Mayrig, il primo genocidio del XXsecolo. Epifanio Troina

Mayrig, il primo genocidio del XXsecolo. Epifanio Troina

Mayrig e il primo genocidio del XX secolo: ricordare il passato per riflettere sul presente
L’imminente Cerimonia di Investitura dei Capitani Reggenti che si terrà a San Marino sarà anche l’occasione per la presentazione, il 30 settembre alle 16,30 a Palazzo Graziani, della versione italiana del romanzo Mayrig di Achod Malakian (vero nome di Henri Verneuil), pubblicato da Divinafollia Edizioni e tradotto da Letizia Leonardi. L’opera è una toccante biografia che offre moltissimi spunti di riflessione nell’attuale periodo storico caratterizzato da persecuzioni, massacri, pulizie etniche ed emigrazioni forzate che tanta sofferenza sta portando a molti popoli del mondo. Diventa quindi più che mai indispensabile ricordare, in tale contesto, gli eventi tragici del passato per evitare che si ripetano. Proprio l’anno in corso assume, in tal senso, una fondamentale valenza simbolica perché si celebra il centenario di quello che è stato, come ha più volte ribadito anche Papa Francesco, il primo genocidio del XX secolo: il massacro del popolo Armeno.
Nella prestigiosa sede di Palazzo Graziani la giornalista e traduttrice Letizia Leonardi presenterà quindi Mayrig (che narra la storia vera di migranti della famiglia dell’autore scampata all’eccidio e costretta a trasferirsi a Marsiglia) e parlerà del Genocidio Armeno, affiancata dalla giornalista e fotografa Graziella Vigo. Interverranno l’Ambasciatore della Repubblica di Armenia S.E. Sargis Ghazaryan ed il Segretario di Stato per la Cultura della Repubblica di San Marino S.E. Giuseppe Maria Morganti. L’evento, sponsorizzato da Kartez Group ed organizzato da Epifanio Troina, ha il patrocinio della Segreteria di Stato Istruzione e Cultura della Repubblica di San Marino e dell’Ambasciata della Repubblica di Armenia. Abbiamo posto alcune domande a Letizia Leonardi.
Il romanzo Mayrig sembra ruotare insistentemente sul tema della memoria, a più livelli: la narrazione è la memoria di chi racconta e i fatti narrati appartengono alla memoria dell’umanità. Quanto conta, anche oggi conservare la memoria che costituisce la radice di ogni vita umana?
Leonardi – La memoria è estremamente importante per varie ragioni. Prima di tutto, come sostenevano già gli antichi, la storia è una “maestra di vita”,  basta saperne sfogliare le pagine e trarre insegnamenti da eventi passati. Purtroppo però esistono anche i <> e l’umanità impara di rado dai propri errori. Ci troviamo così davanti a un presente che ci fa pensare che il passato non abbia insegnato nulla. A noi resta comunque l’obbligo morale di conservare la validità della memoria:  non dimenticare certi passaggi storici significa evidentemente migliorare la coscienza collettiva dell’umanità. Nel romanzo Mayrig anche la semplice memoria del singolo (il protagonista) costituisce un valore, un patrimonio da non disperdere, anzi da perpetuare perché in ogni singola esperienza si rispecchia il cammino dell’umanità intera.
Sebbene se ne stia parlando abbastanza in questo periodo, il genocidio armeno è ancora una pagina alquanto oscura della storia moderna. Iniziative editoriali come questa, possono contribuire a gettare maggiore luce su eventi tanto terribili?  Come deve porsi chi, come te, prova a fare da tramite tra il pubblico e passaggi storici così delicati?
Leonardi – Occorre subito precisare che l’onere maggiore per fare chiarezza su certe pagine oscure spetta soprattutto agli storici, purché privi di condizionamenti ideologici. Un romanzo o una storia privata è solo un piccolo contributo ma, arrivando forse più vicino alle coscienze delle persone di un trattato di storia, si assume un compito importante. Una delle fonti principali della Storia (con la S maiuscola) sono proprio le piccole storie, i racconti popolari, in origine trasmessi anche solo in forma orale. La storia è fatta di documenti, di esperienze di vita, di testimonianze anche sommesse, come quella del libro che ho tradotto. Il mio compito è stato solo quello di consentire al pubblico di lettori italiani di accedere a una di queste piccole storie. L’unico criterio valido di chi traduce è tradurre in primis lo spirito del testo originale, oltre che le parole che contiene. Al lettore va consegnato il testo con i suoi contenuti, senza forzature. A maggior ragione quando quella che si racconta è una storia vera, e le si deve il rispetto che merita. La peculiarità del testo di Verneuil, nel caso specifico, mi ha tolto da ogni imbarazzo: ogni concetto e ogni descrizione della tragedia degli armeni scorreva con la forza e la delicatezza opportuna e consona a una storia di questo tipo. E aggiungo che l’importanza di questo libro, al di là dei tanti spunti di riflessione che offre, è anche quella di far capire che dietro alle grandi tragedie, oltre alle questioni economiche, politiche e geografiche, ci sono i sopravvissuti. La fortuna di esser sfuggiti a una tragedia non può esser considerata una diminutio, rispetto ai morti che la tragedia stessa lascia sul campo, ma anzi un’occasione imperdibile per tutti noi per entrare nelle pieghe più nascoste di eventi epocali, grazie alla testimonianza di chi li ha vissuti sulla propria pelle.

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