Furbetti del fisco. San Marino, inchiesta record sugli evasori. Paolo Biondani. L’Espresso

Furbetti del fisco. San Marino, inchiesta record sugli evasori. Paolo Biondani. L’Espresso

Segue aggiornamento

Espresso

Furbetti del fisco

Colpo grosso a San Marino.

Inchiesta record: sotto osservazione bonifici per 22 miliardi dall’Italia alla piccola repubblica. E si scoprono oltre 20 mila persone con soldi non dichiarati.  Paolo Biondani

23 settembre 2015

Paolo Biondani

Assedio a San Marino. Se non si affretteranno a salire sul treno dell’ultima sanatoria fiscale (la cosiddetta “voluntary disclosure” varata dal governo Renzi) gli evasori che hanno nascosto soldi in questo mini-stato nel cuore della Romagna rischiano di essere travolti dalla giustizia italiana.

La Guardia di Finanza e la Procura di Forlì, con un nuovo metodo d’indagine, sono riusciti a schedare tutti gli italiani che, tra il 2006 e il 2014, hanno avuto rapporti bancari di qualsiasi tipo con San Marino. Il risultato è un registro informatico con i dati di circa 27 mila soggetti che in questi anni di crisi hanno esportato nella repubblica del monte Titano una montagna di soldi: più di 22 miliardi di euro. Ora si indaga per accertare quanto di questo tesoro sia stato accumulato con l’evasione fiscale e in alcuni casi con reati peggiori, come la bancarotta fraudolenta o il riciclaggio di denaro mafioso.
Grazie alla nuova inchiesta i computer del comando provinciale delle Fiamme Gialle hanno acquisito un patrimonio di segreti bancari che supera di tre volte le dimensioni della lista Falciani, che finora era il precedente più famoso. Quell’archivio informatico della banca internazionale Hsbc, che il tecnico pentito Hervé Falciani ha consegnato a vari Stati europei, conteneva infatti i nomi di 7.499 italiani, con circa 6,8 miliardi di euro depositati in Svizzera, e si fermava al 2007. La nuova super lista riguarda invece tutti i movimenti bancari registrati nell’ultimo decennio tra Italia e San Marino, in entrambe le direzioni, con dati completi e aggiornati. La prima fase delle indagini riguarda i 22 miliardi usciti dall’Italia: tra i 26.953 soggetti interessati compaiono una massa di persone fisiche e circa 2.500 società intestate a italiani. L’inchiesta, diretta dal procuratore capo Sergio Sottani, continua ad allargarsi ed è destinata a proseguire per molti mesi.
Finora è stato chiuso solo un primissimo gruppo di verifiche fiscali. Tra gli accusati ci sono industriali, commercianti, professionisti e perfino qualche banchiere. Ma anche protagonisti di rovinosi fallimenti, ora sospettati di aver svuotato le aziende, licenziato il personale e occultato i capitali all’estero, almeno in parte a San Marino. Qualche indagato ha già ammesso gli addebiti e risarcito il fisco. Altri invece contestano le accuse e avranno tre gradi di giudizio per proclamare la propria innocenza.
La cifra più alta finora scoperta, circa 69 milioni di euro, è passata su conti intestati all’irreprensibile signora F.S., risultata in realtà una familiare dell’industriale marchigiano Alberto Bruscoli, titolare del grande mobilificio Imab Group. L’imprenditore si è assunto ogni responsabilità e si è messo in regola accettando di pagare tutte le imposte arretrate con relative multe. E ha anche giustificato com’era nato tutto quel nero: numerosi acquirenti, soprattutto nel Sud Italia, erano disposti ad accettare solo forniture senza fattura.
Tra gli industriali del Meridione, la somma più consistente, finora, è stata contestata ai titolari della società di Nola Nusco Porte, controllata appunto dalla famiglia Nusco, il patron Mario Felice con i figli Luigi e Michele: secondo la Guardia di Finanza erano gli effettivi beneficiari di un sistema di conti a San Marino con circa 29 milioni, tutti intestati ad anonime società fiduciarie.
Due terzi degli italiani con i soldi a San Marino si concentrano nelle vicine Emilia Romagna e Marche: 10.128 solo in provincia di Rimini, 1.879 tra Forlì e Cesena, 1.242 a Bologna, 2.867 tra Pesaro e Urbino. Se la lista Falciani aveva svelato conti svizzeri ricchissimi con punte da oltre 600 milioni di dollari, i segreti bancari sanmarinesi sembrano fotografare un’evasione di massa, con migliaia di piccoli e medi imprenditori, professionisti, negozianti e grossisti che occultano al fisco quello che possono. In queste regioni, tra i destinatari delle verifiche già concluse, balza agli occhi il nome di Germano Lucchi, ex presidente della Cassa di Risparmio di Cesena, accusato di aver nascosto a San Marino 5 milioni e 200 mila euro, su conti schermati da fiduciarie. Su altri banchieri e sui loro possibili prestanome, le indagini non sono ancora concluse.
Per i fratelli Vannis e Marco Marchi, titolari del marchio di moda Liu Jo con sede a Carpi, l’addebito sale a 9 milioni. Mentre per Lucia Baleani, titolare dell’omonima maison di gioielli a Riccione, l’accusa si ferma a due milioni. Un decimo della fortuna attribuita a un uomo d’affari di Forlì, Alessandro Alberani, passato alle cronache quando fu sentito come testimone nella cosiddetta inchiesta P3 sugli affari proibiti del bancarottiere Flavio Carboni: ora l’imprenditore emiliano è sospettato di aver nascosto a San Marino circa 20 milioni.
Mentre Leo Marino Benedettini  ha già chiesto il patteggiamento versando al fisco, nel 2014, circa un milione e mezzo. Ma questi sono solo i primi effetti di una maxi-indagine potenzialmente sterminata, frutto di una tecnica investigativa che meriterebbe di essere sperimentata contro tutti gli altri paradisi fiscali, che a differenza di San Marino non hanno mai varato leggi anti-riciclaggio e sono ancora nella lista nera degli stati-canaglia.
I finanzieri del comando di Forlì, diretto dal colonnello Alessandro Mazziotti, avevano imparato a conoscere San Marino con le prime indagini, tra il 2008 e il 2013, sui traffici di valuta tra banche italiane e istituti locali. La nuova inchiesta, battezzata “Torre d’avorio”, ha colpito il cuore del sistema: la cosiddetta camera di compensazione. Ad esempio, se una banca italiana deve bonificare 100 milioni a San Marino e riceverne 80, in pratica ne sposta oltre frontiera solo 20: la differenza rimane dov’è e viene redistribuita tra i vari conti nazionali.
l sistema funziona perché i computer degli istituti di credito, ovviamente, registrano tutte queste compensazioni. Quindi, dall’anno scorso, la procura di Forlì ha cominciato ad autorizzare i militari del nucleo di polizia tributaria ad acquisire questa mole di dati informatici da tutte le banche italiane e sanmarinesi, che sono state passate silenziosamente al setaccio una dopo l’altra. Intanto il comando generale della Finanza ha fornito un software, nato per le indagini patrimoniali antimafia, che permette di incrociare l’intera massa dei bonifici, assegni e altri movimenti di denaro con i grandi archivi già a disposizione del fisco.
E così, nei terminali della caserma di piazza Dante a Forlì, ora c’è il quadro totale dei movimenti bancari dal 2006 al 2014, per un totale lordo pari a 33 miliardi di euro. Ovvero: tutte le uscite dall’Italia a San Marino, con cifre e nomi dei beneficiari. E viceversa: tutti i destinatari degli 11 miliardi accreditati in Italia, nello stesso decennio, da altri 30 mila soggetti, cioè da 29 mila sanmarinesi e 953 stranieri. Tra questi potrebbero nascondersi rappresentanti legali o prestanome di evasori italiani. Oppure politici corrotti, pirati dell’economia o criminali stranieri.
Tra le verifiche già avviate, le più inquietanti riguardano strani personaggi della Campania, Calabria e Puglia, che a San Marino hanno incassato somme enormi, anche se si sono sempre dichiarati nullatenenti o poco più: il sospetto è che siano tesorieri delle più ricche e sanguinarie organizzazioni mafiose.
La nuova inchiesta sui segreti di San Marino spiega anche i retroscena di recenti indagini, in apparenza casuali, su gravi fallimenti aziendali. Pierino Isoldi, fino al 2007, era il più ricco costruttore della Romagna, con soci molto in vista e robuste coperture politiche. Con la crisi, le sue società immobiliari sono fallite lasciando voragini di debiti. A San Marino la Guardia di Finanza gli ha trovato prima un conto con 2,5 milioni in contanti e poi altri 13 milioni intestati a fiduciarie. Nel frattempo l’imprenditore di Forlì ha subito una condanna definitiva per procurato aborto: massacrò di botte l’ex fidanzata incinta facendole perdere il figlio. Dopo il grande crack delle speculazioni edilizie e la scoperta dei conti esteri, ora si indaga sulla sproporzione tra le sue ricchezze, come la faraonica villa di famiglia a Bertinoro, e le dichiarazioni dei redditi: la Procura di Forlì ha chiesto al tribunale di applicargli una speciale misura patrimoniale che potrebbe costargli la confisca di tutti i capitali conosciuti fino a 300 milioni.
Italo Spagna è l’ex titolare della storica galleria d’arte Marescalchi, con sede a Bologna e filiali a Cortina e Montecarlo, travolta da uno scandalo di quadri rubati e falsificati, fino al fallimento nel 2011, che sembrava averlo impoverito. Ora la Finanza gli attribuisce un conto da 2,3 milioni a San Marino e altri 27 milioni di redditi non dichiarati.
In Veneto, tra i 1.112 signori del Nordest con la passione per San Marino, le indagini hanno identificato anche Ettore Setten, ex patron del Treviso calcio, ufficialmente finito in bancarotta con debiti per 20 milioni: ora l’imprenditore fallito è accusato di aver nascosto 5,5 milioni.
Tra i 1.330 soggetti attivi tra Lombardia e San Marino, invece, i più fortunati sembravano tre semi-sconosciuti intestatari di assegni e fatture per circa 25 milioni di euro ciascuno. L’inchiesta però ipotizza che fossero spalloni: contrabbandieri di soldi altrui. E ora nei guai c’è tutta la loro clientela. Mentre tra i 1.285 sanmarinesi di Roma le verifiche più urgenti puntano soprattutto a smascherare prestanome e fiduciari di politici, bancarottieri, usurai e boss.
Il piatto forte del menù resta però l’evasione: secondo i primi controlli incrociati tra dati bancari e denunce dei redditi, sono ben 20.675 gli italiani che sembrano proprio essersi scordati di dichiarare al fisco i loro soldi a San Marino.

Aggiornamento. In data 21 giugno 2023, abbiamo appreso da “Dipartimento Legale Tutela Digitale” quanto segue: “la società NUSCO Spa è contribuente in piena regola con i pagamenti e non è soggetto passivo di alcuna evasione fiscale

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