Morti in luoghi istituzionali, Mons. Luigi Negri, Vescovo

Morti in luoghi istituzionali, Mons. Luigi Negri, Vescovo

Diocesi di San Marino-Montefeltro
Ufficio Stampa e Comunicazioni Sociali

RIFLESSIONE DI MONS. LUIGI NEGRI SUI FREQUENTI CASI DI MORTE IN LUOGHI ISTITUZIONALI

I terribili avvenimenti accaduti negli ultimi giorni, in luoghi istituzionali del nostro paese come le carceri, riempiono di sgomento e sollevano interrogativi profondi e drammatici sulla situazione e sul futuro della nostra società. Il Vescovo di San Marino-Montefeltro intende esplicitarle di fronte alla sua Chiesa particolare e di fronte all’intera società. Lo fa anche nel grande orizzonte di certezza e di speranza aperto nel cuore della Chiesa dalle grandi festività dei santi e dei morti e offerto umilmente, ma fermamente, a tutta la società come punto di riferimento sostanziale per una vita sociale più umana e più dignitosa. La persona umana in qualsiasi condizione viva, anche quando sia temporaneamente e permanentemente detenuta in carcere, non può essere semplicemente considerata oggetto di reazioni attuate spesse volte con una violenza bestiale, né può essere lasciata morire in una disattenzione generale che è difficile non considerare colpevole. La persona umana è comunque un evento di gratuità, un evento di libertà, anche se la libertà può essere vissuta in maniera deviata e negativa; è un evento da riconoscere e da promuovere, da aiutare per un giusto reinserimento nella vita della società quando da essa e dai suoi fondamentali riferimenti la persona si sia allontanata rendendosi colpevole di qualche reato. La legge non può essere mai esclusivamente punitiva e mai violenta; la legge deve applicarsi anche nelle situazioni più dolorose e di fronte ad una colpevolezza certa. Deve essere vissuta e attuata in un contesto di fondamentale rispetto della persona, dei suoi diritti e della sua libertà, in questo espressione della grande tradizione giuridica del nostro paese, nata da una sintesi straordinaria di diritto romano, di diritto canonico, di diritto laico che è il vanto della nostra cultura e della nostra società. Confidiamo che le istituzioni, in tutte le sue articolazioni, sappiano sempre rimanere lodevolmente a questo livello. Ma ci chiediamo anche, con una sofferenza che è quotidianamente vissuta da noi, quale tipo di società si sta creando sotto i nostri occhi e nella connivenza di molte, di troppe realtà personali, sociali e talora istituzionali; una società violenta, nelle strade, nei nuclei familiari, nella vita sociale dei paesi e delle grandi città. Qualche volta ci vien da pensare che sta iniziando, nella nostra società, una “età di ferro”. E poi come non aggiungere a questa esperienza avvilente di violenza, la violenza che viene perpetrata nei confronti dei piccoli, molti non fatti neppur nascere per considerazioni puramente consumistiche; molti fatti morire dopo qualche giorno o qualche mese, con la speciosa considerazione che le malattie di cui sono affetti sono ormai incurabili. Come non deplorare la violenza che viene esercitata nei confronti degli anziani malati o terminali, anche qui con la pseudo giustificazione che ormai le cure, anche quelle minimali, sarebbero un accanimento terapeutico. E’ una triste società, avviata ad una tristezza invincibile, quella in cui la persona non viene considerata come il centro fondamentale e l’energia attiva di tutta la vita sociale. La Chiesa non può non ricordare a se stessa e non può non proporre a tutti gli uomini e soprattutto a quelli di buona volontà,che la vita umana è sempre positiva; la santità dei milioni e milioni di cristiani che hanno vissuto di fede, di speranza, di carità è lì a ricordarci che non c’è nessuna vita inutile, nessuna vita spezzata, nessuna vita che nasce dal nulla e finisce più o meno precocemente nel nulla. La vita umana è una cosa grande, è una cosa grande in cui cristiani autenticamente testimoni della fede e laici pensosi del proprio destino possono incontrarsi per una battaglia che in qualche modo, ma profondamente, rinnovi la vita della nostra società, altrimenti destinata a un declino disumano. Gabriel Marcel diceva in un suo lucido saggio “ama chi dice all’altro tu puoi non morire”: è questa serena, profonda, ma radicale certezza che rinnoviamo nel nostro cuore e testimoniamo a tutti gli uomini che ci circondano.
Pennabilli, 3 Novembre 2009
+Luigi Negri

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