Indagine Chalet, spunta un falso avvocato. Renzo Mazzaro, Il Mattino di Padova

Indagine Chalet, spunta un falso avvocato. Renzo Mazzaro, Il Mattino di Padova

Il Mattino di Padova

Caso Baita, nell’inchiesta spunta un falso avvocato

 

Fabio Franco Accinelli, legale di Milano, seguiva gli interessi di William Colombelli per gli inquirenti veneziani non figura nell’albo e non insegna all’ateneo di Trento

Renzo Mazzaro

VENEZIA. Colpo di scena laterale nell’inchiesta Mantovani. Si scopre che l’avvocato di William Colombelli, titolare della Bmc Broker di San Marino, quella che fabbricava le fatture false per la Mantovani, non è un avvocato. Non è iscritto all’Ordine e non potrebbe esercitare più del barista che vi serve il caffè stamattina. Invece lo fa da tempo in vari tribunali della Repubblica. Con progressione di carriera, per giunta, visto che si presenta come consulente di grossi studi milanesi. Anche se non risulta. E come professore dell’Università di Trento, di cui ha carta intestata. Ma a Trento non l’hanno mai visto.
Il sedicente avvocato, smascherato e denunciato dagli inquirenti veneziani, si chiama Fabio Franco Accinelli. È milanese. Dal suo ufficio Colombelli scriveva le e-mail confidenziali all’ingegner Piergiorgio Baita, capo della Mantovani. Tipo quella del 26 maggio 2011 in cui gli dice: «Caro Piergiorgio, ti scrivo dallo studio del mio avvocato con il quale abbiamo visionato la relazione da te speditami, che è assolutamente insufficiente e non sostenibile di fronte ad un ufficio indagatore». Studiavano le strategie per seminare gli inseguitori.
Chissà come la prenderà Piergiorgio, l’unico dei quattro arrestati ad essere ancora in carcere: Claudia Minutillo, Nicolò Buson e lo stesso Colombelli hanno avuto la revoca anche degli arresti domiciliari. Baita no, è sempre in vincolis. Pensare che ha fatto i salti mortali per pagare quei 22.506.400 euro alla Bmc Broker documentati dalla Guardia di Finanza. Colombelli ha vissuto come un nababbo con il 20% che la Mantovani gli lasciava in compenso delle consulenze tecniche mai eseguite ma fatturate. Grosse auto, una collezione di moto da strada e d’acqua, case, barche, con 12.000 euro di imponibile dichiarato all’anno.
Avesse almeno riempito le carte che gli competevano. No, tutto Baita doveva fare: inventarsi i progetti, acquisire la documentazione, stendere le relazioni al posto suo. Le palancole del Mose, il terminal Ro-Ro di Fusina, quello di Porto Levante, il sistema delle tangenziali sull’A4, il Gra di Padova, il mercato ortofrutticolo di Mestre, il cantiere di via Moranzani, quello del Lido-Tre Porti. Consulenze tecniche su tutto. E tutte fasulle, secondo il pm, perché riferite a operazioni già pagate ad altri. L’ordinanza che le racconta, 220 pagine firmate dal Gip di Venezia, è avvincente come un romanzo: i giri che si è inventato Baita, gli intrecci tra le società, i lavori inesistenti da fare e i soldi veri da incassare, sembrano il canovaccio di un film.
Non aveva torto Giancarlo Galan a definire l’ingegnere «una spanna più alto di tutti». Peccato che tanta intelligenza sia inciampata in un tipo come Colombelli, che peraltro Giancarlo Galan ha conosciuto in casa di Niccolò Ghedini. Altra bella testa di sicuro, oltre che avvocato vero, almeno lui. In compagnia di tutti questi intelligenti, come poteva Colombelli non sentirsi arrivato?
L’unica fatica che ha fatto per anni, a parte registrare le telefonate di Baita a insaputa del medesimo, è stata andare a incassare il denaro nelle banche di San Marino, assieme a Minutillo. Quasi 400 viaggi in sei anni si sono fatti. Più di uno a settimana. Sempre prelievi in contanti. Mai sotto 30.000 euro. Quarantuno volte sopra 100.000. Una volta addirittura 1.025.000 in un colpo solo. Cifre accertate da riscontri bancari della Finanza: provate a farvi dare somme consistenti dalla vostra banca in contanti, se ci riuscite. Poi uno si chiede perché San Marino.
Gli inquirenti veneziani incontrano la prima volta Fabio Franco Accinelli quando accompagna Vanessa Renzi, una dipendente di Colombelli, sentita come teste. Siamo nel 2012. Accinelli si presenta come avvocato di Colombelli. Circostanze successive inducono a chiedere al Gip l’autorizzazione a perquisirgli l’ufficio: la perquisizione si svolge alla presenza di un delegato della procura di Venezia e uno dell’Ordine di Milano, per salvaguardare gli altri avvocati che lavorano nello studio. La routine prevede la verifica del tesserino professionale: Accinelli tergiversa. Il suo imbarazzo induce ad approfondire. Dopo alcuni solleciti, l’Ordine degli avvocati di Milano nega che Accinelli sia mai stato iscritto. Il rettore dell’Università di Trento cade dalle nuvole. Nessun altro foro italiano lo ha in elenco.
L’esercizio abusivo della professione (art. 348 cp) è punito con una condanna fino a 6 mesi e una multa fino a 516 euro. Quisquilie, a parte la figuraccia. Al telefono Accinelli continua a sostenere la parte: «Sono un avvocato, perché questa domanda? Come studio facciamo diritto societario e contrattualistica. Io ho seguito la Bmc di Colombelli nel recupero crediti su contratti che la vedevano creditrice di varie società del gruppo Mantovani». E com’è andata? «Avevamo predisposto delle azioni ma nel momento dell’esecuzione è scoppiato il patatrac e siamo rimasti fermi. Sull’inchiesta di Venezia non dico niente, il penalista è l’avvocato Fogliata».
Renzo Fogliata, veneziano: «Ho sentito parlare dell’avvocato Accinelli nel corso dell’indagine, ma parlare e basta. Non lo conosco di persona. So che Colombelli si è rivolto a lui prima di rivolgersi a me, ma per altre questioni». Non sa neanche se sia un civilista o un penalista? «No, so solo che ha lo studio a Milano e che c’era l’ipotesi di Colombelli di avviare un contenzioso civile nei confronti di Mantovani per ottenere il pagamento di alcune commissioni».
 

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