Antonio Fabbri: imprenditore legato a Cosa nostra con società a San Marino. L’informazione

Antonio Fabbri: imprenditore legato a Cosa nostra con società a San Marino. L’informazione

L’informazione di San Marino

Confisca definitiva per l’imprenditore legato a Cosa nostra con una società a San Marino

La Compagnia Immobiliare del Titano srl si intestò decine di immobili a Trapani. Sospesa solo nel luglio del 2015 perché, banalmente, non pagava l’affitto

Antonio Fabbri

SAN MARINO. Lo Stato italiano confisca definitivamente un patrimonio immobiliare composto da oltre 400 unità abitative per un valore complessivo di oltre cento milioni di euro che risultava di proprietà di Calcedonio Di Govanni, imprenditore oggi 78enne di Monreale, in provincia di Palermo, considerato un fedelissimo di Cosa Nostra, la mafia siciliana, ritenuto contiguo ai clan. I beni, sui quali nella giornata di martedì è scattata la confisca definitiva su richiesta della Dia, erano stati già congelati dal tribunale di Trapani nel 2014 (l’informazione del 29 ottobre 2014).

Il collegamento con San Marino è emerso dall’indagine della Direzione investigativa antimafia che ha fatto il quadro di un giro di denaro sporco tra massoneria e rapporti con la mafia in una indagine che ha visto al centro l’imprenditore, anello di congiunzione tra le cosche e gli affri. E’ emerso che al Di Giovanni è riferibile una società sammarinese, la Compagnia immobiliare del Titano srl, nata nel 2005.

A questa società sono risultati intestati diversi di quegli immobili, poi oggetto di confisca, che si trovano in provincia di Trapani. Il ruolo della società sammarinese è stato infatti quello di “contenitore” nel quale Di Giovanni riversò, tramite decine di rogiti eseguiti da notaio sammarinese, gli immobili che prima erano intestati a società italiane a lui riconducibili. Operazioni che iniziarono in seguito a un patteggiamento giudiziario del Di Giovanni. Più recentemente, poi, attraverso la società sammarinese c’è stato il tentativo di Di Giovanni di sottrarre il suo patrimonio alle misure di prevenzione. Nel giugno del 2014, Di Giovanni aveva infatti costituito in Inghilterra la società Titano real estate limited che si occupava di gestione di villaggi turistici con domicilio fiscale italiano nel villaggio Kartibubbo. L’amministratore della società inglese, un mazarese, a settembre 2014 aveva aumentato il capitale sociale originariamente di soli 100 euro a 11 milioni di euro. Soldi versati dal socio della Ltd inglese, la sammarinese Compagnia immobiliare del Titano. I soldi riguardavano il ramo di azienda costituito da un centinaio di immobili nel villaggio turistico. Una manovra organizzata da Di Giovanni, sostiene l’accusa, per evitare il sequestro e sottrarre ai provvedimenti della autorità giudiziaria i propri denari.

Lo storico della società sammarinese vede diversi passaggi e diverse amministrazioni, non necessariamente legate con i fatti contestati al Di Giovanni. La società sammarinese, nata con il nome di Palenke, cambia ragione sociale e diventa l’attuale Compagnia immobiliare del
Titano srl. Dal 20 novembre 2006 al 12 marzo 2007 amministratore unico risulta Antonella Cecere. Il suo posto viene poi preso fino al 12 maggio 2009 da Luca Della Balda, quindi di nuovo la Cecere fino all’8 giugno 2009 e poi di nuovo Della Balda fino al 26 novembre 2010.
Di seguito assume l’amministrazione della società fino al primo agosto 2011 Francesco Curti Giardino. Di seguito è stata amministratore Claudia Di Giovanni, figlia del siciliano indagato dall’antimafia, fino all’11 ottobre 2012. Ha quindi preso il suo posto fino al 24 giugno 2013 Andrea Pulaneo, seguito da Monia Gorrini fino al 7 luglio di quest’anno, per poi tornare ad amministrare la società che ha un capitale sociale di 75mila euro, Andrea Pulaneo, 51enne di Campobello di Mazara.

Quando esplose il caso nel 2014, sulla società sammarinese venne fatta anche una rogatoria cui venne regolarmente data risposta.
Gli inquirenti italiani, nel provvedimento del Gip dell’ottobre 2014, avevano indicato la società sammarinese come “nella piena disponibilità” del Di Giovanni e “asservita alle sue logiche criminali”.

Nonostante questi pesanti rilievi contenuti nelle carte delle indagini italiane, di cui si diede ampiamente notizia già a ottobre 2014, la società è tuttavia rimasta vigente fino a luglio dello scorso anno, quando è stata sospesa per la banale motivazione del mancato pagamento dell’affitto.

 

 

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