L’elemosina dell’Anis non ci interessa

L’elemosina dell’Anis non ci interessa

“Meglio la nostra dignità della vostra elemosina”. E’ scattata fra i dipendenti di due fabbriche sammarinesi la volontà di rinunciare agli adeguamenti contrattuali imposti dall’Associazione Industriali. Praticamente un “no grazie” allo 0,765% per il 2009 e l’1% per il 2010 deciso dall’Anis in assenza di un accordo contrattuale.

L’iniziativa è promossa direttamente dai consigli di fabbrica e trova il pieno sostengo dalla Federazione Industria della CSU, che commenta: “Alle trombe dell’Anis, i lavoratori suonano dignitosamente le loro campane”. La rinuncia “all’elemosina” dell’Anis arriva dopo un lunghissimo braccio di ferro e la firma di luglio tra sindacati, governo e associazioni imprenditoriali di un accordo contrattuale che prevedeva per il biennio 2009-2010 aumenti contrattuali dell’1,6 e 2,1%.

“Otto mesi di trattativa – spiegano dalla FLI-CSU Enzo Merlini e Giorgio Felici- continuamente segnati da un gioco al rialzo da parte degli industriali, all’insegna di una protervia stile Padroni delle Ferriere. Mesi in cui l’Anis ha preteso e ottenuto l’estensione degli ammortizzatori sociali per mogli e parenti nell’edilizia e l’introduzione nella Legge Finanziaria della flessibilità. Poi è arrivata la prova di forza finale con la pretesa di applicare percentuali unilaterali senza la firma di un contratto”.

“Se c’è qualcuno – accusano Merlini e Felici – che deve salvare la faccia per accontentare l’ingordigia di qualche falco, è proprio il gruppo dirigente che guida l’Associazione Industriali. La scelta di due consigli di fabbrica di rifiutare lo 0,765% e dell’1%, è la migliore risposta a chi, aggrappato a pochi spiccioli, pretende di dare lezioni sull’uscita dalla crisi e di accontentare i poveri operai con una pacca sulla spalla”.

“Quel tenetevi i vostri soldi che arriva dai consigli di fabbrica – concludono – è una scelta di grande dignità. E suona come uno schiaffo al mortificante balletto dell’Anis, che crede di gestire la crisi come un affare privato. I lavoratori, insomma, chiedono il contratto e ancora una volta noi siamo pronti a sederci al tavolo per arrivare ad un accordo”.

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