MAFIE. CAMORRA, GDF RIMINI CHIEDE ARRESTO BIANCHINI (KARNAK) Agenzia Dire-Torre1

MAFIE. CAMORRA, GDF RIMINI CHIEDE ARRESTO BIANCHINI (KARNAK) Agenzia Dire-Torre1

EX COMANDANTE GENDARMERIA ZECHINI “INFORMAVA SU STATO INCHIESTA”
I fari della Guardia di finanza di Rimini tornano ad accendersi su San Marino. E l’inchiesta
denominata “Criminal Minds” fa vittime illustri sul Titano, a partire da Mario Bianchini, noto imprenditore, presidente del gruppo Bi-Holding-Karnak, per la gestione della finanziaria
Fingestus. Per lui l’accusa e’ estorsione, ricettazione e corruzione. Non mancano poi fra le accuse i legami con la malavita organizzata, in particolare con il clan camorristico
Gallo-Cavalieri di Torre Annunziata. E i coinvolgimenti di alcuni esponenti delle forze dell’ordine, tra cui un maresciallo aiutante delle Fiamme Gialle, per cui sono scattate le misure
cautelari, ma anche l’ex comandante della Gendarmeria del Titano, Achille Zechini. Nessun provvedimento per quest’ultimo, tornato ora in Questura a Rimini come dirigente. Secondo le risultanze dell’inchiesta, e in particolare alcune intercettazioni, Zechini “aggiornava in tempo reale l’imprenditore sammarinese” sullo stato dell’inchiesta. Ma la posizione di Zechini e’ in stand by.
Il reato, ma solo in ipotesi, di favoreggiamento, e’ stato commesso in uno stato estero senza concretizzarsi in Italia.
Quindi Zechini non e’ perseguibile dalla magistratura italiana.
La sua posizione andrebbe valutata dalla magistratura sammarinese.
L’operazione e’ scattata alle due di questa mattina e ha visto finire in carcere 16 persone, mentre per altre sette sono scattati gli arresti domiciliari e per due l’obbligo di dimora.
Diverse le accuse suddivise in cinque filoni: estorsione, ricettazione e corruzione; trasferimento fraudolento di valori; sfruttamento della prostituzione; traffico di droga e di sostanze dopanti; morte in conseguenza di altri reati. Per l’imprenditore sammarinese la misura restrittiva della liberta’ personale non e’ stata eseguita: oggi infatti la Procura di Rimini consegnera’ oltreconfine gli atti della richiesta di arresto anticipato e chiedera’ l’estradizione. In partenza ci sarebbe anche una rogatoria per ulteriori accertamenti.
L’azione, avvenuta attraverso 45 perquisizioni in otto province (Rimini, Forli’, Pesaro, Ancona,
Pisa, Milano, Roma e Sassari) ad opera di 150 militari delle Fiamme gialle, ha portato anche a sequestri per oltre 10 milioni di euro tra immobili e quote di societa’, tra cui una sammarinese
di noleggio di auto di lusso.

“L’operazione di questa mattina e’ il frutto di un’attivita’ investigativa complessa che va avanti dal 2010”, ricostruisce con la stampa il comandante provinciale delle Fiamme gialle di

Rimini, Marco Venceslai. In tutto sono 28 i soggetti coinvolti a vario titolo. Tutto e’ partito dai controlli su un’agenzia investigativa di San Marino, sarebbe la Cio di Salvatore Vargio,
cui e’ stata revocata la licenza nel 2009, per la quale collaborava anche “personale delle forze di polizia, tra cui uno dei nostri”, tra gli arrestati, e che si occupava di “dossieraggio per imprenditori e privati”. Interessata a questi servizi, prosegue il comandante, “una grossa impresa di San Marino”, riconducibile a Bianchini, che contava cosi’ di conoscere il modus operandi delle ispezioni svolte dalla Gdf. E i controlli sui suoi titolari hanno fatto emergere altri reati.
Insomma “da un punto sono nati una marea di rivoli”, mentre “con San Marino- stigmatizza Venceslai- le vie sono sempre le stesse” e passano per i collegamenti con la camorra, di cui ci si “avvaleva per intimidire”.
Nello specifico dell’inchiesta entra il colonnello Gianfranco Lucignano. Il titolare di una finanziaria sammarinese, appunto Mario Bianchini e la Fingestus, “si avvaleva di due soggetti di origine campana”, collegati al clan Gallo-Cavalieri, e “senza questi due galantuomini non faceva neanche un passo”. Scatta poi una faida in stile far west con un imprenditore di Ancona a rischio fallimento. A questi l’imprenditore sammarinese garantisce un prestito da 2,5 milioni di euro, attraverso l’impegno di acquisto dei beni sequestrati, di cui 500 mila euro erano gli interessi. Una cifra giudicata troppo onerosa dall’imprenditore anconetano, che decide di
mandare in missione sul Titano due guardaspalle per strappare un ribasso. Ma l’imprenditore sammarinese rilancia, avvalendosi dei suoi due scagnozzi ma anche di Salvatore Pascarella, condannato per un tentato omicidio a Riccione nel 2005. Per chiudere la partita basta poi una telefonata in cui si fa riferimento al boss Pasquale Gallo. La cricca dell’imprenditore anconetano, di cui fanno parte anche alcuni albanesi, si ritira. Intanto, l’imprenditore sammarinese fa una serie di denunce in varie procure, Rimini, Ancona e San Marino, mentre, sottolinea Lucignano, “la piu’ alta autorita’ della Gendarmeria lo aggiorna in tempo reale”.
Gli albanesi al soldo dell’imprenditore di Ancona, si allarga la trama dei reati, gestiscono due night a Misano Adriatico, il Fuxia e il Balkanika. Da qui le accuse per sfruttamento della prostituzione, traffico di droga e sostanze dopanti, trasferimento fraudolento di valori. Ma anche di morte come conseguenza di altri reati: al Fuxia infatti Alessandro Borgia, bagnino riminese morto nel 2010 in seguito a overdose, si sarebbe procurato la dose fatale. Arrestato anche un avvocato di Rimini, socio in uno dei due locali, perche’ “noi- conclude Lucignano-
non ci facciamo mancare niente”.

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