Il prof. Giovanni Guzzetta, Dirigente del Tribunale di San Marino, scrive, di fatto, al Paese

Il prof. Giovanni Guzzetta, Dirigente del Tribunale di San Marino, scrive, di fatto, al  Paese

Leggi la lettera (Pdf) del prof. Giavanni Guzzetta indirizzata agli Ecc.mi Capitani Reggenti e a tanti soggetti fra cui i membri del Consiglio Grande e Generale.

Ecco il testo della lettera del prof. Giovanni  Guzzetta in word

“Ricevo comunicazione relativa alla delibera in oggetto, con la quale il Congresso di Stato ha ritenuto di annullare d’ufficio la precedente delibera del Congresso di Stato n. 44/2018 relativa al calcolo del trattamento retributivo del Dirigente del Tribunale.

Con la nuova delibera viene rideterminata la retribuzione del Dirigente del Tribunale, sull’assunto che la precedente delibera avrebbe illegittimamente computato, nel calcolo retributivo del Dirigente, anche l’indennità di Magistrato dirigente, che invece avrebbe dovuto essere, all’epoca, considerata come indennità “particolare” (e pertanto esclusa).

La vicenda ha ovviamente aspetti di carattere personale, ma, all’evidenza, una rilevanza istituzionale.

Sugli aspetti di carattere personale non intendo entrare, non appartenendo al mio costume quello di confondere profili privati e aspetti relativi all’ufficio che, nella fattispecie, ricopro. Esistono altre sedi perché essi possano venire adeguatamente articolati.

Mi limiterò a qualche considerazione di carattere generale.

Non è necessario constatare come l’evidente ostilità (ridondante in vero e proprio ostruzionismo) manifestata in tutte le sedi nei confronti della mia persona, fin dall’atto della nomina, rischi, allo stato, di danneggiare non tanto me (essendo personalmente del tutto disinteressato alle insinuazioni, alle calunnie o ai pettegolezzi privi di qualsiasi fondamento) quanto piuttosto l’ufficio stesso che ho l’onore di ricoprire.

I sistematici tentativi di delegittimare la mia persona sono infatti coincisi, in un crescendo inquietante, con un progressivo ridimensionamento, in via normativa e amministrativa, oltre che in termini di minimo rispetto e stile istituzionale, della figura del Dirigente del Tribunale. E’ sufficiente ascoltare i dibattiti in consiglio Grande e Generale dell’ultimo anno per avvedersi, al di là del merito di una critica certamente legittima, ancorché espressa in totale assenza di contraddittorio, di toni che hanno costantemente trasceso quel minimo di continenza che si dovrebbe riconoscere ai rapporti tra istituzioni appartenenti a circuiti riconducibili a poteri distinti e separati. Ed è estremamente doloroso dover constatare che, malgrado la pesantezza dei toni e delle

insinuazioni, mai una voce si sia levata, non certo per impedire la legittima critica, quanto per richiedere l’uso di espressioni confacenti al dialogo istituzionale ispirati a un criterio di minima continenza.

Ma al di là dei toni, la sequenza di iniziative legislative e amministrative (riemersa anche nella drammatica fase dell’emergenza Covid, come dal sottoscritto denunziato pubblicamente con precedenti missive indirizzate alle autorità istituzionali del paese) volte a marginalizzare il ruolo del Dirigente del Tribunale anche nei settori di precipua competenza, come quello dell’“organizzazione, coordinamento e direzione degli uffici giudiziari” rischia di raggiungere una dimensione di tali proporzioni da riflettersi sullo stesso buon andamento dell’amministrazione giudiziaria.

E’ noto che, in tutti gli ordinamenti del mondo, esista una tensione tra potere giudiziario, e chi lo rappresenta, sia nell’esercizio della funzione giurisdizionale che in quell’attività di alta amministrazione, funzionale ad assicurare il buon funzionamento della prima (cfr. Collegio Garante della Costituzionalità delle Norme, sent. 19/2019). Ed è per questo motivo che, ad arginare tale dialettica dalle possibili degenerazioni e prevaricazioni, sono stati istituiti presidi di separazione, autonomia, indipendenza, sia soggettivi (status giuridico ed economico, ecc.) che oggettivi (autogoverno, insindacabilità da parte del potere politico, limitazioni dalle ingerenze degli altri poteri, ecc.). Presidi riconosciuti oltre che dalle norme costituzionali e sovranazionali, da tutte le

principali raccomandazioni internazionali.

L’allarme che intendo lanciare con questa comunicazione (l’ennesima dopo innumerevoli appelli precedenti) non riguarda, dunque, il destino personale di una persona fisica che, ringraziando il cielo, trova le proprie gratificazioni personali, professionali, morali ed economiche anche altrove, quanto la preoccupazione che non si rifletta abbastanza, prima che sia troppo tardi, sull’effetto che tale deriva, ormai divenuto fatto notorio, così da non richiedere ulteriori accertamenti istruttori, rischia di produrre sulla giustizia sammarinese.

In questi mesi, confesso, ho più volte pensato che per il benessere di San Marino, pur non ritenendomi responsabile di alcunché rispetto a ciò di cui mi si accusa costantemente e ai più alti livelli, avrei forse dovuto compiere un passo indietro, così da togliere ogni pretesto a chi ritiene che tutte le cause dei mali della giustizia sammarinese provengano, non si sa come, dal sottoscritto.

E devo ammettere che ciò che mi ha trattenuto da tale passo è stato il sostegno di molti operatori del settore, molti magistrati, il personale di cancelleria (che svolge un lavoro straordinario in un contesto di cronica e costantemente sottovalutata e ignorata carenza d’organico), membri dell’avvocatura, privati cittadini.

La circostanza che si siano, in tempi recenti, adottate misure le quali – al di là anche delle intenzioni soggettive, che non ho alcun titolo o diritto di sindacare, proprio per quel principio di separazione dei poteri a cui tengo – colpiscono direttamente lo statuto giuridico e, adesso, economico del Dirigente, mi costringono a mettere da parte quelle tentazioni.

Come potrei conservare il mio onore se decidessi di “gettare la spugna” proprio nel momento in cui sono destinatario di misure che riguardano quello status e, nei fatti, la mia persona? Come potrei tollerare che qualcuno, di fronte a un mio passo indietro, possa sospettare che esso sia la prova del fatto che il mio impegno fosse motivato da ragioni di puro potere e gretto interesse economico, venute meno le quali non avrebbe senso permanere nel mio ufficio?

Anche oggi intendo prestar fede a questo intendimento. Non saranno ragioni soggettive e private a indurmi a un passo indietro, ma solo la consapevolezza, se si verificherà, che colpendo me, in realtà, si sta uccidendo la funzione che ricopro, con indubbio danno per la giustizia sammarinese.

Dal primo giorno, e le numerose lettere da me scritte ne sono una prova inconfutabile, ho sempre detto che non mi sarei sottratto a nessuna responsabilità, ma che se qualche responsabilità mi si fosse voluta addebitare, essa avrebbe dovuto essere contestata nelle sedi opportune. Perché questa è la differenza tra lo stato di diritto e il far west in cui impera la calunnia e l’insinuazione.

Questo è quanto non posso che ribadire in questa sede. Se qualche responsabilità mi si vuole addebitare, non c’è bisogno di percorrere vie traverse. E’ sufficiente chiamarmi a rispondere.

Come scrissi nella mia lettera di insediamento da Dirigente del Tribunale, nutro un affetto e una riconoscenza sincera nei confronti della Repubblica di San Marino, maturati specialmente come componente del Collegio Garante, prima, e come Presidente dopo. Continuo a ritenere che rimango molto più in debito che in credito verso il Paese.

Ho avuto l’opportunità di seguire e concorrere all’impegnativo sforzo compiuto dalle istituzioni della Repubblica negli ultimi anni, per procedere sulla strada delle grandi liberal-democrazie, tipiche del costituzionalismo e dello Stato di diritto, equilibrando il peso reciproco dei differenti poteri dello Stato.

E non penserei mai, nemmeno in questa occasione, e malgrado le somiglianze oggettive, che si possano mai adottare metodi tipici degli stati autoritari in cui le personalità scomode vengono colpite nella dimensione privata (quale che essa sia) non potendosi abbatterle sotto il profilo della funzione pubblica da essi ricoperta.

Ma proprio perché non credo questo, non posso cedere al rischio che qualcuno pensi che io mi voglia sottrarre, nelle sedi opportune, a possibili contestazioni legittime (anche se infondate) del mio operato, fuggendo solo per qualche disagio determinatosi nella mia sfera privata.

Gli strumenti per sindacare il mio operato come Dirigente sono molteplici e a tutti noti, benché – mi  corre l’obbligo di ricordarlo – nell’occasione delle mai provate accuse su di una mia presunta incompatibilità, sia stato io stesso, dopo mesi di illazioni, a dover suggerire la strada su come compiere un accertamento nei miei confronti nelle sedi opportune con le garanzie dello stato di diritto.

Quanto alla delibera dalla quale questa mia lettera è scaturita, confido che gli organi politici possano, magari suffragati dall’ausilio consultivo degli organi tecnici come l’avvocatura dello Stato, cogliere i numerosi vizi di legittimità in cui tale procedimento di autotutela è incorso. Vizi che, per la natura di questo scritto non intendo articolare in questa sede, ma che, perché queste mie affermazioni non appaiano esse stesse mere illazioni, mi riservo di esternare in altre sedi.

Spero che, di queste mie considerazioni, rimanga la consapevolezza di quanto possa essere pericolosa per la salus rei publicae  ogni tendenza, anche eventualmente inconsapevole, che, per colpire un singolo con provvedimenti ad personam, distrugga l’ufficio che quella persona occasionalmente si trova ad occupare.

Le persone possono anche passare nel giro di qualche anno, ma ci vuole molto più tempo perché i danni alle istituzioni si rimarginino.

Il Tribunale di San Marino, come ogni istituzione giudiziaria, ha bisogno di essere sostenuta e di essere riconosciuta nella sua credibilità, soprattutto nel momento in cui si debbono affrontare delle sfide durissime, come quella di assicurare il funzionamento della giustizia in quest’epoca di epidemia devastante.

Una giustizia che, com’è noto a tutti, ha già dovuto pagare un altissimo prezzo alla battuta d’arresto provocata dalla pandemia. Una battuta d’arresto che spero non pregiudichi i risultati straordinariamente positivi raggiunti in questo anno e mezzo, grazie soprattutto alla riconquistata fiducia e laboriosità degli operatori (magistrati, cancellieri, professionisti, ccc.). Ma che, soprattutto, spero non pregiudichi la necessità di continuare ad amministrare giustizia, talvolta con processi delicatissimi. Penso, per tutti, al processo del c.d. conto Mazzini, che deve assolutamente svolgersi in un clima di serenità e senza sospetti, tra le istituzioni e di fronte al paese.

Con perfetta osservanza

Il Dirigente del Tribunale”

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