Finmeccanica, la prova delle tangenti. Francesco Bonazzi, Il Secolo XIX

Finmeccanica, la prova delle tangenti. Francesco Bonazzi, Il Secolo XIX

 Il Secolo XIX

Finmeccanica, la prova delle tangenti

Francesco Bonazzi

Genova – Le carte segrete sulla fornitura di 12 elicotteri Agusta Westland per la polizia indiana, un affare da 556 milioni di euro sul quale sarebbero volate mazzette per 51 milioni, erano custodite a casa di un’anziana signora di Lugano. Gliele aveva portate il figlio sessantenne, mediatore Finmeccanica in giro per il mondo, convinto che non sarebbero mai state trovate. Una mossa della quale si vanta egli stesso con il socio, mentre vanno in macchina al ristorante. Il problema è che quell’Audi A6 nera, con targa ticinese, era stata appena imbottita di microspie dai carabinieri. Che ascoltano in diretta quella e altre confessioni. Così, quando a Berna arriva la rogatoria chiesta dalla procura di Napoli, i gendarmi svizzeri vanno a colpo sicuro anche a casa della signora. E in una valigia trovano i documenti che cercavano, compreso un imbarazzante «Highly Confidential Memorandum» in inglese, con la quantificazione della tangente da pagare al generale indiano che guidava la commissione di collaudo.
L’inchiesta
L’indagine sulla maxi-commessa vinta in India nel 2010, scatta a Napoli il 15 novembre dello scorso anno, quando l’ex manager di Finmeccanica Lorenzo Borgogni mette a verbale: «l’ascesa di Giuseppe Orsi da amministratore delegato di Agusta a capo di tutta Finmeccanica, è avvenuta grazie al pagamento di una tangente di 10 milioni alla Lega Nord e a Comunione e Liberazione». I soldi sarebbero tornati indietro dai 51 milioni di provvigione pagati per l’affare indiano a tre mediatori internazionali: lo svizzero-americano Guido Ralph Haschke, l’italo-svizzero Carlo Gerosa e il britannico Christian Michel. Orsi, Finmeccanica e gli altri accusati da Borgogni smentiscono seccamente e hanno anche querelato per diffamazione l’ex braccio destro di Pier Francesco Guarguaglini. L’inchiesta nel frattempo è finita per competenza territoriale a Busto Arsizio, dove il mese scorso sono stati iscritti sul registro degli indagati per corruzione internazionale Orsi, il suo successore in Agusta, Bruno Spagnolini, i dirigenti Attilio Garavaglia e Luciano Fava e i tre intermediari esteri, oltre a Finmeccanica come persona giuridica.
Ad aprile, i nomi di Haschke e Michel escono sui giornali italiani e per gente abituata a muoversi nella discrezione più totale inizia un autentico supplizio.
I mediatoriHaschke è l’uomo che ha tenuto i contatti con il governo indiano e che dovrebbe anche oggi occuparsi di alcuni contratti accessori. Ma i suoi avvocati gli sconsigliano di mettere piede in India, perchè lì la legge vieta il pagamento di provvigioni e lo scandalo sta montando. I carabinieri del Noe, guidati dal capitano Pietro Raiola Pescarini, lo chiamano a Lugano e gli propongono di andare a Napoli a farsi interrogare. Ma lui rifiuta e manda a dire ai pm Vincenzo Piscitelli e Henry Woodcock: «Sono cittadino svizzero, venite qui con apposita rogatoria». Nel frattempo, fa ancora qualche giro in Nord Italia, tra Piacenza, Milano e Recco. Ai primi di marzo, la sua Audi è già piena di cimici e i carabinieri ascoltano le sue conversazioni.
Una delle registrazioni più interessanti è quella captata il 3 marzo tra Haschke e Gerosa. Il primo dice: «Io, comunque, già da mesi, tutta la documentazione dove c’è il nome AgustaWestland l’ho fatta sparire dall’ufficio, contratti compresi, e ho dato tutto a mia mamma». Il socio gli risponde: «Dobbiamo riguardare anche i contratti che abbiamo in cassaforte…meglio tenerli in casa o in una cassetta di sicurezza». Quindi completano l’assist agli inquirenti facendo il nome del loro socio indiano, KhaitanGautam (indagato anche lui), del quale dicono: «E’ la nostra linea del Piave…Gli ordini di riciclaggio li davamo noi, ma il riciclaggio lo faceva lui. E’ veramente un’associazione a delinquere». Se lo dicono da soli, ma forse scherzavano. Sembra invece più che altro esasperato, il solito Haschke, quando si sfoga così: «Ma se me li fossi intascati tutti io, quei 51 milioni, non eravamo già più qui, no?» (2 maggio 2012, ore 21 e 52).
La perquisizioneIl 23 aprile, arrivata la rogatoria italiana, la gendarmeria esegue una serie di perquisizioni e a casa della signora Haschke trova «una valigia con all’interno copiosa documentazione riguardante Agusta Westland International, la corrispondenza e i rapporti con l’India, tra cui un memorandum in lingua inglese». Il memo porta la data del 18 gennaio 2010, e secondo l’informativa dei carabinieri «rivela le pattuizioni degli associati per aggiudicarsi la gara d’appalto internazionale dei 12 elicotteri». Vi si legge che «il colonnello Siddhu è stato l’uomo che ha ribaltato le sorti dei collaudi a favore dei francesi ed era ovviamente il loro uomo, ma ora è stato sostituito dal generale Saini, che guiderà il team». Il nuovo capo della commissione «ha preso contatti e ha offerto le sue prestazioni allo scopo di aiutare a eliminare la competizione su campi tecnici; e dopo un primo incontro del 16 ci ha fornito alcune informazioni». Il documento «altamente confidenziale» (chissà perchè ci tengono a scrivercelo sopra), prosegue con la garanzia che «se si giunge a un accordo con Saini, le questioni tecniche di cui sopra diventeranno irrilevanti; inoltre, i collaudi saranno condotti in modo da favorire i suoi sponsor». E quanto vuole il signor generale? «Chiede lo 0,5%, pari a circa 5 milioni di dollari, pagabile al rilascio della relazione tecnica finale. Egli è molto entusiasta di questo essendo il suo ultimo importante incarico prima della pensione. Ha chiesto una risposta per domani 19 gennaio. Gli abbiamo detto che deve essere un po’ più paziente e che gli daremo una risposta alla chiusura dell’affare, mercoledì 20 gennaio».
Ma a parte la vittoria italiana, che potrebbe anche essere stata conquistata onestamente, sono stati poi versati questi 5 milioni di dollari? Qui, saggiamente, l’informativa dei carabinieri rimane nel vago: «Nello stesso giorno (del ritrovamento) si procedeva a un primo interrogatorio di Haschke da parte dell’Autorità elvetica, seguito da analogo interrogatorio del 23 maggio 2012, entrambi alla presenza dell’Autorità giudiziaria napoletana. Entrambi di estremo interesse per le indagini». Nel frattempo, con lo spostamento del fascicolo a Busto, si sono persi cinque mesi. Ma ora, dalla procura lombarda sono pronti a ripartire da quella valigia.

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