Giorgi sullo stato dell’industria sammarinese ed i sindacati

Giorgi sullo stato dell’industria sammarinese ed i sindacati

In queste ultime settimane il sindacato ha rilanciato la propria campagna di mobilitazione, all’insegna dello slogan “Rompiamo l’immobilismo”. Per metà dicembre la CSU ha proclamato lo sciopero generale e punta il dito soprattutto contro l’ANIS (ma anche contro le associazioni bancarie), per quanto riguarda la mancata firma sui rinnovi contrattuali. La posizione del sindacato è chiara, e allora cerchiamo di comprendere più a fondo le ragioni della controparte, l’ANIS appunto.

Le relazioni sindacali sembrano essere tornate difficili: lo sciopero non rischia di acuire queste tensioni?

“Lo sciopero? Se l’obiettivo del sindacato – afferma il Segretario Generale dell’ANIS Carlo Giorgi – è quello di attirare l’attenzione in questo modo va bene, non c’è niente da dire: ma lo riteniamo uno strumento assolutamente improprio in questo momento perché vuoto di contenuti. Se il sindacato invece volesse seriamente portare avanti proposte concrete, sanno bene che saremmo lieti di sederci intorno a un tavolo. Il nostro obiettivo non è quello di portare avanti rivendicazioni fini a se stesse, ma ci sta a cuore il rilancio dell’economia, il futuro delle aziende e i posti di lavoro dei nostri dipendenti, tutti strettamente correlati l’uno all’altro. La convocazione dello sciopero generale è un’ulteriore conferma di incapacità di rilanciare le relazioni con proposte concrete di sviluppo. Perché parlare solo di ammortizzatori sociali ed aumenti retributivi significa giocare in difesa, sapendo di perdere come è sempre avvenuto negli ultimi anni. Dal canto nostro non possiamo far altro che rinnovare tutta la nostra disponibilità a sederci attorno al tavolo e a discutere”.

Cosa manca per riuscire a chiudere finalmente la partita del contratto Industria?

“Rispetto al sindacato partiamo da una differente visione d’insieme, non tanto per quanto riguarda la constatazione della difficoltà di questa situazione di crisi, quanto per il modo di uscire prima possibile dalle attuali drammatiche difficoltà. Mi sento di dire che la Csu è schiava di vecchi equilibrismi ‘politici’ di facciata. Ad esempio l’accordo del 9 luglio partiva con grossi limiti e non guardava davvero alla realtà. Innanzitutto non conteneva quelle norme che noi ritenevamo e riteniamo necessarie per ridare competitività al sistema. E poi c’è la questione legata agli aumenti salariali: si è voluto dare aumenti ben oltre il tasso d’inflazione. Allora sostenemmo, proiezioni alla mano, che l’inflazione per tutto il 2009 sarebbe stata contenuta, e oggi è stato dimostrato dai fatti che avevamo ragione: su base annua siamo fermi a meno dello 0,765% già corrisposto in busta paga da marzo come ‘vacanza contrattuale’, la metà di quello che era stato dato”.

Cos’è che gli industriali chiedono per arrivare alla firma, e cosa mettono sull’altro piatto della bilancia?


“Quello che siamo pronti a sottoscrivere, sin da oggi, è la tutela dei salari dei lavoratori, con una copertura piena dell’aumento inflattivo. Ma il punto di partenza per un confronto serio deve essere l’efficienza dell’organizzazione del lavoro e la riduzione del costo del lavoro. Auspichiamo che nei prossimi mesi si riesca finalmente a sviluppare un nuovo modello che porti finalmente ad sensibile incremento della competitività complessiva del sistema. Le nostre idee in tal senso le abbiamo già espresse più volte, ed abbiamo dichiarato sempre che siamo pronti ad accettare altre idee che vadano nella stessa direzione, aspettiamo il contributo delle altre parti sociali. Oggi le imprese a San Marino pagano già più di quanto devono e non si può più andare, come è stato fatto anche con le nuove norme per gli ammortizzatori sociali, nella direzione di ulteriori aumenti del costo del lavoro, che è già più alto rispetto ai nostri concorrenti. Solo con questa premessa si può lavorare per il rilancio dell’economia della nostra Repubblica”.


Loris Pironi

A margine dell’intervista, abbiamo approfondito quali sono, secondo l’ANIS, i problemi che limitano le imprese. Ne è venuto fuori qualcosa come “un decalogo e mezzo” (15 punti), che qui vi proponiamo, la cui lettura invita a riflessioni.

1) Costo del lavoro più elevato rispetto all’Italia.


2) Impossibilità di fare ricerca e selezione del personale (vietate persino le inserzioni).


3) Orario di lavoro ridotto rispetto all’Italia e all’Europa e conseguente minore produttività.


4) In molti casi inquadramenti e mansioni sono imposti.


5) Impossibilità di definire l’articolazione dell’orario di lavoro.


6) Impossibilità di rispondere adeguatamente con la flessibilità d’orario ai picchi o alle contrazioni di lavoro.


7) Impossibilità di disporre di strumenti contrattuali di flessibilità. Il lavoro temporaneo è impraticabile.


8) Il lavoro straordinario è solo facoltativo e deve essere preventivamente autorizzato dall’ufficio del lavoro.


9) I distacchi sono possibili solo con il consenso del lavoratore.


10) Le attività rischiano le ipotesi di esterovestizione e/o di stabile organizzazione.


11) La commercializzazione di quasi tutte le tipologie di prodotti (macchine, farmaceutici, sostanze chimiche, apparecchiature elettriche ed elettroniche, ecc.) richiede una complessa armonizzazione con la normativa europea ed italiana.


12) Lo smaltimento dei rifiuti comporta oneri burocratici ed economici elevatissimi.


13) Sussistono gravi problemi burocratici nei rapporti doganali e nell’appuramento dei T2.


14) Alcune attività in Italia sono completamente precluse (appalti pubblici, impiantistica).


15) Esistono gravi difficoltà nell’operatività bancaria direttamente e indirettamente derivante dai rapporti irrisolti con l’Italia.

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