Chat dell’orrore, perquisizioni anche a Rimini

Chat dell’orrore, perquisizioni anche a Rimini

Chat dell’orrore, venti minori coinvolti. Uno dei ragazzini perquisito a Rimini

Il 14enne in vacanza con la famiglia. Tra gli indagati anche un 15enne del Cesenate: si scambiano video di sesso e violenza

ANDREA ROSSINI – Video nei quali delle bambine con non più di dodici anni appaiono nude o sono coinvolte in rapporti sessuali, filmati di violenze con decapitazioni, anche umane, mutilazioni di animali, sevizie e suicidi. È quanto, pescato chissà come nella parte più oscura e profonda di Internet, veniva scambiato da una ventina di ragazzini di tutta Italia trai 13 e i 17 attraverso due “chat” segrete attive su WhatsApp e Telegram. È stata la mamma di uno dei minori, in Toscana, a fare partire l’indagine cinque mesi fa: sospettava che il figlio sorpreso a quindici anni a guardare e condividere l’orrore fosse vittima di una rete di maniaci. Secondo la Polizia postale, invece, sarebbe stato proprio il ragazzino uno di quelli che alimentava gli scambi di immagini, anche se non si escludono sviluppi, con il coinvolgimento di adulti. Con l’accusa di detenzione, divulgazione, cessione di materiale pedopornografico e istigazione a delinquere aggravata sono indagati venti minorenni. Per interrompere l’attività delittuosa l’autorità giudiziaria minorile di Firenze ha disposto una serie di perquisizioni che ha visto coinvolto varie città d’Italia, tra le quali Rimini e Cesena. Gli agenti della sezione riminese della Polizia postale hanno rintracciato un quattordicenne di una città del Nord Italia in vacanza con i genitori in un albergo cittadino e gli hanno sequestrato il telefono cellulare. La medesima attività è stata svolta anche nei confronti di un quindicenne che vive con la famiglia nel Cesenate. In quel caso i poliziotti hanno sequestrato anche il computer in uso al ragazzino. Se gli scambi risalgono a un periodo in cui non avevano compiuto quattordici anni, gli attuali indagati saranno considerati ovviamente non punibili e in ogni caso la giustizia minorile ha intenti rieducativi. L’inchiesta però ha scoperchiato una realtà di difficile lettura, a partire dagli stessi genitori dei ragazzi coinvolti (sette di loro sono tredicenni). (…)

Articolo tratto da Corriere Romagna

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