassare il
fatto che c’è la crisi di governo. E’ inutile fare i conti con la
rappresentanza politica di un tempo e fare previsioni sulle risultanze
elettorale, bisogna tener conto che sono cambiati gli scenari, i partiti
maggiori sono in crisi di rappresentanza, i sentimenti di antipolitica e la
bocciatura del sistema che conosciamo è sentita vistosamente fuori da questo
palazzo. E questa crisi politica alimenterà ancora di più la distanza con i
cittadini. Sulla riforma tributaria, controversa e discutibile, auspico che la
maggioranza non faccia forzature, si prenda atto della fine della legislatura e
si vada alle elezioni. Poi se ci sono delle iniziative concrete da
intraprendere per l’esame Ocse di settembre, valutiamoli, se c’è concorso di
tutti i partiti li possiamo portare in Consiglio, ma non questa riforma
tributaria”.
Marco
Arzilli, segretario di Stato per l’Industria:
“E’
un dibattito importante. Questa maggioranza ha fatto una campagna elettorale
chiara, mettendo al centro l’interesse generale. La Lista della libertà è nata
per cambiare linguaggio e per agire per la moralità. Parlava
di Paese e 1.300 elettori ci hanno creduto. Voti misti che ci riconoscevano un
linguaggio diverso che ora in parte viene a mancare.
Non è il governo delle meraviglie,
ma ha cambiato il Paese. Sono state prese scelte difficili ed è stato
dimostrato attaccamento a San Marino. Con i colleghi Morri e Casali abbiamo
condiviso molte cose, ma oggi il linguaggio è diverso. La crisi si fa per
questioni politiche e per i giochini: a me non interessano, non hanno senso
ora. E’ da qui che nasce l’irresponsabilità.
Ci sono appuntamenti fondamentali, con
l’Italia ma anche con l’Ocse, la cui verifica sarà severa. Che bello allora se
avessimo sacrificato gli interessi politici al bene del Paese. Invece siamo
chiusi in Aula come se fossimo su un altro pianeta. Eppure in questi anni
abbiamo fatto cose impensabili, come gli interventi su Finproject e Banca
commerciale sammarinese, istituti prima intoccabili. Abbiamo messo in campo
azioni forti per cambiare il Paese e ora non facciamo l’ultimo miglio: è
incomprensibile.
Il Patto non c’è più, ma è difficile
pensare che sia per il dialogo Pdcs-Psd. Noi non siamo preoccupati, non eravamo
al tavolo, ma eravamo informati. Quello che non riusciamo a fare è cambiare la
mentalità politica e chiudere le emergenze. Ora dobbiamo dare risposte in
fretta e chi è legato alla vecchia politica pagherà le conseguenze. Dalle
prossime elezioni emergerà un quadro politico diverso, ma sarà comunque
difficile confrontarsi con chi ha messo il Paese in pericolo”.
Pasquale
Valentini, segretario di Stato per le Finanze:
“Le
dimissioni dei due colleghi e il ritiro delle rispettive delegazioni mettono in
difficoltà la maggioranza che non ha i numeri sufficienti di fronte a qualsiasi
votazione. Voglio partire da quello che era il pensiero che ritenevo avesse
dato vita a questa coalizione. Quando nel 2007 mi sono trovato alla
responsabilità politica della Dc, é iniziato un percorso che ha trovato le
convergenze che hanno portato alla coalizione del Patto per San Marino, nata
con un obiettivo preciso. Ovvero, dimostrare che si può fare una politica che
abbia al primo posto l’interesse del Paese e che ci siano forze politiche che
abbiano questo scopo come motore della loro azione. Le difficoltà sono state
tante, ma questo è stato un richiamo continuo. Il partito di maggioranza
relativa più volte ha richiamato sè stessa e i suoi alleati a questo principio
fondante. Essendo il partito più grande, aveva più forza per farlo. E’ quello
che ha tenuto in piedi la coalizione nei momenti difficilissimi attraversati in
questi 4 anni. Pensavamo che la conclusione sarebbe stata diversa, che si
arrivasse a fine legislatura con la capacità di valorizzare il percorso fatto e
di rilanciarlo, con i dovuti aggiustamenti nella composizione stessa della
coalizione. Ma ci sembrava importante dare ancora l’idea che la politica non
nasce sempre sullo sfascio di ciò che c’era prima, ma dando valore e continuità
ai percorsi compiuti insieme. Dopo la firma dell’accordo con l’Italia ci
sembrava logico raccogliere il
massimo beneficio, purtroppo non é stato così. Al di là di
tutte le buone intenzioni, di fatto, quello che è accaduto ci costringe a
interrompere bruscamente il percorso di implementazione di questi accordi
bilaterali. Non posso pensare che chi ha fatto questo gesto non ne avesse
consapevolezza. Il Paese sicuramente non aveva bisogno ora di instabilità
politica, e allo stesso modo il Paese non ha bisogno di soluzioni confuse e
pasticciate. Fare subito oggi questo dibattito per chiarire ai cittadini le
nostre intenzioni è fondamentale.
Ho
colto due tipi di motivazioni delle dimissioni, una legata al percorso politico
della Dc e una al progetto di riforma tributaria. Il percorso politico dlela Dc
è stato quello di credere fortemente all’esperienza di coalizione. Anche
nell’ultima fase, ha ribadito la necessità di ricercare condivisione sui
percorsi nodali per Paese. In questo, l’apertura all’area socialista è sempre
stata dichiarata. Ma siamo qui a celebrare che da quel percorso fatto insieme
qualcuno ha deviato. Un po’ alla volta le forze si sono tolte dal Patto perché
sono prevalse altre logiche all’interesse del Paese. Qualcosa si è interposto
allo scopo iniziale della coalizione. Voglio lanciare un messaggio positivo.
Oggi si tratta di capitalizzare il percorso fatto. Chi mi dice che non c’è un
progetto per il Paese non dice una cosa vera. Il cammino di trasformazione
fatto è la carta più importante che si può mettere in conto. Quel cammino ha
visto la condivisione anche delle forze di opposizione e anche il Psd in certi momenti ci ha
messo la faccia. Per
questo dal Psd è venuta avanti l’idea che quella politica per cui l’interesse
del Paese deve essere al centro è percorribile. Questa prospettiva di
proseguire sul cammino intrapreso non può prescindere dalle collaborazione
emerse in questi due anni. In questa collaborazione ci sta anche la riforma
tributaria, come esigenza che ha il Paese all’interno e per presentarsi
all’esterno. Non è la riforma del sindacato, ha visto coinvolgimento di tutte
le forze del Patto, delle forze economiche e sociali. Nell’ultimo tratto sono
state modificate alcune cose che abbiamo cercato di riequilibrare, ma non si
prendano a pretesto. Se lo si fa, significa che ci sono altre prospettive. C’è un momento in cui metterci la faccia è
dire ai cittadini cosa è possibile e cosa non, con senso di responsabilità.
Sarebbe un tradimento dire ai cittadini che possono sussistere certe cose che
non sono possibili”.