Lo stop alla chiamata diretta per i lavoratori, taglia le gambe alle attività di ristorazione e turistiche che non potranno richiamare i dipendenti stagionali
ANTONIO FABBRI – Non è un mistero, che la ristorazione, i bar, il commercio turistico, si avvalgano da sempre, per la maggior parte, di lavoratori stagionali provenienti da oltre confine. Già il settore è in forte crisi per il blocco e per la penalizzazione del turismo dovuta al coronavirus, ma ad acuire le difficoltà ci si è messo anche il decreto 67 con quel provvedimento, esaltato dal segretario al Lavoro, Teodoro Lonfernini, come la demagogica panacea per l’occupazione interna, con il quale è stata sospesa la cosiddetta “legge sviluppo”, che consentiva l’assunzione di personale frontaliero, non presente nelle liste di avviamento al lavoro, per chiamata diretta, seppure pagando delle aliquote superiori. Una circostanza, quella della chiamata diretta, della quale grande uso ha fatto proprio il settore turistico, alberghiero e della ristorazione: camerieri, baristi, commessi, cameriere ai piani, receptionist e così via. Tutti lavori per i quali, come noto, la disponibilità nelle liste di sammarinesi è sempre stata relativamente bassa. Ora, la sospensione della chiamata diretta, stando all’articolo 3 del decreto 67, oltre a tagliare la possibilità che era data dalla legge sviluppo a tutte le aziende di assumere per via diretta, la sospende anche per i lavoratori stagionali e annulla anche la possibilità, che era prevista in precedenza, per i datori di lavoro di rivolgersi agli stessi dipendenti stagionali che avevano avuto il nulla osta per gli anni precedenti. Ogni assunzione, insomma, è nuova assunzione. (…)
Articolo tratto da L’Informazione di San Marino
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