Nuovo quotidiano di Rimini
TRAFFICO DROGA ITALIA-USA, I SOLDI SUL TITANO
Era un vero e proprio sistema di ‘money laundering’ e ‘drug
trafficking’ quello messo in piedi da un’organizzazione criminale internazionale
dedita al traffico di sostanze stupefacenti e al reinvestimento dei proventi
ricavati. L’operazione ‘Fire and Ice’, articolata in circa due anni di indagini
che hanno attraversato gli stati esteri, sotto la lente della Squadra Mobile di
Roma, diretta da Vittorio Rizzi, e della Dea (Drug Enforcement Administration)
statunitense, con il coordinamento del procuratore distrettuale Antimafia,
Giancarlo Capaldo, ha consentito l’arresto di 66 persone, di cui 14 in
Italia.
Sequestrati oltre 1000 kg di cocaina, di cui circa 200 chili
purissimi stoccati in attesa del ritiro al deposito dell’aeroporto di Fiumicino.
Pedinamenti, tracciati bancari e agenti sottocopertura della Polizia hanno
consentito di ricostruire la filiera del riciclaggio del traffico di droga lungo
la rotta Roma-Boston.
Complessivamente gli investigatori, coordinati dalla
Direzione Distrettuale Antimafia di Roma, hanno proceduto al sequestro di beni
per oltre 10.000.000 di euro tra cui 3 conti correnti attivi presso istituti di
credito di San Marino per un totale di 1.500.000 di euro.
La droga,
proveniente dalla Colombia e diretta verso l’Italia per essere poi distribuita
nel territorio romano, veniva caricata in casse contenenti statuette e viaggiava
su aerei di linea in partenza dalla Repubblica Dominicana. Il denaro, provento
della cocaina, faceva il percorso inverso perchè finiva in Sud America nascosto
in alcune scatole di scarpe grazie a cinque cittadini libanesi che, dopo essere
stati a Roma, utilizzavano voli in partenza da Beirut o dalla Germania. E’
andato avanti così, per oltre due anni, il traffico internazionale di droga che
ha coinvolto America, Colombia e Italia. Un affare, smascherato dalla Dea
statunitense e dalla squadra mobile di Roma che, anche grazie a un agente sotto
copertura, sono riusciti ad arrestare 69 persone e a sequestrare beni per oltre
dieci milioni di euro e cocaina per 1800 kg.
Nella capitale quasi tutti i
protagonisti di questa vicenda, in realtà, sono già sotto processo da diversi
mesi ma tutto era andato avanti nella massima segretezza per consentire alle
autorità americane di completare i loro accertamenti.
Questi i numeri
dell’attività svolta dalla Direzione distrettuale antimafia, guidata dal
procuratore aggiunto Giancarlo Capaldo: 400mila euro in contanti sequestrati nel
maggio 2010 assieme a 225 kg di ‘polvere bianca’, sei decreti di fermo, tre
ordinanze di custodia cautelare e cinque mandati di arresto europeo nei
confronti dei libanesi. E il blocco di un milione e mezzo di euro che giacevano
in tre conti correnti attivi a San Marino e riconducibili a Damaso Grassi, 58
anni, nullatenente per il fisco italiano, ma titolare di fatto di un negozio di
abbigliamento sull’Appia e proprietario di una villa con due piscine a
Grottaferrata. Era lui, secondo la polizia, a incontrare i colombiani, quasi
sempre in luoghi turistici (come l’isola di Aruba) per ordinare il quantitativo
di stupefacente necessario per rifornire il mercato romano. Sua moglie, Daniela
Staiano, era delegata a gestire i conti in banca. Anche Alessandro Aquila (cui è
attribuita la proprietà di una villa lussuosa a Palestrina) manteneva i rapporti
con i colombiani quando non poteva farlo Grassi. C’era poi Roberto Panichi
(residente a Monterotondo dove aveva anche un maneggio) che si preoccupava di
verificare che la droga, a Santo Domingo, venisse caricata su aerei diretti in
Italia. A Fiumicino, la ‘coca’ veniva presa in consegna da Walter Valentini, che
sbrigava le pratiche doganali, e finiva nelle mani di Roberto Pecci che, fornito
di bolla di accompagnamento e di ordinativo, rappresentava una ditta romana
realmente esistente (ma all’oscuro di tutto) per il ritiro delle casse. I
libanesi, poi, si facevano dare da Grassi i soldi in contanti (trasportati in
grossi trolley) che finivano in Sud America.