Il referendum non passa, ma la gente dice “no” al sistema
Presi nella loro crudezza, i numeri hanno decretato la bocciatura dei referendum. Ma nell’analisi complessiva del voto del 16 marzo appare un dato indiscutibilmente importante: i sammarinesi residenti non hanno ascoltato i grandi partiti, né tanto meno il sindacato, nonostante il grandissimo dispendio di forze per l’astensionismo e per un voto contrario. I residenti hanno votato “sì”, sia per la preferenza unica, sia per i tre quesiti in materia di lavoro, dimostrando di essere svincolati dai condizionamenti politici.
Quel “sì” equivale alla bocciatura del sistema, dell’immobilismo politico, degli inutili tatticismi orchestrati dai partiti per sole mire di potere.
Anche il sindacato dovrebbe riflettere a fondo sul significato di questo risultato.
Quel “sì” è stato fondamentalmente un voto di protesta. E bisognerà comunque tenerne conto perché equivale ad una larga fetta della popolazione residente.
Inutile conteggiare percentuali sul voto estero. Quello è un voto che conta solo quando è pagato. A questo l’hanno ridotto i grandi manovratori dei viaggi elettorali. Per questo i cittadini esteri non sono venuti a votare, ad ulteriore dimostrazione di come funzionano le cose e del valore del quesito sulla preferenza unica.
Oggi, nelle insane esclamazioni di vittoria del dopo voto, non si tiene conto del giudizio di migliaia di sammarinesi che sono stati molto chiari con la loro libera espressione di volontà, e addirittura si disquisisce sulla validità dello strumento referendario.
Ma questo voto è, per i piccoli partiti che con i loro pochi mezzi hanno sostenuto il referendum, un travolgente monito a fare qualcosa. A dare una risposta “forte”, seria, credibile e coerente a tutta quella gente che ne può più di come viene gestito il Paese.
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