Ddc sul momento politico e voci di nuove maggioranze

Ddc sul momento politico e voci di nuove maggioranze

La vicenda politica nostrana sembra attraversare, stando ad una obiettiva, e il meno possibile faziosa, lettura delle notizie recenti apparse sulla stampa locale, una ennesima fase all’insegna di contorcimenti vicini, vien da dire, alla schizofrenia. In questa pantomima di interviste, di editoriali profetici e di “pastoni” preconfezionati, ritorna alla ribalta il tema dell’assenza di una politica tale da porsi come fattore di dialogo, attento a ciò che si muove nel Paese. Il dialogo e l’ascolto, ingredienti fondamentali all’interno di un normale ed equilibrato sistema politico, paiono invece essere stati sovvertiti, da un po’ di tempo in qua, dal prevalere del “particolare”.

Dietro ad ogni movimento e a quel che gli si contrappone, magari anche ad una dichiarazione pubblica o ad un silenzio, sembra nascondersi, o di fatto c’è, una valutazione tattica non di rado finalizzata a favorire interessi esclusivi. Siamo ormai di fatto prigionieri di questo sistema e, in tale contesto, gli espedienti di sempre trovano una sorta di linfa provvidenziale.

La politica, dal nostro punto di vista, si dovrebbe invece dispiegare alla luce del sole. Per cui noi diciamo che, se le operazioni più o meno sotterranee che si percepiscono in questi giorni – che d’altronde sono “altro” dalla politica – dovessero avere un senso, e quindi un qualche loro approdo, la strada corretta ci parrebbe quella dell’assunzione di responsabilità davanti al Paese. Solo in questo modo si potrà capire se c’è, e soprattutto qual è, il terreno di convergenza o di contrasto.

Sarebbe oltretutto molto desolante trovare conferme che oggi i legami politici riconoscono un formidabile denominatore comune nel concorso di interessi particolari, più o meno nobili. Occorrerebbe invece cimentarsi sulle idee di futuro per il Paese, che le costituende coalizioni dovrebbero esprimere. E non sarebbe male, ad esempio, misurarsi sul tema della mobilità sociale, sulla remunerazione del talento, sulla crisi naturale di uno Stato fino ad oggi troppo “benefattore” e sui conseguenti rimedi.

Noi non facciamo scommesse e neppure formuliamo auspici. Ci piacerebbe però che il ragionamento si sviluppasse sulle speranze per il domani e non sui fantasmi del presente. Senza imposizioni, senza rifugiarsi in radicalismi ideologici, senza presentare “liste di desideri” – ancorché per certi aspetti condivisibili – né, tanto meno, violando le esoteriche atmosfere della rocca di Cagliostro.

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