IlSole24Ore, Lionello Mancini sulla sentenza Karnak

IlSole24Ore, Lionello Mancini sulla sentenza Karnak

La sede a San Marino non salva dalle richieste del fisco italiano

(Articolo di Lionello Mancini)

 

Il Tribunale di Rimini ha condannato sei tra soci e manager del gruppo sammarinese Karnak – colosso nel settore di cancelleria e materiale per ufficio con ricavi per 140 milioni – riconosciuti colpevoli di aver evaso imposte per oltre 100 milioni tra il 2002 e il 2005. A conclusione del rito abbreviato, che comporta pene scontate di un terzo, i Pm riminesi Luca Bertuzzi e Leonardo Berardi avevano chiesto la condanna a 2 anni di reclusione per ciascuno degli 8 imputati; il giudice Silvia Corinaldesi ha inflitto condanne a un anno e otto mesi (pena sospesa) solo a sei imputati, assolvendone altri due. La sentenza, accogliendo le tesi dell’accusa, ha per la prima volta stabilito che avere la sede a San Marino non basta per non pagare tasse in Italia, se il fatturato viene realizzato con un’organizzazione materiale e di personale stabile nel nostro Paese. Si apre così una nuova fase di incertezza per decine di aziende, sospettate di essere sammarinesi solo per convenienza (esterovestizione), in violazione della legge italiana.
Il processo ha alla base l’ispezione condotta nel 2006 dalla Gdf riminese. Sulla base di documenti contabili, perquisizioni, verbali di riunioni intergruppo, i militari dipingono un gruppo di diritto sammarinese ma con un’organizzazione tutta italiana; una forzatura giuridica (per di più occultata con complicati e mutevoli intrecci societari e organizzativi) avente come unico scopo l’aggiramento del fisco della nazione in cui si realizzano tutti i ricavi. Da qui la condanna di ieri dei Bianchini quali soci e amministratori della Karnak SA, «con sede legale e amministrativa nella Repubblica di San Marino e stabile organizzazione in Italia a Torriana (Rimini)» e dei manager delle quattro aziende italiane «che costituivano la sede fissa d’affari della Karnak sa a cui erano legate con rapporti di dipendenza intergruppo: K&K Logistics Spa (già Karnak Italia Spa), EDK Editore Srl, Ninetofive Srl e Petra Immobiliare».
La decisione ha spiazzato i soci Karnak – «Dal tribunale un giudizio sorprendente» titola il loro comunicato – che finora erano sempre riusciti a rintuzzare le richieste del fisco italiano, riparandosi dietro lo scudo delle leggi del Titano e grazie a una potente rete di relazioni che ha visto scendere in campo persino il vescovo di San Marino con parole durissime. Ma ieri il gruppo ha perso il primo round penale cui è stato costretto. Da anni Karnak – legittimamente, grazie anche ai vantaggi fiscali di cui gode oltreconfine – si aggiudica le gare Consip ed è perciò fornitore di enti e uffici della Pa italiana. Fino a contare circa 70mila clienti, di cui solo qualche decina nella minuscola San Marino.
La sentenza riminese si può definire storica per un’altra ragione: rompe un paio di decenni di inattività della magistratura locale sul fronte dell’evasione agevolata dal confinante paradiso fiscale. Anche per portare alla sbarra gli imputati condannati ieri, i pm hanno dovuto faticare, tanto che il Procuratore Paolo Giovagnoli dice al Sole 24 Ore: «Quando in ballo c’è tanto denaro, noto che si muovono grandi interessi per evitare le sentenze. Noi perseguiamo tutti i reati, compresa ogni forma di evasione fiscale. E i risultati cominciano ad arrivare»l.mancini@ilsole24ore.com
Il caso
01|L’INDAGINE
Nel 2006 la Gdf di Rimini indaga sulla Karnak, la società anonima fondata in Romagna e poi trasferita sul Titano, che risulta a capo di una holding con sede legale sia in Italia sia a San Marino. Per la Gdf, Karnak realizza il suo fatturato in Italia, grazie a centinaia di agenti italiani che vendono a 70mila clienti italiani. Deve dunque pagare le tasse in Italia
02| I RISULTATI
Emerge che tra 2000 e 2005 il gruppo non ha dichiarato circa 500 milioni, evadendo Irpeg e Ires per oltre 162 milioni, anche se la prescrizione ha cancellato parte delle somme contestate. Karnak nega la stabile organizzazione, forte della decisione favorevole del 2008 in Ctp. Sull’appello si allunga l’ombra della condanna di ieri

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