Il ‘tintinnar di manette’che scuote il Titano. Pier Roberto De Biagi, NQ Rimini San Marino

Il ‘tintinnar di manette’che scuote il Titano. Pier Roberto De Biagi, NQ Rimini San Marino

Nq Rimini – San Marino

L’analisi – San
Marino per anni ha vissuto nella convinzione che “noti a noi, ignoti agli altri”
reggesse per sempre

Il “tintinnar di manette”che scuote il Titano

E le
Procure fanno tremare la “casta” dei segreti

Pier Roberto De Biagi

 

SAN MARINO – Uno spettro si aggira per San Marino, ma con Marx nulla ha a che fare. Perché lo spettro non è quello del comunismo, ormai oggetto d’antiquariato (almeno a queste latitudini), ma di una questione morale – punto dirimente di ogni democrazia – colpevolmente nascosta per troppo tempo dalla politica, dalla finanza e dall’imprenditoria d’accatto, consapevolmente o per remissività ignorata dalla nostra magistratura e altrettanto impietosamente messa a nudo dalle procure e dalla Guardia di Finanza italiane: da Delta-Carisp a Fingestus, passando per Fincapital, Credito Sammarinese… Rivelando pure, non di rado, intrecci e contiguità tra malavita organizzata e potere politico, lobby di ogni risma, comprese quelle di matrice religiosa. Una valanga! Di fronte alla quale questa sorta di antropologia da ancien regime, forse travolta dal panico, simula sconcerto, incredulità, inconsapevolezza, fino a rifugiarsi, infelicemente, nella censura di chi queste nefandezze le porta allo scoperto. Mentre tutti o quasi, nei circuiti che contano, sapevano e sanno. Oligarchi da Consiglio Principe e Sovrano, che hanno maramaldeggiato per decenni sullo scheletro del Paese e lo hanno stordito di benessere ed effetti speciali, oggi si scoprono improvvisamente fragili, impauriti e tentano la latitanza da responsabilità pesanti, severe, a volte inconfessabili. E sono gli stessi che hanno isolato la Repubblica, se non dal mondo, che poco ci conosce e ancor meno ci considera – a dispetto di un ormai stucchevole richiamo alla nostra presenza nei più disparati organismi internazionali -, certamente dallo storico vicino, rispetto al quale è crollata una fiducia costruita in un secolo e mezzo di “amicizia e buon vicinato” autentici, ma soprattutto leali. E quando quel vicino, anche per i nostri eccessi di imprudenza e di disinvoltura, fa echeggiare il rumore delle manette, c’è chi finalmente si scuote e scopre che tutto, come si vuol far intendere, non è evidentemente stato fatto e che quelle colpe addebitate al singolo appartengono probabilmente ad un intero sistema, che se in parte si è emendato con i provvedimenti altrettanto non ha fatto con i comportamenti. Perché non è possibile e neppure credibile che solo oggi si scopra, e per iniziativa altrui, che parte della nostra economia è malsana, che alcune banche nascondono – o nascondevano – risorse non marginali di sospettissima provenienza, che qualche finanziaria gioca – o giocava – con le ramificazioni più feroci e oscure della malavita organizzata. Ed è così che – al netto delle resistenze, dei tentativi di non dischiudere il guscio, dell’allergia per chi racconta le nostre vicende – quel “noti a noi, ignoti agli altri” più che storia è reperto di veteroprovincialismo. Benché si finga di non accorgersene, perché ancora serve. E Dio solo sa quanto! Per dire che quel “noi” – la casta – sa, ma non può e non vuole dire. E che quegli “altri” – i cittadini – non sanno e non possono, o non devono, sapere. Ma comincia a non essere più così e forse non lo è già.
Pier Roberto De Biagi

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