L’allarme – poi rientrato – sul ventilato spostamento della statua del Santo Marino in Basilica induce qualche riflessione di ordine storico circa il singolare attaccamento dei Sammarinesi al Creatore e Fondatore della loro Libertà.
Quando sulla Repubblica di San Marino incombeva un pericolo troppo grande per la sparuta – in senso numerico – intellighenzia che reggeva il Paese, i Capitani Reggenti tiravano fuori le chiavi delle reliquie del Santo Marino e ordinavano all’arciprete un Triduo.
E non mancavano di rendere poi grazie al Santo quando gli ambasciatori rientravano da missioni ‘impossibili’, come, ad esempio, la prima presso un Napoleone irritatissimo perché San Marino aveva dato ricovero al vescovo di Rimini e lo aveva poi aiutato a scappare di notte, con le sue casse, verso il montuoso Montefeltro.
Ovviamente il ringraziamento al Santo lo fecero in segreto. Come continuarono altre volte a fare cerimonie di ringraziamento nel segreto della Pieve per non urtare la suscettibilità dello stesso Napoleone, dei giacobini e dei francesi in genere, per i quali ogni cerimonia religiosa pubblica era una manifestazione controrivoluzionaria.
Ad esempio nel 1808, dopo un ulteriore grande successo strappato al – napoleonico – Regno Italico, “il Consiglio stabilì di ordinare nella Chiesa Plebale varj uffici di Messe, e Suffragj alle anime de Trapassati a piacimento della Reggenza; tralasciandosi però ogni solenne Pubblicità” appunto perché la Repubblica si era venuta a trovare “limitrofa del Regno Italico”! In Consiglio “di unanime sentimento si convenne di tralasciare le pompe” il 3 settembre di quell’anno, decidendo che “la Festa consisti in Messe, ed’altr’opere pie”.
Analoga sospensione della festa del Santo per la parte pubblica si ebbe nel 1859 e nel 1860, per non provocare i Piemontesi, guidati, si dice, da massoni come Cavour. Per poi recuperare, spendendo anche quanto risparmiato nei due anni precedenti, il 3 settembre 1861, a Cavour morto e penisola ormai politicamente unificata, ad eccezione di San Marino (e Roma).
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