San Marino – L’ultimo appello di Mario Fantini. ‘Condannato senza processo’. La Voce di Romagna – San Marino

San Marino – L’ultimo appello di Mario Fantini. ‘Condannato senza processo’. La Voce di Romagna – San Marino

Pochi giorni prima di essere ricoverato in ospedale, il 4 marzo, Mario Fantini inviò l’ultimo accorato appello ai capitani reggenti Giovanni Francesco Ugolini e Andrea Zafferani. Una lunga lettera in cui difende l’operato della Cassa di Risparmio, la dignità di San Marino e che alla luce degli ultimi tragici eventi può essere letta come il suo “testamento”, la sua eredità.

“Sono Mario Fantini, cittadino italiano residente a S. Marino, ex amministratore delegato della Cassa di Risparmio ed ex Amministratore della Banca Agricola con una presenza totale nel paese di circa 40 anni. Rilevo con amarezza che la “vicenda Cassa” non è nota, nella sua complessità né alle Autorità né alla popolazione di S. Marino. Mi permetto con la presente di colmare, nell’interesse del Paese, eventuali lacune conoscitive. Il 20.3.2008 una Procura italiana, dopo la precedente iniziativa su Asset Banca, apre una nuova indagine sulle attività finanziarie e fiscali delle banche di S. Marino che ha portato all’arresto di cinque dirigenti della Cassa (fra cui il sottoscritto) e ad avvisi di garanzia per oltre 80 persone. Per quella Procura la Cassa e tutte le persone che vi operano, a vario titolo, sono una associazione a delinquere. Stiamo parlando di una collettività di persone incensurate. Analoga sorte hanno avuto numerosi dirigenti di Delta, ai quali, però,  non vengono contestate ipotesi di reato se non il rapporto partecipativo della Cassa di Risparmio. In sintesi l’unica colpa imputata a Delta è di avere quale azionista la Cassa di Risparmio di S. Marino.

In Delta, l’ispezione di Banca d’Italia (c’era stata pochi mesi prima degli arresti di Varano, ndr) durata 5 mesi ha semplicemente rilevato “una serie di elementi sintomatici dell’esercizio di una determinante influenza” della Cassa di Risparmio. Su questi indizi, già peraltro, non a caso, oggetto dell’esposto della Sopaf, è iniziata, con grande clamore e impiego di uomini e mezzi, una campagna volta ad infangare  persone oneste, a dissipare ricchezza e posti di lavoro in assenza completa di qualunque iniziativa di difesa. L’esame congiunto di documenti ufficiali e di articoli di stampa hanno fatto rilevare completa sintonia fra l’operato della Procura, il Governo Italiano e Banca d’Italia. A S. Marino, invece, il Governo e le autorità hanno rivendicato la loro estraneità alla vicenda giudiziaria creando una barriera che è servita di sostegno alle accuse italiane. Non si è voluto studiare ed analizzare scientificamente il fenomeno nella sua complessità. Non c’è stato e non c’è tuttora un settore dello Stato, una istituzione, un ufficio, un ordine, un organismo associativo che conosca esattamente e professionalmente quanto è avvenuto al fine di poter tutelare gli interessi del Paese e delle sue istituzioni bancarie. E’ cresciuto, invece, il confronto inutile fra innocentisti e colpevolisti, senza  la conoscenza esatta  delle regole, della loro applicazione in rapporto alle accuse formulate. … Alla luce dei documenti, rinunciando alla superficialità dominante, dobbiamo ricostruire gli avvenimenti  che hanno accentrato sulla Cassa di Risparmio il peso ed i danni della aggressione al Paese. Dobbiamo fare chiarezza e porci delle domande. L’operatività della Cassa era uguale o diversa da quella delle altre banche? Le persone arrestate sono colpevoli o vittime? Se sono colpevoli quali sono i reati, dove sono stati consumati e quali sono le regole infrante? I tre anni di indagini quali fatti nuovi hanno apportato alle accuse? Già nell’estate 2008, la  mancanza di chiarezza che emergeva, aveva suggerito al sottoscritto ed al Presidente della Cassa di autodenunciarci per riciclaggio al Tribunale di S. Marino al fine di ottenere una pronuncia non strumentalizzata, ipotesi che, per motivi di prudenza, venne accantonata. La giustizia italiana ha fatto il suo percorso distruttivo previsto, ma nei confronti di alcuni arrestati i veri incomprensibili persecutori  sono in S. Marino e proprio in Cassa di Risparmio alla quale giuridicamente e moralmente competerebbe la difesa. L’assenza di intervento dello Stato ha lasciato valutazioni ed iniziative ai Presidenti della  Cassa e della Fondazione che le hanno esercitate arbitrariamente, ma con scarsa conoscenza dei fatti e soprattutto scarsa consapevolezza circa le conseguenze delle loro azioni. Il primo, dirigente di Banca Intesa, è completamente estraneo alla operatività ed alle norme sammarinesi; il secondo è un politico corresponsabile degli avvenimenti degli ultimi 20 anni e Segretario uscente del Ministero dell’Industria, organismo a cui competeva il controllo delle società responsabili della operatività più dannosa ed irritante per l’Italia. Inoltre la sua nomina è stata fatta dal Consiglio Grande e Generale con tutte le implicazioni politiche relative.

Nei miei confronti non sono state rilevate responsabilità relative alla persona, ma solo attinenti alla carica, anzi la lunga indagine ha confermato che l’attività della Cassa era ossequiente delle norme sammarinesi e degli accordi ed esente da infiltrazioni pericolose. Sono stato giudicato colpevole e condannato senza processo da persone inadeguate, privato di sostegno morale, politico, giuridico ed economico, allontanato ed escluso da ogni attività lavorativa e di reddito, civilmente eliminato e fatto oggetto di continui attacchi offensivi. Sono stati unilateralmente disconosciuti gli impegni assunti dalla Cassa e dalla Fondazione. Sono stati bloccati illegittimamente i conti dei miei familiari e fatte indagini illegittime.  Sui trasferimenti fatti da mia moglie sono state fatte segnalazioni di operazioni sospette (denaro presente in Cassa da oltre 10 anni!). Il risultato è che da un anno non riesco a pagare, con denaro dei famigliari, quegli avvocati che avrebbe dovuto pagare la Cassa. Questa situazione, certamente patologica, è inconcepibile in un ambiente bancario ed in una società civile, e rimarrà una macchia incancellabile nella storia. Questi comportamenti non sono della Procura, della Finanza o della Polizia Giudiziaria italiana bensì di Tito Masi. La mia storia è quella di una persona seria che ha vissuto ed operato in molte città. Per l’Italia, l’infantile operazione scaricabarile rappresenta la conferma dell’immoralità che va a gravare sulla già provata immagine dello Stato di S. Marino. Di recente si sono fatte più serrate le accuse circa le mie responsabilità in merito alla gestione della Cassa. L’argomento ha scarsa consistenza giuridica ma viene usato ormai da due anni per l’effetto mediatico che produce (altro sintomo che siamo a teatro e non in banca). La realtà e molto diversa ed il vero motivo di questa lettera è di contribuire alla conoscenza dei fatti. 

Alla data degli arresti (3 Maggio 2009) la Cassa era un colosso con un  patrimonio di circa 700 milioni (pari a quello di due grosse banche regionali)  Il suo attivo, con felice intuizione, era stato investito prevalentemente in piccoli crediti o in titoli rappresentativi di piccoli crediti riducendo il grave rischio finanziario che ha sconvolto i mercati internazionali. Delta era un gruppo che godeva di grande prestigio ed anche dopo l’inchiesta e le varie ispezioni aveva il bilancio in utile, il patrimonio integro e nessun segnale di pericolo. Quanto è avvenuto dopo gli arresti è doveroso ed onesto attribuirlo alle persone che hanno accettato le responsabilità relative. Nel nostro caso il Presidente della Fondazione, che si è assunto volontariamente i maggiori oneri decisionali, il Presidente della Cassa ed i Commissari che per certo non hanno lavorato per la prosecuzione della attività ma per la liquidazione. Sono stati accumulati errori con danni per centinaia di milioni. Si vedano le interpellanze fatte nel Parlamento Italiano. La durata della vicenda giudiziaria conferma che gli avvenimenti non sono rimasti negli argini previsti ed ora ognuno degli attori cerca di uscirne col minor danno possibile. La vicenda Delta per la Cassa era una soluzione storica importante che veniva seguita passo per passo da tutti gli aventi causa ed in particolare dal Consiglio della Cassa, della Fondazione e dalla Assemblea dei Soci, oltre che dalle istituzioni di controllo. Meno chiara la vicenda Sopaf in tutti i suoi aspetti. Anche tralasciando la parte giudiziaria si rileva che: l’acquisto delle quote da parte della Cassa ha aumentato responsabilità e doveri da parte di quest’ultima nei confronti di tutti i creditori. La Cassa non è mai stata socio unico ed è stata messa in posizione critica dai nuovi amministratori. In un momento di grave crisi di liquidità sono stati fatti pagamenti rilevanti e non dovuti. Sono state pagate consulenze creando incongruenze fra il  Bilancio della Cassa e quello di Sopaf. E’ stata gestita con grossolana ingenuità per 20 mesi una irreale trattativa con Banca Intesa la cui durata è servita esclusivamente a distruggere la ricchezza di Delta e del Paese, ovvero centinaia di milioni. … Chi  aveva il dovere di difendere gli interessi della Cassa e colposamente non lo ha fatto? Per molti mesi sulla stampa sono state rivolte accuse di ogni tipo a Delta, alla Cassa ed al Paese,  false, (ricordiamo i buchi di bilancio da miliardi) ma che hanno provocato il crollo di fiducia della clientela, delle banche e dell’opinione pubblica. Accuse che hanno annullato qualsiasi  ipotesi di vendita.  Nello stesso periodo Banca Intesa  ha venduto il 50% di Findomestic per circa 1 miliardo. Questa semplice comparazione  rende chiaro quanto è avvenuto più di mille spiegazioni. Ricordiamo le accuse infamanti e ripetute sulla qualità dei crediti oggetto di successive svalutazioni. Ogni 10% di svalutazione comportava una riduzione del patrimonio a danno della Cassa ed a favore di terzi per 3/400 milioni. Si sono fatte (e si fanno tuttora) ammissioni di colpe e responsabilità  che l’azienda non ha mai avuto, da parte di persone che non si sono impegnate a conoscere i fatti. Imboccare la strada della discontinuità  è una offesa per i precedenti amministratori, ma soprattutto per i dirigenti e gli impiegati ma è anche una scorciatoia  per mantenere una sedia. … Non c’è stata l’umiltà, la capacità e la volontà di capire quale era stato il processo di crescita della Banca, le esigenze e le scelte consapevoli proiettate nel futuro, l’impegno assiduo ed il rispetto delle norme. Questo cambiamento non ha portato benefici, ma solo traumi come si  può rilevare facilmente confrontando i danni rispetto ad aziende che in situazioni simili sono rimaste unite nei Consigli di Amministrazione con i dirigenti ed il  Personale.  Nei momenti difficili ed in assenza di protettori occorrono buoni generali, unità e convinzione di una causa giusta per cui combattere.  E’ acclarato che i Presidenti hanno contattato direttamente la Procura estera con iniziative  anomale e non trasparenti. Iniziative che potrebbero essere non coerenti con gli avvenimenti, con le leggi vigenti a S. Marino con l’interesse della Banca e con quello del Paese. Intanto, per certo, sono aumentati gli avvisi di garanzia, sono aumentate le indagini e si sono allungati in maniera abnorme i termini  per tutti gli indagati che dovremmo oggi  ritenere con maggior forza innocenti e che invece sono oggetto di critiche  sempre più serrate. Il tempo renderà sempre più palese la gravità di questi comportamenti ed i danni economici e reputazionali derivanti. In poche parole i nuovi Presidenti della Cassa e della Fondazione, complice il silenzio dello Stato,  hanno invaso delicate aree di competenza senza quella certezza del diritto che è alla base di un sistema democratico. Cose del genere avvengono solo in lontani Paesi  Africani. Lo Stato se vuole credibilità ed autorevolezza  si deve riappropriare di tutte le Sue prerogative anche per rientrare nell’alveo  della legalità istituzionale che forse è stata violata. I danni subiti da S. Marino sono ancora da valutare.  Solo quelli, evidenti, di Delta e per la Cassa e  ammontano a diverse centinaia di milioni. L’aspettativa del Paese è di ripristinare normali rapporti con l’Italia  manifestando sensi di colpa (che viene scaricata  sulla vittima di turno) ostentando cambiamenti legislativi e ripudiando le regole in essere buone e cattive, lasciando nei terzi la convinzione che nel paese non v’è certezza del diritto. L’errore più grave è non capire che continuiamo a dare l’immagine di una realtà non seria e non affidabile. Certi pentitismi fanno comodo agli inquirenti, ma sono la prova della inaffidabilità di un sistema  facilone ed arrivista, come prima. Nei libri rimarrà una storia di cui vergognarsi nelle prossime generazioni. I necessari cambiamenti legislativi dovrebbero essere accompagnati dalla dignità di difendere la verità ed i propri diritti. Al tavolo delle trattative il Paese dovrebbe presentarsi unito, dovrebbe avere chiare le Sue responsabilità, ma anche il peso dei torti subiti.  Nella vicenda giudiziaria, invece di considerarsi estraneo lo Stato dovrebbe immergersi, eliminare sprovveduti interlocutori, e si accorgerebbe della inconsistenza di molte accuse e reati, delle anomalie commesse, degli  sconfinamenti  giuridici e territoriali ciecamente tollerati, della vessatorietà di certi comportamenti  e infine  rendersi conto che la Cassa è  stata l’azienda più esplorata del mondo ed ha dimostrato, pur in un ambiente criticato, di aver avuto una gestione sana ed attenta da ostentare al mondo intero.

Ecc.mi Capitani, ci stiamo avvicinando al finale di questa partita e S. Marino non conosce le carte; né le proprie  né  quelle dell’avversario, il quale ha accumulato punti di vantaggio, ma non sa come chiudere. Perché il sistema degli arresti immotivato, oggi largamente usato dalle Procure Italiane, non ha dato i risultati attesi nei confronti della Cassa. I due reati cardine sono il riciclaggio ed il dominio della Cassa su Delta.  Il primo si perfeziona secondo l’accusa col prelievo “abusivo “ del contante presso il Monte dei Paschi di Siena. Sappiamo tutti (compreso Banca d’Italia e Procura) che quel conto era stato aperto su precisa disposizione della Banca d’Italia (vedi sentenza della Cassazione, ndr). Circa il supposto dominio della Cassa su Delta non sono mai state interpellate le varie persone della Cassa e della Fondazione presenti nei vari Consigli di Delta al fine di avere conferma che il loro ruolo era di controllo e non di gestione anche per una semplice considerazione di tempo e di know how. Perché nessuno si è interessato? La posta  è stata di centinaia di milioni! La Cassa dovrebbe ora recuperare un  buon rapporto con i soci buoni (quelli che hanno messo  fatica e sudore nell’azienda) e tutti insieme  rivendicare il pagamento dei danni subiti come avviene fra paesi seri. Il percorso richiede impegno  e fatica  ma questo è normale se si vuole  difendere la   verità e l’indipendenza. 

Cordiali saluti.

Mario Fantini

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