ECSO, intervista a Simona Michelotti

ECSO, intervista a Simona Michelotti

E.C.S.O.: INTERVISTA ALLA NOTA INDUSTRIALE SIMONA MICHELOTTI GRUPPO S.I.T..
 
Sig.ra Michelotti la sua è una delle realtà produttive più grandi di San Marino, conta oltre 150 dipendenti nel solo stabilimento di Faetano, come prevede di muoversi per il futuro? Vede in San Marino il futuro della sua attività o come moltissimi dei suoi colleghi prevede di delocalizzare fuori dal confine?Oggi la nostra realtà occupa 157 persone a San Marino e altre 150 in Italia tra Pesaro e Padova che stanno ancora aumentando. E’ infatti in Italia che abbiamo sviluppato la crescita del nostro Gruppo e non a San Marino dove invece ci troviamo bloccati negli investimenti previsti da ben due anni. Purtroppo non si è trattato di una scelta a tavolino e non era certo la nostra prima intenzione privilegiare un Paese che non è il nostro e dove peraltro la tassazione è altissima rispetto a San Marino, ma l’industria non può fermare la propria crescita e perciò la crescita naturalmente va dove trova i suoi presupposti.
Questo dimostra che la bassa tassazione non è sufficiente ad attrarre l’impresa quando mancano totalmente i requisiti necessari ad accoglierla, a partire dalla libertà di selezione e di assunzione e fino ai servizi della Pubblica Amministrazione e all’efficienza delle strutture, non ultimo incidono negativamente le lungaggini burocratiche della politica che non tiene conto delle necessità di reattività con cui deve muoversi un’azienda. Perciò a San Marino è facile che un imprenditore possa pianificare un investimento per poi rinunciarvi dopo due o tre anni senza essere riuscito a concretizzare il progetto.

Oltre a questo, che già basterebbe a dissuadere anche l’industriale più ottimista, si aggiunge il problema del rapporto con l’Italia che è e rimane gravissimo. In due anni di fatiche nostre e di incomunicabilità tra i due Paesi abbiamo solo peggiorato la nostra situazione, senza alcuna visibilità del futuro né prospettive di soluzione, almeno per tutto il 2011. Di fronte a tre anni di blocco totale sfido chiunque a resistere.

 

Il Gruppo SIT ha subito contraccolpi nel fatturato o nella redditività per effetto della black list?No, non abbiamo avuto problemi con i Clienti poiché siamo una azienda storica del nostro settore, con un solido rapporto di anni con la nostra clientela e soprattutto i nostri Clienti sono aziende molto grandi, multinazionali, abituate a lavorare con tutti i paesi del mondo, compresi quelli inseriti nella black list. Quindi non è stato proprio percepito il problema nei confronti della Repubblica di San Marino.

Per fortuna nel nostro settore la professionalità e la fama dell’Azienda conta più della reputazione del Paese nel quale si trova.

 

Se avesse la possibilità di fare qualcosa per sistemare le sorti del paese, una sola cosa, cosa farebbe nell’immediato?Capisco perfettamente la difficoltà del momento ed è certo che nessuno di noi ha la soluzione in mano, altrimenti l’avremmo già tentata. Posso però dire che avrei evitato molti atteggiamenti e molte scelte dalla politica. Oggi forse è facile criticare, ma se posso dare un contributo mio posso rifarmi alla mia esperienza di imprenditore. Se avessi dovuto affrontare un momento di grave crisi per la mia azienda avrei primo di tutto fatto squadra. Avrei parlato a tutti i miei collaboratori, non solo alla cerchia ristretta dei manager, spiegando la  vera situazione di emergenza e presentando e condividendo con loro un progetto di ristrutturazione che avrebbe comportato sacrifici per tutti, limitati in un periodo di tempo definito di tre o quattro anni e con  obiettivi e verifiche periodiche per mantenere l’allineamento del gruppo all’obiettivo finale. Avrei chiesto “lacrime e sangue” ai miei (Churchill ci ha vinto una guerra con questo metodo di condivisione), non li avrei abbandonati al torpore del “non vi preoccupate, si risolverà”.
In questo passaggio mi sarei avvalsa però anche di una consulenza esterna, di altissimo livello anche se costosa (ma in tempi di crisi non si può risparmiare sui mezzi di sviluppo e sull’eccellenza del progetto), per potermi avvalere di professionalità e visione e soprattutto di una lucidità che io, in quanto direttamente coinvolta, non avrei mai potuto avere.
Questo avrei fatto, ma non so se possa essere un modello trasferibile alla politica.
 
Noi siamo apertamente pro casinò (ovviamente dello stato e con tutti i controlli del caso), e pro residenze per chi investe a San Marino, Lei come vede la questione?In generale a me piacciono più che i risultati i percorsi che portano fisiologicamente il risultato come naturale conseguenza dell’aver lavorato bene e con passione, insomma quei percorsi che accrescono la professionalità e che una volta fatti ti lasciano il piacere di averli vissuti, anche con le difficoltà e le problematiche incontrate.
La strada che porta a decidere per casinò e per le residenze mi sembra semplicemente quella più immediata, comoda, senza impegno e senza percorso, insomma una scelta fine a se stessa che secondo me non ci arricchisce, forse ci risolve qualche problema.
Simona Michelotti Gruppo S.I.T.

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