Modifica legge elettorale, il comitato contrario scende in campo

Modifica legge elettorale, il comitato contrario scende in campo

 

Il referendum sulla modifica della legge elettorale inizia già ad essere al centro del dibattito politico, nonostante il comitato promotore stia ancora raccogliendo le firme necessarie per poter arrivare al voto, che salvo sorprese si terrà in primavera.

Oggi si è infatti presentato alla stampa il comitato contrario, che si è dato il nome “No ai ballottini“. 

“Ci siamo mobilitati – spiega il legale rappresentante Vladimiro Selva – perché vogliono trasformare un quesito per la modifica di una legge in un quesito contro il governo. Per noi è importante che i cittadini leggano bene ciò che il quesito chiede e le conseguenze in caso di approvazione. Già in passato sono state fatte, grazie ai referendum, delle modifiche normative sull’onda dell’emotività che poi si sono rivelate controproducenti”. 

Nel merito i contrari contestano il quesito perché darebbe la possibilità di creare coalizioni dopo il voto del primo turno. “Il quesito – ha aggiunto Selva – vuole portare nelle sedi dei partiti la possibilità di fare alleanze di governo dopo il voto. Si finirebbe, come in passato, a far fare i governi ai potentati esterni. Per questo diciamo no alle coalizioni alle spalle dei cittadini, no ai ballottini”.

 

Tra i membri del comitato c’è anche Marino Riccardiex capitano Reggente ed ex membro del Psd. “Mi spiace che chi oggi critica la legge elettorale attuale – ha detto – siano coloro che l’hanno appoggiata e votata nel 2007 (il vecchio Psd in cui c’erano anche esponenti dell’attuale Ps, ndr). Questa legge è molto importante e molto buona, poiché dice con certezza chi va a governare. Non lascia spazio ai ballottini, come in passato”. Per Riccardi un ritorno alle alleanze post voto avrebbe effetti nefasti: “In Italia vediamo il risultato: due forze politiche opposte che si mettono insieme pur di governare e che litigano su tutto”. 

“Il referendum – ha aggiunto – nasce dall’astio che c’è in Consiglio e dalla voglia di fare andare a casa questo governo. Anche il mio giudizio sul governo è negativo ma non si manda a casa il governo con un referendum“. Altra motivazione mossa dai favorevoli è la fine dei consiglieri eletti con un pugno di preferenze a causa di un grande premio di maggioranza. “Questo non c’entra niente con questo referendum – ha attaccato Riccardi – perché questo è il frutto della preferenza unica, se vogliamo spiegato male all’epoca. È chiaro che i numeri di un paese piccolo sono quelli, il resto lo ha fatto il ripescaggio. E comunque il problema rimarrebbe tale anche se vincessero i sì. 

Poi alcune parti della legge elettorale possono essere modificate ma la base deve rimanere questa perché è giusto che siano i cittadini a decidere chi governa: non possiamo tornare a prima del 2007, quando i programmi non contavano niente. Se ci sono le condizioni politiche per fare alleanze si possono fare anche prima del voto. Non vogliamo tornare ai governi che duravano una cena”.

 

Un punto sottolineato anche da Ivan Foschi: “Noi invitiamo i cittadini a riflettere sul fatto che voteranno per il loro potere di scegliere il governo. Se facciamo l’esempio del 2016, due delle tre coalizioni avrebbero dovuto allearsi dopo il primo turno stracciando il proprio programma. Se la volontà è di avere maggioranze più rappresentative che facciano accordi prima del voto. Le forze politiche non possono incassare la fiducia e poi fare quello che vogliono”.

 

Stefano Cervellini ha sottolineato l’importanza di informare correttamente i cittadini sammarinesi: “Dobbiamo far capire che non si vota contro il governo. Se vince il Sì i cittadini daranno una cambiale in bianco alla politica per fare ciò che ritiene più opportuno”.

Per questo, ha aggiunto Enzo Colombini, “siamo voluti partire come comitato per rispondere alle inesattezze che si stanno diffondendo sulla stampa. E vogliamo dire quali sono i rischi in caso di approvazione del quesito”. 

A tirare le fila è stato di nuovo Selva: “Chi firma il quesito deve essere consapevole che non incide su questo governo ma influirà su come si formerà il prossimo. Chi dice il contrario prende in giro i cittadini. Il giudizio su questo governo non deve influenzare il voto. Si rischia di far tornare i governi in mano ai faccendieri come Giuseppe Roberti. Questa legge consente anche di poter giudicare i governi perché in caso di crisi si deve tornare per forza alle urne”.

 

DiGià

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