Intervento di Pier Roberto De Biagi

Intervento di Pier Roberto De Biagi

San Marino: la notte della Repubblica

Ce la siamo raccontata l’un l’altro molte volte quella sorta di favola sulla libertà perpetua, sull’indipendenza secolare, sulla sovranità inviolabile, addirittura sul mito. Chi mai si sarebbe sognato di profanare il mito? Ci abbiamo creduto, alla favola. Forse fin troppo. Non sapendo, o fingendo di non accorgerci, che c’era chi nella penombra la stava lentamente, deliberatamente, inesorabilmente disintegrando. D’altra parte, benché rudi montanari d’antan, non avevamo saputo resistere allo stupore e alle lusinghe di un benessere eccessivo: sicuramente imprevisto e inimmaginabile. Ed è così che abbiamo modificato le abitudini, allentato le relazioni sociali e abdicato non di rado alla nostra stessa identità. Le banche, le società rigorosamente anonime, le finanziarie, il dio mattone si sono trasformati nel nostro mantra quotidiano all’interno di un mondo rutilante, quasi magnetico, da cui molti – troppi! – si sono fatti travolgere. E mentre questo mondo diventava prepotentemente la cifra della nostra nuova condizione, piccoli uomini dalla cultura traballante, inversamente proporzionale alla loro disinvoltura, occupavano le istituzioni: se ne appropriavano e le addomesticavano ai loro personali interessi e a quelli di lobby oscure, autoreferenziali, avide che più non si potrebbe, le quali hanno garantito sopravvivenze politiche interminabili, impunità e fortune tanto smisurate quanto sospette. Nell’acquiescenza silenziosa o connivente dei più e nell’ inerzia (?) della giustizia. Nonostante fosse e ancora sia sotto gli occhi di tutti una questione morale gigantesca, che ha infettato il sistema ed è stata artefice dell’intreccio perverso fra le avanguardie della politica e il mondo – non solo sammarinese – degli affari. Ma ora che la parabola ha raggiunto il suo punto di caduta, ora che la festa è finita e neppure ci siamo tenuti un’uscita di sicurezza, ora che la sovranità così come le istituzioni e l’economia sono in allegra e dissennata liquidazione, ora che – per dirla con Marino Cecchetti – gli avvoltoi esterni, quasi non bastassero quelli autoctoni, si stanno avventando su queste nostre scarse risorse residue, servirebbe almeno un segnale di esistenza in vita. Ma la classe politica, anche se già in buona quantità allo stato vegetativo, è impegnata nel ballo finale sulla sottocoperta del Titanic e non si percepisce un sussulto, che sia uno ed evidente, un gesto di ribellione e men che meno un’elementare volontà di riscatto da parte di quel che di sano questo Paese conserva. Si va invece materializzando anche da noi, qualche decennio dopo, quella “notte della Repubblica” raccontata da Sergio Zavoli, maestro e amico durante una stagione della mia vita. Qui non ci sono stati e fortunatamente non ci sono piombo o detonatori, ma c’è la sequela ineluttabile di una resa, di un irreversibile sonno della ragione, di un fatale “cupio dissolvi”. Una notte che si prospetta lunga, affollata di incubi e drammaticamente deserta di valori. Che non lascia intravedere la luce e che protende la sua ombra sinistra oltre la contingenza. Chi spiegherà dunque questo buio alle generazioni che verranno, ma soprattutto chi le risarcirà per averle espropriate del futuro? Quale risposta daremo quando ci accuseranno, giustamente, di non avergli lasciato in eredità un Paese se non altro normale, quando non si piegheranno alle imposizioni che qualcuno ha servilmente consentito, magari spacciandole per straordinarie vittorie, quando s’indigneranno, quando censureranno impietosamente l’inettitudine, o forse la follia, di chi ha trascinato la Repubblica nel tunnel della sua notte più profonda? Temo nessuno, perché chi dovrebbe farlo sarà probabilmente naufragato con il relitto del Titanic.

Pier Roberto De Biagi

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