Fulvio Fiano di Corriere della Sera: Da Zucchero al papà di Rossi I soldi finivano a San Marino

Fulvio Fiano di Corriere della Sera: Da Zucchero al papà di Rossi I soldi finivano a San Marino

Corriere della Sera

 Da Zucchero al papà di Rossi I soldi finivano a San Marino

Trovati 32 milioni riconducibili a funzionari Mps

Fulvio Fiano

 

ROMA — La «banda del 5%» di Mps, prima ancora che la «fama» giudiziaria la raggiungesse per il «buco» nei conti del Monte Paschi, era un cliente di spicco nel portafoglio del conte romano Enrico Maria Pasquini. E grazie a lui e alla sua San Marino Investimenti (Smi) aveva trasferito all’estero per nasconderli ed eventualmente riciclarli, specialità della casa, 32 milioni di euro, 13 dei quali del solo Alessandro Toccafondi, l’ex numero due dell’area finanziaria della banca stretto collaboratore di quel Gianluca Baldassarri arrestato a Siena. Ma alla spregiudicata finanziaria, capace di investimenti in tutti i paradisi fiscali del mondo, si erano rivolti altri 1.460 clienti. Vip dello spettacolo o della musica come Zucchero, imprenditori di successo come l’industriale dei salumi Levoni, quello delle cucine Berloni, delle acque Uliveto e Rocchetta, De Simone Niquesa. Il «re» della logistica Pierino Tulli (appalti anche alla Camera), il commercialista Marco Iannilli (arrestato nelle inchieste Finmeccanica ed Enav). E uomini di sport come il padre di Valentino Rossi, Graziano, il presidente del Cesena calcio Campedelli e quello del Bologna Gazzoni Frascara. Nelle carte dell’inchiesta, per aver acquistato prestigiosi appartamenti nel centro di Milano dall’immobiliarista Federico Consolandi (indagato), compaiono anche i nomi della showgirl Belén Rodriguez, quelli dei calciatori del Milan Massimo Ambrosini e Cristian Abbiati, e del procuratore, nonché figlio del ct della Nazionale campione del Mondo Marcello Lippi, Davide.
I pm, nel provvedimento di chiusura indagini, contestano a Pasquini e ai sei sodali l’associazione a delinquere in ambito transnazionale, il riciclaggio, l’esercizio abusivo della attività bancaria e dei servizi di investimento. Dal bouquet di clienti i sette — attraverso la Smi e una rete di fiduciarie collegate — arrivavano a racimolare annualmente un miliardo di euro dal 2003 al 2008. Nessun dubbio sui servizi offerti ai facoltosi investitori, la cui posizione è al vaglio delle rispettive Procure di competenza territoriale. «Una struttura intrinsecamente predisposta al riciclaggio e alla schermatura degli investimenti, offrendo al cliente totale garanzia di anonimato», la descrive un inquirente.
Le indagini condotte dal pm Perla Lori, coordinate dal procuratore aggiunto Nello Rossi e affidate al Nucleo valutario della Guardia di Finanza di Roma guidato dal generale Giuseppe Bottillo hanno smascherato un complesso sistema a doppia schermatura o «mandato a colonna», che ha colpito anche gli inquirenti per quanto era sofisticato. Per nascondere titolarità e provenienza del denaro venivano create fiduciarie delle fiduciarie e i clienti erano chiamati con soprannomi o codici. La consegna del denaro alle società (Amphora, Iti Leasing, Mia Fiduciaria, la raccolta clienti era principalmente a Roma) avveniva tramite contanti o assegni trasferibili. E dopo il passaggio in aziende offshore in Lussemburgo, Panama, Isole Vanuatu, i soldi venivano rimborsati con bonifici su imprese italiane con la dicitura «finanziamento soci». Particolarmente complessi, poi, gli accertamenti sui conti coperti dal segreto bancario di San Marino, quando la legge in vigore nella Repubblica del Titano era meno collaborativa della attuale sulle rogatorie internazionali. Un meccanismo, quello messo in piedi da Pasquini, tale da rendere difficile far pensare a semplici investimenti con prospettive di pur alti guadagni. Solo per restare a Mps, 1,4 milioni dei 32 investiti sono tornati in Italia grazie allo scudo fiscale.

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