“Quella della fogheraccia è un’usanza molto antica, un rito propiziatorio per un raccolto abbondante, che si collega al calendario romano, secondo il quale l’anno iniziava nel mese di marzo, dedicato a Marte, dio dell’agricoltura, oltre che della guerra”.
Lo dichiara il Comitato Festa di Casole, sottolineando in un comunicato che l’usanza della fogheraccia “salutava l’inizio dell’anno agricolo con l’accensione di falò di sterpi, paglia e di quello che rimaneva dei raccolti dell’anno precedente insieme alle ramaglie derivanti dalle potature praticate in vista della bella stagione”.
Qui a Casole la preparazione delle fogheracce “è sempre stata di per sè un rito: i contadini accendevano i fuochi per bruciare le potature e i giovani, i bambini e gli anziani, nei giorni precedenti la ricorrenza, raccoglievano oggetti non più utilizzati, mobili vecchi, stracci e li ammucchiavano per fare i falò, qui chiamati tradizionalmente ‘Focheracce di San Giuseppe'”.
Si trattava di “momenti di aggregazione paesana: si ricorda che fra gli anni 1975 e 1985 i ragazzi di Casole e della vicina Casetta mettevano ogni anno in piedi una competizione, ovvero chi durava più a lungo nell’orario con il fuoco acceso, tradizioni che ancora vivono”.
Infatti, “ancora oggi, ogni anno, in occasione della festa di San Giuseppe e di tutti i papà, la sera del 18 marzo, nella Piazzetta 9 Ottobre, si accende con il tradizionale falò, simbolo della fine dell’inverno e dell’arrivo della primavera, e spesso si anima con musica, dolci e vin brulè, senza dimenticare i tradizionali cascioni con le rosole e la piadina”.
Si tratta di “un momento di condivisione attorno al fuoco che ci riallaccia alle antiche tradizioni del mondo contadino”.
A Casole “è tradizione fare il falò anche il 24 marzo, chiamato le ‘fogheracce della Madonna’”.
