Le mani della camorra sulla Riviera romagnola. Gilberto Dondi, Il Resto del Carlino

Le mani della camorra sulla Riviera romagnola. Gilberto Dondi, Il Resto del Carlino

Il Resto del Carlino

Le mani della camorra sulla Riviera romagnola 

Blitz nel Riminese: dieci arresti fra i clan che si erano alleati fra loro. Imprenditori e commercianti locali nel mirino

Gilberto Dondi

 «LA ROMAGNA è ormai terreno di conquista dei clan». Parola di Roberto Alfonso, uno che di criminalità organizzata se ne intende. Alfonso è il procuratore capo di Bologna e coordinatore della Direzione distrettuale antimafia dell’Emilia-Romagna, ma vanta anche una ultradecennale esperienza alla Dna con Piero Grasso. Ieri Alfonso, in conferenza stampa, ha lanciato l’allarme sulle infiltrazioni mafiose in regione. Gli arresti ormai non si contano: Modena, Reggio Emilia, Bologna. Ora la Romagna. «La zona è terreno di conquista per le attività di estorsione dei clan campani — ha spiegato il procuratore capo — L’inchiesta ha confermato il tentativo di infiltrazioni in regione da parte della criminalità organizzata di diverse zone del sud». L’indagine ‘Vulcano’ mette in evidenza un dato significativo: per la prima volta gli imprenditori taglieggiati sono locali, e non originari delle regioni del Sud trapiantati. C’è dunque un salto di qualità. E altro dato significativo è che le vittime, pur essendo appunto emiliano-romagnole, non denunciano le estorsioni, proprio come quelle campane o siciliane. A parte un caso, che ha denunciato, solo quando i carabinieri del Ros sono arrivati a bussare alle porte degli imprenditori, quelli hanno parlato. Segno, spiega Alfonso, «dell’altissimo livello di violenza fisica e psichica usata verso le vittime». Le indagini, fatte di intercettazioni, pedinamenti, appostamenti, sono state complesse e avranno presto ulteriori sviluppi. La criminalità organizzata, insomma, non è certo estirpata.

AL CONTRARIO, è capace di coalizzarsi. In riviera è successo proprio questo: i clan prima avevano sfiorato la guerra, poi il leader di riferimento della zona, Giuseppe Mariniello, zio Peppe, d’intesa con i Casalesi, ha stretto un accordo con i Vallefuoco, accettato con qualche mal di pancia da tutti. Dalle intercettazioni emergeva la volontà, via via sempre più acuta, di usare la violenza con gli imprenditori che fecevano resistenza. Non più solo minacce, dunque,ma anche, per i più riottosi, le botte. E con le pistole in pugno, ben visibili, perché le vedessero e fossero terrorizzati. «L’attività di indagini—ha spiegato il pm Enrico Cieri, titolare dell’inchiesta—ha subito un’accelerazione proprio a causa delle vessazioni cui erano sottoposti gli imprenditori. Vessazioni non cessate neppure dopo l’arresto di due appartenenti al clan a inizio febbraio». Per gli inquirenti, la ‘santa alleanza’ fra i tre clan è un fatto significativo e molto preoccupante. Così come da approfondire è la questione che riguarda la finanziaria sammarinese Fincapital, che nell’estate del 2010 è entrata nel mirino dei clan e solo il suo commissariamento ha fatto sfumare l’operazione. Molti imprenditori gravitavano intorno alla finanziaria e sono stati agganciati così. Altri sono finiti nella rete con la finta agenzia di recupero crediti, la Ises, che in realtà era dei camorristi. Con quel trucco, chiarisce Cieri, imprenditori con problemi economici sono stati «catturati in una ragnatela per cui ciò che gli veniva restituito non era sufficiente a soddisfare le pretese usuraie di queste persone. Nasceva così una spirale in cui le richieste non avevano mai fine». 

NON ERA il ‘classico’ pizzo mensile quello che i Casalesi e i loro alleati pretendevano da imprenditori e negozianti della riviera romagnola. No, era qualcosa di peggio, ottenuto in modo più subdolo e sofisticato. Prima un camorrista diventava amico degli imprenditori del posto, presentandosi come ‘collega’ disposto anche ad aiutarli in un momento di difficoltà, poi nel corso delle settimane entravano in scena uno, due, tre complici, i ‘cattivi’, che pretendevano il rientro dei prestiti. A quel punto anche l’«amico» faceva cadere la maschera. E per la vittima, chiusa nella morsa, non c’era scampo. Doveva pagare. Tanto. Fino a perdere l’azienda. Grazie anche a una società di recupero crediti, la Ises di Rimini, che in realtà era l’ennesimo strumento dei clan per strozzare gli imprenditori (invece di recuperare e restituire il denaro si pretendeva più denaro dello stesso credito). E’ questo il modus operandi messo in luce dall’indagine ‘Vulcano’ del Ros dei carabinieri e della Dda della Procura di Bologna.

IERI ALL’ALBA sono state arrestate dieci persone, legate a ben tre clan campani, attivi a Rimini, Riccione e San Marino, ma anche in altre province della regione: i Vallefuoco, guidati da Francesco Vallefuoco, 44 anni, dello Franco, i Maraniello di Acerra, capeggiato in riviera da Giuseppe Mariniello, 46, detto zio Peppe, fratello del defunto capoclan Gennaro, ucciso in un agguato nel 2000, e, appunto, i Casalesi, frazione Schiavone, i cui rappresentanti erano Pasquale Maisto, 37, e Massimo Venosa, 36 (oltre ad altri due arrestati il 4 febbraio). I tre clan, fatto abbastanza insolito, si erano coalizzati per gestire le estorsioni più agevolmente . E così le vittime subivano tre volte lo stesso trattamento, fatto anche di minacce, botte e intimidazioni. Un imprenditore edile di Rimini, minacciato di subire il rapimento dei figli, è stato poi costretto, come monito, ad assistere a un pestaggio in un capannone. Anche la moglie, titolare di una boutique nel centro di Riccione, era spesso visitata dai camorristi. Alla fine i due avrebbero pagato, tra beni e denaro, circa 200mila euro. A un altro imprenditore, del settore abbigliamento, era stato chiesto un appartamento. Proprio lui, alla fine, ha sporto denuncia, nell’estate scorsa. Ma gli altri imprenditori non avevano denunciato e solo una volta contattati hanno deciso di parlare, altrimenti avrebbero continuato a subire. I clan gli avevano estorto di tutto: vestiti firmati da 1.500 euro l’uno, Rolex preziosi (trovati durante le perquisizioni). Addirittura, una vittima era stata costretta a stipulare un’assicurazione sulla vita a loro favore.

NEL QUADRO si inserisce anche una finanziaria, la Fincapital di San Marino, che «interagiva» con il clan dei Vallefuoco e che nell’estate scorsa era diventata oggetto di interesse pure dei Casalesi, che però non sono riusciti a rilevarla perché le autorità sammarinesi l’hanno commissariata. Le indagini sono in corso (i fermi sono scattati per l’escalation della violenza): sono decine gli imprenditori taglieggiati, soprattutto in riviera ma anche in altre città. Segno che l’Emilia Romagna ormai è terra di conquista dei clan. Che ormai hanno affinato i metodi: la violenza diventa quasi superflua. Prima si crea l’amicizia, con cene offerte e mogli a fare shopping insieme, poi subentra l’altro volto. Quello vero. Quello spaventoso.    

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