Il Giornale, Giancarlo Perna, Bocchino, l’anima nera di Fini che si autoassolve dai peccati

Il Giornale, Giancarlo Perna, Bocchino, l’anima nera di Fini che si autoassolve dai peccati

Il Giornale


Bocchino, l’anima nera di Fini che si autoassolve dai peccati

Prima discepolo di Tatarella poi berlusconiano. Ma oggi è l’ariete dell’ex leader di An. Fa le pulci agli altri ma, tirato in ballo in una storia di tangenti, nega pure l’evidenza

Giancarlo Perna

(venerdì 9 luglio)

Nel 1996, Italo Bocchino era un neodeputatino aperto e cordiale di 29 anni. Apparteneva al vivaio di Pinuccio Tatarella di cui era il saltellante puledrino. Gli faceva strada come l’araldo col re, lo affiancava come un legionario, lo seguiva come una damigella d’onore. Era il suo modo di monopolizzarlo.

Italo non aveva nulla del neofascista. Già prima di diventare deputato era stato, con Tatarella e Domenico Fisichella, un berlusconiano della prima ora e tifava per il cambio di pelle del Msi in An, suggellato a Fiuggi (gennaio 1995). Quando però, nel 1999, Pinuccio morì, il puledrino perse le coordinate e si trasformò in grillo parlante. Col tempo, si è fatto querulo.
Napoletano di nascita, Bocchino è deputato di Casal di Principe. Un collegio difficile, regno dei clan Casalesi. A lungo, ha sfogato in loco la sua natura portata alle trame. Nel 2005, commise l’imprudenza di sfidare il governatore pds, Antonio Bassolino, O’ Re, per la guida della Campania. Stracciato, invece di fare il capo dell’opposizione in Regione – secondo l’impegno preso con gli elettori – optò per il comodo tran tran di Montecitorio. In Campania mantiene però braccia e piedi per controllare il reticolo di amicizie.
La nascita due anni fa del Pdl – con la fusione di Fi e An – ha accentuato il gusto di Italo per l’intrigo. Oggi passa per l’anima nera di Gianfranco Fini che, non avendone una propria, è ben contento di lasciare al linguacciuto collaboratore le sparate più grosse. Se c’è da minacciare e promettere senza mantenere, Bocchino è in prima linea. Così, è stato ospite fisso di Santoro. L’Unità ne raccoglie il verbo. I festival della sinistra se lo contendono. Anche l’ultima intimidazione al Pdl è farina sua. In un’intervista a Libero di due giorni fa, Italo ha detto che il Cav farà bene a sottostare ai diktat di Fini se non vuole una scissione che lo priverebbe al Senato del premio di maggioranza.
Italo è una miniera di malignità. Tempo fa ebbe una lite in tv col deputato del Pdl Maurizio Lupi. Non riuscendo ad averne ragione, lanciò a freddo: «Voi di Comunione e liberazione siete maestri nel prendere poltrone e vieni a fare la morale a me?». Da notare che, tra i due, il solo ad avere una poltrona vera era Bocchino, vicepresidente vicario dei deputati del Pdl. Lupi, offeso come cattolico, reagì: «Dimettiti. Non ti riconosco più come mio vicepresidente». Italo sibilò inviperito: «Sei un fascista e squadrista». Sentendo il bue che dava del cornuto all’asino, ci furono malori in sala per il gran ridere. Giorni dopo, anche in seguito al bisticcio che evidenziava l’incompatibilità tra finiani e Pdl, Bocchino si dimise. Disse melodrammatico: «Sono stato epurato». Era falso ma in ogni caso, benedetto figliolo, se insulti che pretendi? Non puoi essere insieme la guida e l’aguzzino dei tuoi.

Da allora, è dilagato. Alle recenti elezioni campane, ha messo il veto sulla candidatura a governatore del sottosegretario pdl Nicola Cosentino, anche lui di Casal di Principe e suo nemico personale. Il pretesto era la richiesta di arresto di Cosentino avanzata dalle toghe di Napoli per presunta intelligenza col clan dei Casalesi. Domanda respinta dalla Camera per scarsità di prove. Di fronte all’attacco, il sottosegretario si è ritirato dalla lizza. Non contento, Bocchino è andato a uno dei congressi pdl preparatori dell’elezione e ha fotografato col cellulare la sala. Con sapienti inquadrature, l’ha mostrata semivuota con l’intento di documentare il poco seguito di Cosentino. Scoperto e denunciato come sabotatore da una signora e un signore, funzionari del Pdl, Italo si è vendicato definendoli in un comunicato – per il fatto che abitano da anni insieme con figli – «coppia di conviventi». Meschineria che dimostra un’indole da zappaterra. Inoltre, se Cosentino è sospettato di camorrismo, non va meglio a Bocchino. Tale Vassallo, imprenditore legato al clan Bidognetti, ha infatti dichiarato: «Bidognetti Raffaele riferì che gli on. Bocchino, Cosentino (più un paio di altri, ndr) facevano parte del nostro tessuto camorristico». Ergo: Italo, occupati della trave tua.

Bocchino, purtroppo, tende a impancarsi nelle vesti del giusto. Dopo le dimissioni da vicepresidente vicario, sapendolo avvelenato, Maria Latella lo invitò a Sky tv. Italo dichiarò solenne: «Su un politico non ci deve essere nemmeno un centimetro quadrato di ombra», e un’aureola gli spuntò sulla testa magra. Il Nostro non aveva però titolo per fare l’asserzione.
Recentemente è stato assolto dal sospetto di avere favorito l’imprenditore napoletano Alfredo Romeo per un appalto comunale. L’oggetto era la manutenzione delle strade di Napoli. L’accusa: turbativa d’asta, associazione per delinquere, corruzione. Il tribunale è stato clemente ma resta la telefonata intercettata tra Bocchino e Romeo che mostra il politico prono e rispettoso. C’erano state difficoltà nella delibera che mettevano in forse l’affidamento dei lavori. Bocchino tranquillizza l’altro. «Ho seguito tutto», «Tutto è a posto». Romeo però continua a essere preoccupato: «Non c’è nessuna volata a qualcun altro?». Bocchino: «No, no, nessun problema». Romeo: «Quindi possiamo entrare nel merito?». Bocchino: «Come no, come no, come no». Che ne dite? Non sarà reato, ma la premura c’era. Insomma, se sermoneggi sul centimetro d’ombra non puoi ridurti un tappetino.
Sentite quest’altra. Dovete sapere che Italo ha la tigna dei giornali. Possiede due quotidiani, il Roma e l’Indipendente e una rivista, Con-Conservatori contemporanei. Sua moglie, Gabriella Buontempo, è proprietaria di una società di produzione tv, Goodtime, che lavora per la Rai. Nel 2001, ottennero dalla Fin Broker di San Marino 4 miliardi e 200 milioni di lire: 1,8 per finanziare Goodtime; 2,4 per ripianare i debiti del Roma. Titolare della società di San Marino era Loris Bassini. I soldi da lui versati ai coniugi Bocchino erano del conte Vitali che – a dire di Bassini – gli aveva affidato 22 miliardi frutto di una tangente (legittima) percepita dal nobiluomo come mediatore per l’affare Telekom Serbia. Una faccenda oscura di cui si è occupata una commissione parlamentare d’inchiesta di cui – quando si dice il caso – Italo ha fatto parte. Senza entrare nei particolari, Bocchino ha sempre detto di non avere mai saputo che il prestito in suo favore fosse di provenienza tangentizia. Bassini dice di averlo avvertito fin dall’inizio. Successivamente, il broker ha passato i guai suoi perché il conte ha rivoluto indietro la somma. Ora, Bassini rivuole i soldi dai Bocchino e nel novembre 2009 ha cercato di pignorarne la casa romana per ottenere da Gabriella la restituzione dei denari prestati a Goodtime. Gli sposi si limitano a dire di essere in pace con la legge e la coscienza e si sono chiusi in corrucciato silenzio. E no, Italo. Per uno specchiato gentiluomo questo è un errore. O fai chiarezza. O smetti di fare le pulci agli altri.

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