Cr San Marino – Barclays. Reuters

Cr San Marino – Barclays. Reuters

Processo Cassa San Marino-Barclays accende faro su derivatiLONDRA, 30 dicembre (Reuters) – Una disputa legale tra la Cassa di Risparmio della Repubblica di San Marino e il colosso britannico Barclays (BARC.L: Quotazione) ha riportato in primo piano la scottante questione dei derivati, strumenti rischiosi e complessi che hanno avuto un ruolo nel precipitare la crisi finanziaria. L’istituto sanmarinese, che si era rivolto a Barclays per finanziamenti a due sue controllate, ha fatto causa al gruppo britannico con l’accusa di frode, aprendo dinanzi all’Alta Corte londinese un processo pilota che ha avuto ampia eco nel corso dell’ultimo mese.
La sentenza è attesa attorno a Pasqua ma nel frattempo il contenzioso ha acceso i riflettori sulle rischiose scommesse legate a strumenti come i Cdo-‘squared’ (al quadrato), complici nell’aver fatto scivolare in rosso i bilanci bancari durante l’ultima crisi. E’ una delle prime volte che una disputa su un Cdo approda in tribunale. I Cdo, o collateralised debt obligation, sono titoli di debito ‘assistiti’ (‘collateralised’) dai flussi generati da un portafoglio di mutui o altri titoli di debito.
I Cdo-squared sono ‘assistiti’ da altri Cdo, per cui vengono definiti ‘Cdo-al quadrato’. Il caso in questione riguarda un accordo di finanziamento da 700 milioni di euro negoziato nel 2004 tra Barclays e la banca sanmarinese. Quest’ultima accusa Barclays di averle venduto dei derivati con la consapevolezza che fossero ben più rischiosi di quanto non segnalato dal rating tripla ‘A’.
La Cassa si era rivolta a Barclays per il finanziamento di due sue filiali che non potevano reperire direttamente i fondi a causa dei vincoli posti dalla banca centrale della Repubblica.
A fronte di un prestito di 700 milioni di euro da parte di Barclays la Cassa di Risparmio di San Marino ha acquistato prodotti strutturati, tra cui CDO-squared, per 450 milioni, così che il risultato finale fosse il richiesto prestito netto di 250 milioni di euro.
I prodotti strutturati rendevano l’operazione più appetibile per Barclays, a causa dei proventi da commissione, mentre la Cassa avrebbe dovuto guadagnare grazie ai rendimenti degli strumenti. Barclays si protesse inoltre comprando un’assicurazione sul debito dei due istituti, che avevano alle spalle una limitata storia creditizia.
L’operazione è andata a rotoli quando il valore dei Cdo è precipitato a causa della crisi finanziaria.
Se San Marino dovesse vincere il processo, potrebbero essere molte di più le banche trascinate in tribunale da investitori arrabbiati perché sono stati venduti loro prodotti estremamente complessi e opachi descritti invece come qualcosa che avesse un chiaro livello di rischio e rendimento.
I legali della Cassa hanno accusato Barclays di essere consapevole del fatto che i prodotti venduti avessero un livello di rischio fino a 300 volte superiore rispetto a quanto implicito nel rating.
Barclays e i testimoni della difesa hanno ribadito durante il dibattimento che la vendita alla cassa sanmarinese non aveva nulla di straordinario.
“Quell’operazione era simile ad altre condotte in quel periodo dagli investitori”, commenta negli atti della corte Antonio Agresta, del team strutturazione di Barclays, “Non avevo elementi per pensare che la Cassa stesse entrando in un investimento spropositatamente rischioso. Non mi è mai passato per la testa che li stessimo fuorviando in alcun modo”.
Tra gli investitori che ritengono di essere stati “fuorviati” con la vendita di prodotti rivelatisi nel tempo eccessivamente complessi e corredati di insufficienti spiegazioni, ci sono l’olandese Rabobank o gli azionisti della National Australia Bank (NAB.AX: Quotazione) che hanno fatto causa a istituti di credito per la vendita di derivati. Finora pochi casi di questo tipo sono arrivati in tribunale ma le ragioni degli investitori hanno trovato una sponda importante nell’autorità americana di mercato che lo scorso aprile ha messo sotto accusa Goldman Sachs (GS.N: Quotazione) per le modalità di collocamento di prodotti legati ai mutui subprime. Goldman ha pagato 550 milioni di dollari per sistemare la controversia.

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