Gli industriali di San Marino: “Occorre dare stabilità al sistema Paese”

Gli industriali di San Marino: “Occorre dare stabilità al sistema Paese”

“Dall’incontro con gli esperti del mi emerge ancora più netta l’urgenza di completare le riforme per rendere sostenibile lo sviluppo del Paese. Un futuro che non può prescindere da Iva e Accordo con l’Ue: sono passaggi strategici, su cui la politica deve avere una posizione chiara e netta”.

Lo dichiara in un comunicato l’Associazione nazionale industria San Marino, i cui esperti si confrontati ieri pomeriggio con gli esperti del Fondo monetario internazionale nell’ambito dell’annuale missione di valutazione del Titano.

“Partendo dall’impatto della pandemia sulle imprese associate, che è anche il tema su cui l’Osservatorio Anis ha costruito le ultime analisi, fornendo dati puntuali allo stesso Fmi, sono stati analizzati i punti di forza del sistema economico, ma soprattutto quelli di debolezza, individuando le possibili soluzioni e gli interventi necessari da approntare nell’immediato futuro – si legge nella nota dell’Anis -. In premessa i rappresentanti dell’Anis hanno evidenziato come le scelte, condivise tra categorie economiche, sindacati e la politica, hanno permesso al sistema economico di superare la fase più acuta della pandemia, allo stesso modo dell’organizzazione a livello sanitario”.

“Ora però è indispensabile riconcentrarsi sul come dare stabilità al sistema Paese. In questo senso i rappresentanti di Anis hanno illustrato agli esperti del Fmi la propria richiesta avanzata a governo e parti sociali affinché venga finalmente condiviso un progetto strategico di stabilità e sviluppo in grado di rappresentare una concreta visione futura per il Paese, definendo la cornice nella quale collocare tutti gli interventi con la relativa scala delle priorità e tempistiche, impiegando al meglio le risorse reperite attraverso l’indebitamento estero affinché nulla di questa opportunità vada sprecato – ribadiscono gli industriali sammarinesi -. Ciò coerentemente con le indicazioni già espresse anche in passato dal Fmi con le raccomandazioni volte ad attuare una vera spending review, riassestare il sistema pensionistico anche per ridare stabilità al Bilancio dello Stato, rendere efficiente il mercato del lavoro, realizzare investimenti infrastrutturali per favorire la crescita economica, come passaggi strategici per rendere più competitivo tutto il sistema sammarinese. Ma soprattutto che vengano chiarite, una volta per tutte, le scelte su Iva e Unione europea perché da queste dipende il futuro economico, ma anche sociale di tutta San Marino”.

Sull’Accordo di Associazione con l’Unione europea, “la trattativa è in corso dal 2015 ma gli obiettivi non sono ancora pienamente condivisi e i tempi entro i quali potrà essere concluso non sono ancora definiti”; anche sull’introduzione dell’Iva “c’è purtroppo molta incertezza su tempistiche e modalità”.

Proprio sui suddetti aspetti “si è aperto un approfondimento con la delegazione del Fondo monetario internazionale, che ha rimarcato, suscitando un certo imbarazzo, come fin dal 2014 i vari governi che si sono succeduti si erano impegnati all’introduzione di un sistema Iva a San Marino, e condiviso come sia determinante per facilitare l’interscambio commerciale non solo con i Paesi dell’Unione europea, visto che è lo strumento più utilizzato, sia per recuperare gettito in maniera equa”.

Inoltre, “come hanno suggerito gli esperti del Fondo monetario internazionale, che hanno ribadito la loro piena disponibilità a fornire supporto tecnico, l’implementazione di una tale riforma risulta fondamentale e necessaria sia per la stabilità e lo sviluppo economico, ma anche per alimentare la fiducia in tutto il sistema San Marino avendo così la forza di dimostrarsi capace di far fronte agli impegni presi con il finanziamento estero e di conseguenza avere più potere contrattuale in futuro anche in funzione della sua sostenibilità”.

Non possiamo più accettare che su una scelta tanto urgente si continui a prendere tempo, mettendo anche in cattiva luce la reputazione del Paese in termini di credibilità, privando il sistema delle imprese di un indispensabile fattore di competitività”, afferma infine l’Anis.

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