Evasione e riciclaggio.Ranieri Razzante, Finanza & Mercati

Evasione e riciclaggio.Ranieri Razzante, Finanza & Mercati

Finanza & Mercati
Il riciclaggio nascosto nell’evasione
Ranieri Razzante (Presidente Aira www.airant.it )
________________________________________
Oltre 9.000 evasori totali, massa sottratta al fisco aumentata di 50 miliardi nei 2010. Dati provenienti dal recente Rapporto della Guardia di Finanza, mentre dall’audizione del Comandante Generale presso la VI Commissione Finanze lo scorso 26 gennaio esce uno spaccato per certi versi sconcertante, per altri incoraggiante. Il contrasto al «male del secolo» raggiunge risultati importanti, che vanno enfatizzati, perché il messaggio deve essere chiaro: il farla franca non è più un automatismo (e chissà quando mai lo è stato, tranne che nell’immaginario collettivo). Alcuni termini sono entrati nel linguaggio comune: paradisi fiscali, frodi carosello, economia sommersa, frodi comunitarie, riciclaggio. Ed è proprio per questo che si tende alla confusione. I paradisi fiscali diventano per definizione luoghi dove si delinque, l’utilizzo del contante è riciclaggio, compiere un reato fiscale non crea poi così tanti danni all’economia, il sommerso è una parte della ricchezza nazionale, e così via.
Mentre ci si appresta ad uno storico incontro tra il nostro Governo e quello di San Marino, e tra le rispettive autorità di vigilanza; mentre il Vaticano emana norme antiriciclaggio stringenti e crea un’apposita authority; mentre apprendiamo che nel 2010 sono stati pignorati beni agli evasori per oltre 400 milioni di euro; mentre si continuano a sequestrare droga e ricchezze illecite, nei dibattiti televisivi, nei salotti, in varie sedi convegnistiche e formative si afferma che l’evasione fiscale non c’entra con la criminalità organizzata e il riciclaggio. Tutti quei reati fiscali che una legge dello Stato punisce (il decreto 74/2000), sono ripresi da altra legge statale (il decreto 231/2007) sul riciclaggio, ma, soprattutto, dal codice penale (art. 648-bis), con un leit motiv inconfutabile: l’evasione fiscale è anche riciclaggio, è anche crimine organizzato.
Il reato fiscale non è, per definizione di un vocabolario inesistente, quello che si produce nei paradisi fiscali. In questi ultimi succede che la tassazione sui proventi finanziari o sui redditi sia più conveniente, e ciò è lecito; mentre non sarebbe lecito, ma anche in Paesi non definibili paradisi, occultare all’imposizione fiscale dei redditi o dei beni. […]Dire che la criminalità organizzata non paga le tasse è un’ovvietà, così come l’affermare che evasori fiscali non sono solo i mafiosi.  Ma pensare che il «danno erariale» sia il solo prodotto dell’evasione delle imposte non è  esatto e va ulteriormente precisato. A questo danno si aggiunge la «beffa» del riciclaggio, perché i proventi dall’omessa dichiarazione dei redditi illeciti e dal collegato omesso versamento di imposte concorrono a finanziare la criminalità organizzata e, se reinvestiti, costituiscono riciclaggio secondo il codice penale. Questo dice anche la Corte di Cassazione, ormai in pronunzie consolidate.
Se evado 100 di tasse e ci compro un appartamento intestato a mio figlio ho compiuto del riciclaggio; se ottengo 100 dalla vendita di una partita di droga e non ci pago le tasse, investendo poi la somma (anche in attività lecite) ho fatto riciclaggio. O meglio, per essere tecnicamente precisi, fa riciclaggio chi si presta a investirmi quelle somme (anche un intermediario finanziario poco attento…), essendo a conoscenza della loro provenienza delittuosa, quindi anche da delitto fiscale. E, laddove passasse la nonna sul c.d. «autoriciclaggio», all’esame del Parlamento e auspicata autorevolmente dal Procuratore Nazionale Antimafia, dalla magistratura, dalle Forze dell’ordine e, ci si consenta, da chi scrive, l’evasore che depositasse proventi in banca sarebbe per ciò stesso accusabile di riciclaggio, senza dover dimostrare la sua terzietà rispetto a chi ha commesso il delitto a monte, cosa oggi necessaria per punire il riciclaggio medesimo. Non è demagogia; è realtà fatta di numeri, di indagini, di impegno. I paradisi fiscali, o meglio quelli «normativi», dove si può fare ciò che si vuole senza essere scoperti, vanno costretti ad omologarsi a un contesto internazionale nel quale, vuoi con accordi bilaterali, vuoi con la moral suasion delle organizzazioni sopranazionali (Onu, Gafi, Ue, Fmi, Oc-se) , non è più permesso mantenere zone grigie di segreto che, sulla materia, non ha fondamento né giuridico né etico.

Condividi


Per rimanere aggiornato su tutte le novità iscriviti alla newsletter

Quando invii il modulo, controlla la tua inbox per confermare l'iscrizione

Privacy Policy