La crisi della politica non è soltanto aggravata dall’incapacità di
pensare e di affrontare la novità, l’ampiezza e la complessità dei problemi, ma
anche da una scarsa volontà di solidarizzare con i bisogni e le urgenze della
cittadinanza e di assumersi la responsabilità delle decisioni e degli eventuali
errori commessi. La politica ha smarrito per strada la sua naturale
predisposizione ad essere conviviale, a spingersi tra la gente, nelle piazze,
interagendo direttamente con i cittadini. Ritirandosi dalla vita sociale, si è
rinchiusa nei palazzi del potere, governando e amministrando dall’alto, senza
una reale consapevolezza e percezione di ciò che accade quotidianamente nel
tessuto sociale. Questi sono gli effetti di alcune degradanti conseguenze: la
classe politica sammarinese, almeno da vent’anni a questa parte, non ha
adeguatamente controllato il vasto e complesso mondo degli affari,
trasformandosi in una politica cinica, indifferente.
È ormai appurato dalla Magistratura italiana che nel mondo dell’edilizia
sammarinese è presente attivamente la malavita, che ha potuto riciclare,
attraverso il “mattone”,parecchio denaro sporco. Ed è un dato purtroppo
incontrovertibile e allarmante che a San Marino esistono migliaia di
appartamenti e centri commerciali vuoti e capannoni industriali inutilizzati.
L’eccessivo e sproporzionato numero di edifici invenduti o sfitti rispetto a
quello degli abitanti e la conseguente crisi del settore edile e di tutta la
sfera finanziaria ad esso collegata è un chiaro elemento che ci fa supporre che
possa esistere un legame d’interessi tra la malavita, il mondo degli affari e presumibilmente una
parte della politica. Perciò, l’incapacità della politica ha la grande responsabilità di avere spalancato le porte alla
malavita, che ha approfittato delle numerose “sacche nere” in cui far
fruttare i propri interessi, liberi di delinquere perché non osteggiati da
nessuna legislazione adeguata.
Bene, riferendoci all’ultima seduta consigliare e in particolare
all’ordine del giorno più discusso e sentito dai politici, ossia la proposta di
liberalizzare la vendita degli immobili nella Repubblica di San Marino ai
forensi, il Mics vuole solidarizzare
e sostenere i cruciali e clamorosi interventi di M.L. Berti, Filippo
Tamagnini e Andrea Zafferani che, dall’interno del Patto, hanno espresso una
forte perplessità nei riguardi del suddetto o.d.g., rinviando la discussione al
prossimo Consiglio, manifestando, infine, anche forti divergenze nella stessa
maggioranza. Appoggiamo in maniera entusiasta il coraggio e l’integrità morale
dei tre consiglieri, nell’aver affermato apertamente che, l’approvazione di
tale proposta non farebbe altro che aumentare il rischio di riciclaggio di
denaro sporco, permettendo ancora ai “poteri forti” di gestire e controllare
questa classe politica. L’aspetto ancora più grave è che il suddetto o.d.g., se
approvato, avrebbe impedito di organizzare un referendum abrogativo in merito
alla Legge sugli immobili. Una simile azione ci fa capire quanto nel nostro
Paese i capisaldi della democrazia siano in pericolo, perché sta venendo a meno
lo Stato di diritto. Però, non possiamo non rilevare che, finalmente, grazie
agli interventi di questi tre politici, avvertiamo un primo segnale di
rigenerazione della politica. Ci auguriamo che ne possano seguire molti altri
dall’interno di tutti i partiti.
Siamo convinti, inoltre, che non è facendo favori last minute che si
rilancia lo sviluppo economico di un Paese. A tal proposito, il Mics è
favorevole, a una liberalizzazione degli immobili ai forensi, solo nel caso che
vengano attuate leggi e controlli adeguati per evitare ulteriori infiltrazioni
malavitose e la cittadinanza decida attraverso la forma della democrazia
diretta le sorti del proprio futuro sovrano e territoriale. Per escludere ogni
ritorno speculativo, è indispensabile
che il rinnovamento non riguardi soltanto il settore edile, ma l’intera
economia sammarinese, con un progetto globale ad ampio respiro.
Invece, questo governo pare sempre più in ostaggio di una politica
controllata e diretta non dagli addetti ai lavori, ma da chi, fuori dal Palazzo
Pubblico, vuole che le cose non cambino e che anzi riprendano a marciare come
prima, contro gli interessi dei cittadini e del Paese.