Antonio Fabbri – L’Informazione di San Marino: Mazzette nei cantieri, dopo la ricusazione le arringhe finali: “niente prove e testi inattendibili”

Antonio Fabbri – L’Informazione di San Marino: Mazzette nei cantieri, dopo la ricusazione le arringhe finali: “niente prove e testi inattendibili”

L’Informazione di San Marino

 Giunge alla conclusione il processo scaturito dalla commissione antimafia, ma per la sentenza occorrerà attendere la decisione dei Garanti

 Mazzette nei cantieri, dopo la ricusazione le
arringhe finali: “niente prove e testi inattendibili”

Antonio Fabbri  

Si apre con la ricusazione del
giudice Alberto Buriani il
processo sulle mazzette nei
cantieri. Più precisamente la
ricusazione era stata presentata
venerdì scorso, ma è stata
ufficializzata ieri in udienza
dallo stesso giudice in apertura
di seduta. La ricusazione è
stata presentata da uno dei due
imputati principali, Davide
Mularoni ex ispettore del
Servizio Igiene ambientale,
davanti al giudice assieme
al collega Paolo Berardi in
quanto accusato di aver preso
mazzette per ammorbidire o
evitare controlli nei cantieri
della galassia Bacciocchi.
La ricusazione
Presentata personalmente
dall’imputato, l’istanza riguarda
presunti motivi di posizione
preconcetta del decidente,
il giudice Buriani appunto,
“idonei a far ritenere compromessa
la sua imparzialità e la
serenità di giudizio”. Secondo
l’imputato, il quale ha fissato
le motivazioni in una ventina
di pagine di ricusazione molto
articolata, il decidente avrebbe
tenuto comportamenti “palesemente
ostili” che sarebbero
desumibili da decisioni di
diniego su prove presentate a
discarico e sulle posizioni degli
imputati.
Sulla ricusazione dovrebbe
decidere il giudice per i rimedi
straordinari, che tuttavia, dopo
la cessazione dell’incarico
del precedente giudice, non è
stato ancora rinominato. La
ricusazione, dunque, andrà in
mano ai Garanti che dovranno
designare un esponente del
Collegio che valuterà in veste
di giudice unico per i rimedi
straordinari.
Intanto, però, il giudice Buriani
ha deciso di andare avanti
con l’udienza, nonostante la
ricusazione. Una decisione
presa sulla scorta di un caso
analogo sul quale il Collegio
Garante si era già pronunciato.
Era accaduto nell’ambito del
processo Biagioli. Di fronte
alla ricusazione del giudice
Gilberto Felici, i Garanti avevano
interpretato le norme
vigenti sostenendo che il procedimento potesse andare avanti
salvo la pronuncia della sentenza,
che deve attendere la decisione
sulla ricusazione. Si è dunque
proceduto con le conclusioni.
L’eccezione di costituzionalità
In apertura di udienza l’avvocato
Antonio Masiello, che
ha assunto la difesa in tandem
con l’avvocato Alessandro Petrillo
(foto) dopo la rinuncia al
mandato dell’avvocato Chiara
Taddei, ha presentato eccezione
di costituzionalità lamentando
la violazione della Convenzione
europea dei diritti dell’uomo
prorpio relativamente alle norme
che regolano l’istituto della ricusazione.
Di fatto viene sollevata
l’incostituzionalità della norma
in quanto questa farebbe sempre
ricadere la responsabilità della
ricusazione sull’avvocato, anche
quando questa venga presentata
autonomamente dell’imputato
seppure in disaccordo con il
legale che svolgerebbe in tal
caso una mera funzione tecnica.
Sollevata questione di costituzionalità
anche sul fato che la legge
demandi allo stesso giudice ricusato
le valutazioni sul possibile
intento dilatorio dell’istanza.
Anche sulle eccezioni di costituzionalità,
una volta che il giudice
abbia deciso sulla non manifesta
infondatezza della questione posta,
la decisione spetterà al collegio
Garante di costituzionalità
delle norme.
Le arringhe difensive
Dopo che la volta scorsa era toccato
alle conclusioni delle parti
civili, del procuratore del fisco e
dell’avvocato Federico Fabbri
Ercolani che patrocina Marco Mini, ieri è toccato ai difensori
degli altri imputati. Ha iniziato
l’avvocato Andrea Belluzzi,
che difende Michel Philippe
Burgagni e Laura Zanetti
titolari all’epoca della Style Decore,
società facente parte della
“Galassia Bacciocchi”. Nei loro
confronti il Pf Roberto Cesarini
aveva chiesto una condanna a
4 anni e tre mesi di prigionia e
quattro anni di interdizione dai
pubblici uffici e diritti politici.
Richieste contestate dal difensore,
così come rigettata è l’accusa
di aver pagato le mazzette. Chiesta
dunque l’assoluzione degli
assistiti.
La difesa Proietti
Rigetta le accuse le accuse mosse
al proprio assistito, Maurizio
Proietti – anche per lui il Pf ha
cheisto 4 anni e 3 mesi – l’avvocato
Maurizio Simoncini che
fa leva sulla ritrattazione della
Zanetti la cui versione è ritenuta
attendibile in questa seconda
fase e non nella prima, dove le
accuse erano mosse “da motivi
di risentimento nei confronti di
Bacciocchi”, ha detto Simoncini.
Ma l’avvocato Simoncini
contesta anche le altre testimonianze
assunte. In primis quella
di Ivana Ugoccioni. “Potremmo
definirla la smemorata di Dogana, visto che le dimenticanze sono una costante di tutta la sua deposizione”,
ha detto Simoncini
sollevando il fatto che in prima
battuta davanti alla Commissione
antimafia aveva affermato di non
ricordare. Il legale contesta anche
la posizione di Marco Mini,
reo confesso: “Aveva anche lui
dei motivi di risentimento verso
Bacciocchi”. Poi aggiunge: “Il
mio assistito è stato tirato in ballo
in quanto amministratore di
alcune società, ma qui si ravvisa
una incongruenza: perché, per
esempio, Raimondi, altro amministratore,
non è stato chiamato a
rispondere?” L’avvocato Simoncini
definisce “espressioni immaginifiche”
le affermazioni di
Marco Mini e aggiunge: “stupisce
che di fronte a queste l’inquirente
non solo indaghi, ma rinvii
a giudizio”. Di qui la richiesta di
assoluzione. Medesima posizione
tenuta dall’Avvocato Enrico
Cipriani, anche lui della difesa
Proietti. Dopo aver paragonato
la vicenda al processo Tortora,
ritenendo che l’accusa si basi su
prove testimoniali prive di riscontro,
Cipriani ha contestato la
testimonianza della Ugoccioni,
rendendo noto di averla denunciata
a San Marino e in Italia per
falsa testimonianza ed ha annunciato
che i legali stanno vagliando
come procedere per lo stesso motivo nei confronti di Mini, che
è coimputato. Quindi ha chiesto
l’assoluzione del suo assistito,
Maurizio Proietti, per non aver
commesso il fatto.
La difesa Bacciocchi
“La verità è che Bacciocchi
aveva in mano le redini dei
finanziamenti e che tutti quelli
che volevano fare impresa si
rivolgevano a lui per ottenere
finanziamenti, appunto. Non c’è
niente di più di questo”. Così ha
iniziato al sua arringa l’avvocato
Simone Sabattini, difensore
di Livio Bacciocchi – per lui il
Pf ha chiesto 5 anni e 9 mesi –
sottolineando come il rapporto
con le varie società da parte del
notaio derivava semplicemente prodal
fatto che era lui a concedere i
finanziamenti e “non c’è nulla di
strano in tutto questo”. Non solo.
L’avvocato Sabattini ha sottolineato
che “Marco Mini è inattendibile.
Tutte le persone che ha
chiamato in causa sono venute
qui a testimoniare il contrario di
quanto da lui sostenuto. Inoltre,
nel corso delle sue deposizioni,
ha aggiustato le testimonianze
e questo è un chiaro segno di
inattendibilità”, ha affermato
Sabattini. Sulla teste chiave il
legale ha sottolineato che “la
Ugoccioni di Bacciocchi non ha
parlato. Anzi, a precisa domanda
su quei documenti dove c’era la
dicitura ‘isp’ o ‘ispet’, documenti
che sarebbero stati la pistola fumante,
ha risposto che quei fogli
non sono mai stati mandati allo
studio Bacciocchi”.
Anche Sabattini ha parlato di
ragioni di inimicizia tra Mini e
Bacciocchi che avrebbe motivato
la posizione di reo-confesso con
una “personalità compromessa
da silenzi, dagli interessi, dalle
lacune e dai tentativi pasticciati
di rimettere a posto le cose dopo
che le dichiarazioni sono state
rese”. “Concludo – ha detto
l’avvocato Sabattini – chiedendo
l’assoluzione perché il fatto non
sussiste”.
La difesa Berardi-Mularoni
A chiudere le arringhe conclusive
è stato l’avvocato Alessandro
Petrillo, legale dei due ispettori
dell’ex Sia. “Credo di averlo
ripetuto a iosa, tanto che ormai
ne sono impregnate le preti di
quest’aula: esprimo il disagio
con cui mi accingo a discutere
questo processo. Deriva dal
fatto che le motivazioni con
le quali contavo di dimostrare
l’innocenza dei miei assistiti non
hanno trovato accoglimento in
quest’aula, con il risultato di un
processo che dire monco è poco.
Avremmo voluto sentire anche i
membri della Commissione antimafia
perché avremmo voluto
da loro delle spiegazioni. Perché
se facciamo i conti con quanto
detto da Ugoccioni e Mini non si
può sorvolare su quanto detto in
quella sede dai due”.
Petrillo rileva che in Commissione
di inchiesta inizialmente
la teste non aveva risposto.“Avremmo voluto capire come
mai una testimone diventa da
reticente a prodiga di dichiarazioni
– ha detto l’avvocato – O
quei documenti esistono e qualcuno
ce li vuole fare vedere, o
quei documenti non esistono…”
Documenti con i quali, secondo
quanto riferito da Petrillo, in
commissione antimafia si sarebbe
indotta la testimone a parlare.
“Le è stato detto dai commissari
‘io ho la prova di quello che stai
dicendo’. E’ un atteggiamento
quanto meno suggestivo”, rileva
Petrillo. Poi sull’accordo per le
mazzette: “Nessuno ci dice dove,
come, quando e tra chi questo
accordo criminoso sia stato stipulato.
Ed è stato tirato dentro
Bacciocchi perché, se nel cerchio
magico che ha costruito l’accusa
manca Bacciocchi, crolla tutto”.
Poi le prove documentali. “La
prova degli estratti conto è poca
cosa anche perché le movimentazioni
sono state giustificate dai
miei assistiti e nessuno è venuto
in quest’aula a dire il contrario”.
Poi riferimento di Petrillo anche
ai superiori dei due funzionari.
“Come è possibile che nel corso
degli anni nessuno si sia accorto
che aveva due corrotti come
colleghi? Dov’erano quelli che
dovevano controllare? Sta di
fatto che l’ingegner Cesarini
non ha saputo dirci nulla di più
e nulla di meno se non porre uno
scenario equivoco circa scenari
di discrezionalità che i due ispettori
avevano nella loro attività.
A parte la singolarità di un teste
così importante che sia fratello
del Procuratore del fisco – rileva
Petrillo – stiamo parlando di
persone per bene e questo è fuori
discussione. Queste persone,
Cesarini, Muccioli e Berardi,
superiori dei miei assistiti, non
hanno mai avuto la possibilità
di percepire qualcosa perché
qualcosa non c’era. Non si sono
accorti di nulla perché non c’era
nulla di cui ci si dovesse accorgere.
Se siamo qui è perché una
donna dall’equilibrio non proprio
stabile ha fatto alcune dichiarazioni.
Ormai il processo è finito,
ma la parola fine deve coincidere
con la parola giustizia”. Anche
Petrillo ha chiesto l’assoluzione
dei suoi assistiti.
I prossimi passaggi
Adesso, vista la ricusazione e la
questione di costituzionalità sollevata,
il fascicolo passa al Collegio
Garante. Da un lato i saggi
designeranno un decidente per la
ricusazione. Dall’altro, se verrà
valutata fondata l’eccezione di
costituzionalità, valuteranno
anche al conformità delle leggi.
Di seguito, a seconda delle decisioni,
si deciderà per l’ulteriore
udienza con lo stesso decidente
o con un altro.

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