Lettera al Direttore: Ancora non sono riusciti a far morire Eluana

<b>Lettera al Direttore: Ancora non sono riusciti a far morire Eluana</b>

Stiamo attendendo, di ora in ora, una decisione della Suprema Corte di Cassazione che, facendo leva, magari su aspetti formali (ammissibilità o meno del ricorso in Cassazione del Procuratore Generale di Milano), potrà produrre o meno una ‘sentenza di morte’.

E’ dai tempi dei ‘tribunali del popolo’ post bellici che, in Italia, non viene chiesta e comminata una pena capitale, erano gli anni 1945-46-47 ed era in atto la caccia ai fascisti ed a coloro che si erano compromessi col vecchio regime; la giustizia era più percepita come una vendetta, che non la riparazione di torti subiti.

A distanza di cinquant’anni da quei fatti un tribunale è chiamato a pronunciarsi sulla legittimità, nel nostro ordinamento costituzionale, di dare la morte, come atto ‘pietoso’, che libera un essere umano dal peso di una vita considerata insignificante.

La dignità della vita umana viene misurata così in termini di funzionalità, di capacità produttiva, di autonomia, di omologazione a standards culturali, che la società propone come desiderabili.

Non ha dignità in quest’ottica il barbone che dorme sulla panchina, né il malato terminale o l’handicappato: è il coerente sviluppo della mentalità contemporanea, che vuole togliere i crocefissi dai luoghi pubblici, che ricordano a tutti l’essenziale: il Mistero della vita.

La Santa Sede parlando di accanimento terapeutico, a cui è legittimo rinunciare in determinate circostanze, ha dichiarato che la privazione dell’acqua e del cibo costituiscono un ‘abominevole assassinio’.

La Chiesa, come sempre, è stata capace di leggere il sentimento profondo del popolo, quello delle suorine che accudiscono Eluana, quello di tanti parenti ed amici, infermieri e medici, che accolgono vite segnate dalla sofferenza ed apparentemente inutili, riproponendo la realtà dei fatti senza ipocrisie e senza venire a patti con l’ideologia mortifera del nichilismo, imperante sui media e negli ambienti intellettuali.

Speriamo che i magistrati non vogliano rendersi complici di questo abominio, come ribadito dalla Santa Sede, che sconfessa tutta la tradizione culturale e di carità del nostro Paese, pieno di ospedali per gli incurabili, dove generazioni di uomini si sono posti accanto al bisogno di fratelli e sorelle, sostenendo il loro desiderio di vita ed un significato per essa.

Consigliere Comunale Eraldo Giudici

POPOLARI LIBERALI – PDL

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