Lo stile di Foschi

Lo stile di Foschi

Prendiamo atto dell’opinione di Foschi che, a quanto sembra, trova poco convincente il fatto che l’art. 36 del decreto legge 134/2010 in materia di antiriciclaggio, punisca coloro che tenuti al rispetto del segreto d’ufficio o professionale, rivelino informazioni riservate e non centri nulla con il “bavaglio alla stampa”. Ce ne faremo una ragione.
Prendiamo anche atto del fatto che Foschi sembra si sia accorto a scoppio ritardato di questo ipotetico “bavaglio alla stampa”, solo dopo l’approvazione del relativo decreto in Consiglio Grande e Generale, approvazione per la quale non ha eccepito alcunché. Pazienza.
Prendiamo pure atto che Foschi sembra si sia dimenticato che fu lui stesso un convinto sostenitore dell’introduzione dell’articolo 192 bis del codice penale che punisce con una forte multa chi rivela a mezzo stampa informazioni coperte dal segreto istruttorio nel processo penale. Può succedere.
Infine, prendiamo atto che Foschi si è completamente dimenticato che a volere sancire con pene detentive chi violava l’articolo 192 bis del codice penale non fu AP ma furono alcuni dirigenti del PSD, che peraltro avevano contrastato quella legge con tutti gli strumenti possibili, fino ad arrivare a determinare una crisi di governo. Possiamo capire che in quei frangenti Foschi fu talvolta un po’ timido nel rivendicare le buone ragioni di quella legge, e talvolta un po’ arrendevole, ma ci sembra paradossale imputare ad AP certi intenti che non le sono mai appartenuti.
Possiamo anche capire che Foschi si trovi in imbarazzo a ricordare a qualche suo ex alleato della defunta coalizione “Riforma e Libertà” le vicende non proprio edificanti che si sono susseguite attorno al percorso di approvazione di quella legge. Possiamo perfino capire l’esigenza di Foschi di scaricare su altri eventuali presunte responsabilità relative ad alcuni contenuti della legge sul giusto processo che qualcuno, secondo noi a torto, ritiene pregiudizievoli. Però, suvvia, un po’ più di stile non guasterebbe!

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